di Gian Antonio Stella su "Il Corriere della Sera" del 28 ottobre 2005 / Più lauree per tutti! Ma solo quest'anno l'Antitrust ha messo 14 «università» sotto inchiesta, cinque già condannate
L’Italia delle lauree taroccate
Cala la produzione di tondini, utilitarie e pullover? Su con la vita: più lauree per tutti. Finché non saremo invasi dalle imitazioni di più economici dottorati timbrati Libera Università di Xining o Marco Polo University di Guyang, siamo infatti saldamente in coda nelle classifiche dei dottori veri ma in testa in quelle degli «atenei» taroccati. Solo quest’anno, l’Antitrust ne ha messi sotto inchiesta 14. E 5 li ha già condannati.
Tira da matti, il gioco del dottore. Forse perché gli ultimi anni sono stati segnati da un delirante moltiplicarsi di nuove università e sezioni staccate sparse per tutta la penisola quasi che un paesotto di provincia fosse miserabile senza uno svincolo a tre corsie e uno straccio di facoltà. Forse perché le aperture ai «privati» sono state male regolamentate. Forse perché il caos ha incoraggiato i furbi. Fatto sta che all’Authority oggi presieduta da Antonio Catricalà ne hanno viste di tutti i colori.
La «Libera Privata Università di Diritto Internazionale» dell’Isfoa, Istituto Superiore di Finanza e Organizzazione Aziendale stracolmo di lettere maiuscole come fosse un poderoso istituto traboccante di storia, gloria e onori, scrive ad esempio nel suo sito di voler «diffondere i principi dell’Open University, programma di matrice anglosassone» per superare le «evidenti lacune presenti nel sistema accademico tradizionale» grazie a un metodo che «fonda le sue radici nel concetto secolare, iniziato dai filosofi greci, che l’istruzione superiore deve essere in sintonia e in armonia con la vita personale e professionale di ciascun allievo».
E promette agli iscritti decine e decine di percorsi di studio, dalla «Tecnica di Borsa» all’«Ingegneria Finanziaria e Montaggio di Operazioni di Securitasion». E dice di avere sedi nella Quinta Strada di New York (New York!) e nel Principato di Monaco (Monaco!) e a Sofia (Sofia!) e perfino Repubblica di Nauru, in Polinesia (la Polinesia!). E dove ha la sede centrale questo splendido ateneo ricco di storia? In Rruga Tefta Tashko, 104/6 a Tirana, dove la società albanese è stata registrata in tribunale l’8 settembre 2005. Forse (forse) per superare l’imbarazzo dell’«università» precedente che portava un nome simile già condannato dalla nostra Authority per la concorrenza.
Alla «Libera Università Internazionale G. W. Leibniz», con sedi a Milano, Roma, Bergamo e Lamezia Terme, hanno preso in prestito il nome del pensatore tedesco non a caso: entrato all’Università di Lipsia a 15 anni, laureato in filosofia a 17 e benedetto dottore in legge a 20, era il simbolo giusto: qui si fa in fretta. Come non fidarsi, di un nome così? Di un simbolo con la penna e il compasso? Di un ateneo fondato «nei primi anni ’90 del secolo scorso» a Santa Fè, nel New Mexico, che dice di avere un «rettore» e un «senato accademico» e una «direzione accademica»?
L’Antitrust l’aveva già sanzionata nel 2003, per quelle parole, specificando che la sedicente «università» «non gode di alcun riconoscimento o accreditamento in Italia e che i titoli dalla stessa rilasciati non possono qualificarsi quali titoli aventi valore legale» quindi la pubblicità «poteva trarre in errore». Due anni dopo, dice l’Authority, «è stata riproposta senza cambiamenti di sostanza».
Del Cetus (Centro di Tecnologia Universitaria Straniera) è sufficiente vedere la foto della sede principale: cinque vetrine a piano terra di un brutto palazzone al numero 2220 di via Aurelio Di Bella, periferia di Palermo. Come possa essere la sede secondaria, a Caltanissetta, immaginatelo voi. Eppure, a guardare il sito internet, tra bedde fimmine con toga e tocco da laureate e il marchio con quel berretto a punte da dottore, non puoi aver dubbi. Né te li lascia la presentazione, che è tutta un fiorir di paroloni e spiega che il Cetus è «un Campus di cultura universitaria per la Sicilia, altamente specializzato nella realizzazione di corsi per il conseguimento del Dottorato di Laurea degli Stati Uniti d’America» (l’America!) e puoi avere il Bachelor Degree, il Master Degree e il PH Doctor e con quei pezzi di carta hai il mondo in tasca perché «i Titoli Accademici rilasciati dalle Università Statunitensi attraverso il nostro Dipartimento sono legalmente ammessi».
Un falso, denuncia l’Antitrust. Infatti, anche se «le espressioni presenti nella pagina web quali “Facoltà di Economia Management”, “Facoltà di Ingegneria e Scienze Fisiche”, e i relativi titoli ottenibili, quali “Dottore in Economia”, “Dottore in Ingegneria meccanica/elettronica”, “Dottore in scienze ambientali”, contribuiscono a suscitare nei consumatori il convincimento che Cetus permetta di conseguire titoli aventi valore legale», quelle carte non valgono niente. Tanto più che i presunti atenei americani che dovrebbero (dovrebbero) rilasciare quelle lauree (Adam Smith University, Golden State University, Clayton University) «non sono università “accreditate” secondo l’ordinamento statunitense».
Il che vale anche per i «cugini» del Cesus, Centro Studi Università Straniera-Campus per la Calabria e il Lazio, con sedi a Siderno e Colleferro e una filiale ad Ardore Marina, altra metropoli che senza un pezzo d’ateneo si sentiva umiliata. Dice l’Authority che, a leggere il suo sito, ieri miracolosamente sparito da Internet, si potevano conseguire anche qui le prestigiose lauree americane del Cetus più un reboante «Doctor Phylosophy Degree».
Di più: «I nostri Laureati possono accedere ai Master di specializzazione presso le più prestigiose Università statali europee, nelle facoltà di medicina» e che il CE.S.U.S. consente la «convalida di esami già sostenuti presso altre strutture Universitarie nell’ambito delle medicine convenzionali e non, abbreviando in tal modo il percorso accademico Universitario». E tutto grazie a cosa? Alla «legge 7 agosto 1990 n. 241 che recita: gli esami della tesi finale del dottorato di laurea sostenuti in un dipartimento di un’Università Usa hanno lo stesso valore di quelli sostenuti presso la sede originale negli Stati Uniti d’America». E guarda caso con chi erano affiliati il Cetus e il Cesus? Con «l’European Institute of Technology avente sede nella Repubblica di San Marino che, a sua volta, costituisce un “Dipartimento della Clayton University”, sita nel Missouri». Lo stesso «ateneo» sammarinese che diede la «laurea» in economia al reuccio del mattone Stefano Ricucci e in lettere ad Anna Falchi. Applausi.
Peccato che, a leggere su internet un articolo dell’ Arkansas Democrat-Gazette del 4 giugno, la Clayton University del Missouri non solo non è accreditata ma non ha un solo studente americano dal 1989 e oggi risulta trasferita a Hong Kong.