Letizia Battaglia, ovvero una donna libera a Palermo con il suo mestiere di reporter

NEI FOTOGRAMMI DELLA GRANDE ARTISTA DELLA FOTOGRAFIA C’E’ LA TRAGEDIA, MA ANCHE LA GIOIA DI VIVERE

di Ivan Scinardo

Il secondo appuntamento con il ciclo di lezioni aperte al pubblico al Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo ha fatto registrare ancora una volta sala piena e grande interesse di appassionati della fotografia e delle settimana arte.

Gli incontri, pensati dal direttore artistico Roberto Andò, dal titolo “Leggere il reale” rappresentano una sorta di “pedagogia del vedere” e così non poteva non fare tappa, per incontrare i nuovi allievi del corso di Base di Documentario, l’eclettica fotografa Letizia Battaglia, ospite all’interno del modulo didattico: “I paradigmi del cinema documentario, visioni e voci” della regista palermitana Costanza Quatriglio che ha fatto la staffetta, nelle lezioni, con l’altro suo concittadino Stefano Savona.

Si entusiasma e si commuove Letizia Battaglia, che sceglie poche fotografie, tutte rigorosamente in bianco e nero, commentandole su maxi schermo davanti a un pubblico misto di studenti del Centro Sperimentale e di pubblico adulto, ormai fidelizzato dalla passione per il cinema.

“Ho iniziato a 37 anni a fotografare quasi per caso – esordisce Letizia, lei che oggi di anni ne ha quasi 80 -. Dovevo pagarmi da vivere, ma volevo pagarmi soprattutto la libertà. Nel 1974 ero a Milano con il mio compagno e sono tornata a Palermo perché chiamata dal quotidiano L’Ora nel bel mezzo di una guerra di mafia. Non avevo coscienza di me stessa. Facevo così tanti scatti di morti ammazzati che la notte sognavo di bruciare i negativi; non ne potevo più; le foto di mafia mi dominavano. Allora anteponevo alle foto di tragedie, quelle più vive di donne e bambine”.

In prima fila, assieme agli studenti, una delle tre figlie, Shobha, anche lei fotografa di talento. Ripercorre la carriera della madre attraverso i fotogrammi scelti per questa lezione aperta.

Letizia si commuove quando appare la foto in movimento di Giovanni Falcone che attraversa Piazza San Domenico a Palermo, davanti un picchetto d’onore, per rendere omaggio ai funerali del generale Dalla Chiesa. “In quella piazza ritornerà da morto”, dice Letizia.

Ricorda gli eroi di oggi, i giudici Di Matteo e Scarpinato, che rischiano la vita ogni giorno. Proiettando la foto del cadavere dell’ex presidente della Regione Piersanti Mattarella che viene tirato fuori dalla macchina dalla moglie e dalla figlia ci fa ricordare che in Sicilia si ammazzano i politici e che l’intreccio mafia e politica è sempre vivo.

“La mafia – dice Letizia Battaglia – senza politica sarebbe molto più debole”. Le lacrime ritornano sul suo viso alla visione di uno scatto in bianco e nero della vedova Schifani, colei che disse ai funerali del marito, agente di scorta ucciso dal tritolo nella strage di Capaci, che i mafiosi dovevano mettersi in ginocchio al suo cospetto. La fotografa chiese alla donna di chiudere gli occhi e ne è uscito fuori uno scatto in chiaroscuro di imbarazzante bellezza.

Così come il viso di una donna scarna richiama al tema del femminicidio, “uomini che picchiamo le donne e donne che bevono per dimenticare”.

Sullo schermo passano immagini di corpi straziati dalle pallottole. “Quando ho fotografato il cadavere in un vicolo, mi sono sentita sola come quel corpo in terra” commenta Letizia. E poi lancia un appello alle famiglie, in occasione della commemorazione dei defunti, di rompere con la tradizione di acquistare nelle bancarelle le pistole-giocattolo.

L’invito agli studenti invece è quello di raccontare il mondo senza paura e senza vanità. Ecco forse perché Letizia Battaglia adora Pasolini! La moderatrice dell’incontro, Costanza Quatriglio, lascia il racconto fluire come un fiume in piena. Interviene quando la Battaglia dice che per fare un buon racconto fotografico non occorre la tragedia. Si possono fare ottime foto anche dentro una stanza vuota. Da lì l’invito agli studenti a fare lavorare tutti i sensi nel racconto per immagini, anche ascoltando il fruscio del vento che accarezza una tenda.

“Il riconoscimento degli altri aiuta a fare prendere consapevolezza di se stessi. Non sempre una foto comunica. A me piaceva fotografare le processioni”, afferma orgogliosa Letizia Battaglia, quelle siciliane sono piene di spunti narrativi.

Letizia Battaglia chiude la sua lezione aperta con tante e interessanti domande dal pubblico. Lei comunque rimane nella lista delle 1000 donne segnalate per il Nobel per la pace (le foto al CSC sono di Ruggero Di Maggio).


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