A ventiquattr’ore dalla strage di Licata, il piccolo centro dell’Agrigentino si sveglia con nel cuore le immagini tragiche di quanto avvenuto ieri nella villetta immersa nelle campagne di contrada Safarello, nella periferia a nord della città. Oggi è il giorno del dolore per le vittime, Diego Tardino e Alexandra Ballacchino, morti l’uno accanto all’altro sotto i colpi del revolver del fratello di lui, Angelo, e i figli della coppia Vincenzo e Alessia Tardino. Un’intera famiglia cancellata e lo stesso assassino che ha deciso di suicidarsi. Dalle prime ricostruzioni degli inquirenti, quella che sembrava l’ennesima lite degenerata assume i contorni sempre più definiti di un piano omicidario lucido.
Angelo Tardino è arrivato nella villetta del fratello, armato con ben tre pistole, poco prima delle 7.30, quando a casa c’erano ancora tutti. Non solo Diego, il suo primo obiettivo, ma anche la cognata Alexandra, intenta a preparare la colazione per la famiglia e i nipoti Alessia e Vincenzo che si preparavano per un normale giorno di scuola. Una quotidianità spazzata via dagli spari del 47enne che prima ha ucciso il fratello e la cognata e poi i nipotini, con il piccolo Vincenzo raggiunto sotto il suo lettino, avvolto in una coperta nell’estremo tentativo di farsi scudo contro l’ira dello zio. Una strage che ha lasciato sgomenta una intera comunità, come spiega il sociologo Francesco Pira, che a Licata ci è nato e cresciuto e che oggi prova a trovare una spiegazione razionale ad un delitto fuori da ogni logica umana. «Una città nella quale i fatti di cronaca hanno sempre in qualche modo riguardato situazioni legate alla malavita organizzata – spiega Pira – si ritrova a fare i conti con una strage nata nella rabbia e alimentata dalla voglia vendetta, perché un’eredità non si riesce a dividere. Diventa difficile spiegare – aggiunge – l’impatto sociale che questa tragedia può avere».
L’amministrazione comunale entro stasera proclamerà il lutto cittadino, nella giornata in cui sono iniziate le autopsie sui corpi dei cadaveri, con l’obiettivo di ricostruire l’esatta dinamica di quanto accaduto nella villetta di via Riesi. Angelo Tardino avrebbe sparato con tutte e tre le pistole: una calibro 9×21 semiautomatica per colpire il fratello, da poco salito su un furgone; poi avrebbe preso un’altra arma dirigendosi dalla cognata in camera da letto. La nipote Alessia è stata uccisa in cucina, dove la giovane aveva cercato rifugio, mentre Vincenzo, il più piccolo, è stato assassinato mentre tentava di nascondersi nel letto. L’ultima pistola il 47enne l’avrebbe utilizzata per suicidarsi, la morte è avvenuta dopo ore di agonia nell’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta.
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