Librino, arrestate le figlie del boss Arena In casa armi e droga, business di famiglia

Una forza criminale basata sull’unione e la numerosità del clan. Adesso decapitato dai continui arresti, sempre più serrati negli ultimi quattro mesi. Finisce con la cattura di Agata e Lidia Arena, figlie del boss Giovanni, il controllo dello spaccio nel Palazzo di cemento a Librino. Le ragazze, rispettivamente classe 1981 e 1986, sono state arrestate nella notte tra il 27 e il 28 febbraio, a seguito di una perquisizione nell’appartamento di uno dei fratelli, attiguo a quello dove vivevano, in viale Moncada.

Agata Arena, classe 1981

Le figlie del boss – latitante dal 1993 e arrestato lo scorso ottobre – e della zarina del Palazzo di cemento, come veniva chiamata la madre, sono accusate di detenzione di armi e munizioni comuni e da guerra, ricettazione e detenzione di stupefacenti. La loro cattura segue quella di tutto il resto della famiglia – i genitori e i sei fratelli – per anni una delle più influenti negli equilibri criminali della città. Alleata del gruppo Sciuto-Tigna, affiliato al clan Cappello e rivale dei Santapaola.

La perquisizione è scattata nella notte tra lunedì e martedì. Lunga la lista del materiale ritrovato dagli agenti della squadra mobile etnea – con l’aiuto dell’unità cinofila – in un nascondiglio ricavato nel muro dell’appartamento: una mitraglietta con munizioni e silenziatore artigianale, un fucile calibro 12, munizioni – anche per kalashnikov -, silenziatori, parti di varie armi e un giubbotto antiproiettile. E ancora un chilo e 200 grammi di marijuana, diversi involucri con tracce di cocaina, tre bilancini di precisione e apparecchiature elettroniche per il rilevamento di micro-trasmettitori e disturbatori di frequenze radio. La famiglia era infatti sotto controllo da anni. Era stata proprio un’intercettazione ambientale a portare all’arresto del padre – lo scorso ottobre, dopo 18 anni di latitanza – nonostante le precauzioni della famiglia, attenta a non nominarlo mai nelle conversazioni.

Lidia Arena, classe 1986

Le manette per Agata Arena sono scattate subito dopo la perquisizione, mentre la sorella Lidia, che in quel momento non si trovava in casa, è stata arrestata poco dopo, nella mattinata di martedì. L’impressione degli investigatori è che a continuare il business di famiglia fossero proprio le due sorelle, le uniche rimaste in libertà. Lo stupefacente rinvenuto nel corso della perquisizione, infatti, si presentava ancora fresco e pronto per lo spaccio. Un passaggio di testimone da parte del fratello Simone, classe 1989, soprannominato Luppino, l’unico figlio maschio ancora libero fino allo scorso 8 febbraio. Quando è stato arrestato con le accuse di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, spaccio continuato di cocaina e marijuana e detenzione di armi.

Solo gli ultimi quattro provvedimenti, in ordine di tempo, che hanno colpito la famiglia Arena. Ancora prima dell’arresto del padre, in carcere si trovavano già la madre, Loredana Agata Avitabile, e cinque fratelli: Maurizio, arrestato con l’accusa di omicidio nel 1999, Agatino Assunto, catturato lo stesso anno e condannato nel 2010 a 10 anni di reclusione per associazione mafiosa, Antonino, arrestato quest’estate dopo due anni di latitanza, Massimiliano, catturato nel 2007 e poi rinviato a giudizio per il tentato omicidio di un metronotte in servizio davanti alla guardia medica di Librino e Alessio, arrestato nel 2009 nell’ambito dell’operazione Revenge che ha colpito anche altri membri della famiglia. Degli Arena adesso resta ben poco: i due rottweiler di casa e le altre attività di famiglia, su cui continuano le indagini.


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