Sono atterrati stamattina i due tecnici della Bonatti sopravvissuti a otto mesi di sequestro. Sono stati travolti dall'affetto dei loro cari già nello scalo romano. Da Carlentini, intanto, la moglie del dipendente ucciso chiede verità. La consulente sull'autopsia: «Al rientro in Italia valuteremo ogni discrepanza»
Libia, l’abbraccio sulla pista tra i famigliari e Calcagno Parenti di Failla: «Evidenzieremo qualsiasi anomalia»
Hanno messo piede in Italia, all’aeroporto militare di Ciampino, poco dopo le 11.30, con circa un giorno di ritardo rispetto alle prime stime delle autorità italiane. Gino Pollicardo e il siciliano Filippo Calcagno, sbarbati e visibilmente provati, hanno potuto riabbracciare i loro cari, travolti dal loro affetto già sulla pista dello scalo romano. Quando stavano per arrivare nella palazzina di rappresentanza del 31esimo stormo, la moglie, i due figli e la nuora si sono precipitati tra le braccia di Calcagno.
Poco dopo i due tecnici della Bonatti, rimasti per otto mesi prigionieri in Libia, sono stati portati nella caserma del Ros dei carabinieri dove sono stati interrogati dal pubblici ministeri della Procura di Roma titolari dell’inchiesta sui fatti avvenuti in Libia, a cominciare dalla morte degli altri due colleghi, il siracusano Salvatore Failla e il sardo Fausto Piano. A coordinare l’inchiesta è il pm Sergio Colaiocco, lo stesso delle indagini sull’omicidio di Giulio Regeni in Egitto.
Intanto da Carlentini torna a farsi sentire la famiglia di Failla. Già ieri Rosalba Failla, la moglie del tecnico ucciso, aveva affidato al legale Francesco Caroleo Grimaldi, parole durissime: «Lo Stato italiano ha fallito: la liberazione dei due ostaggi è stata pagata con il sangue di mio marito». Secondo quanto ha riferito il presidente del consiglio municipale di Sabratha, la cittadina libica teatro dei recenti avvenimenti, i corpi di Failla e Piano «si trovano a Sabratha a causa dell’autopsia, per loro ci sono delle procedure in corso». Ma la donna da Carlentini ha chiesto di fermare l’esame. «Se lo Stato non è stato capace di riportarmelo vivo – ha affermato ieri sempre tramite l’avvocato – ora almeno non lo faccia toccare in Libia, non voglio che l’autopsia venga fatta lì. Voglio che il corpo rientri integro e che l’autopsia venga fatta in Italia».
Su questo nodo interviene oggi Luisa Regimenti, nominata consulente dalla famiglia Failla e presidente nazionale dei Medici legali italiani. «Per noi – afferma – non sarà un problema svolgere in Libia l’autopsia dei due tecnici della Bonatti. In Italia comunque abbiamo a disposizione gli strumenti tecnici per poter evidenziare, in sede di esame autoptico, qualsiasi tipo di discrepanza e anomalia».