Il 1492 può essere definito l'annus horribilis per gli ebrei siciliani, l'anno in cui una fiorente comunità, insediatasi già nel primo secolo dopo cristo e cresciuta nel tempo fino a divenire una quota non indifferente della popolazione dell'isola, si trovò per regio decreto sconfessata nella sua sicilianità. Quell'anno infatti - che avrebbe visto due eventi fondamentali per la storia dell'occidente: la scoperta del nuovo mondo e la conclusione della reconquista spagnola con la caduta di granada - sarebbe stato l'anno dell'editto del 31 marzo con cui ferdinando il cattolico decretava l'espulsione degli ebrei da tutti i suoi stati. Un atto di intolleranza religiosa che, a dire di molti storici, avrebbe accelerato la decadenza economica della sicilia.
Lespulsione degli ebrei dalla Sicilia
Il 1492 può essere definito l’annus horribilis per gli ebrei siciliani, l’anno in cui una fiorente comunità, insediatasi già nel primo secolo dopo Cristo e cresciuta nel tempo fino a divenire una quota non Indifferente della popolazione dell’Isola, si trovò per regio decreto sconfessata nella sua sicilianità. Quell’anno infatti – che avrebbe visto due eventi fondamentali per la storia dell’Occidente: la scoperta del nuovo mondo e la conclusione della Reconquista spagnola con la caduta di Granada – sarebbe stato l’anno dell’editto del 31 marzo con cui Ferdinando il Cattolico decretava l’espulsione degli ebrei da tutti i suoi Stati. Un atto di intolleranza religiosa che, a dire di molti storici, avrebbe accelerato la decadenza economica della Sicilia.
Quell’atto, al di là della valenza religiosa, nasceva anche da ragioni pratiche, facevano gola ai potenti del tempo le consistenti risorse economiche che gli industriosi ebrei di Sicilia avevano negli anni accumulato. Inoltre, veniva incontro ad un sentimento di ostilità che la plebaglia, eccitata da sapienti imbonitori e da fanatici religiosi, manifestava nei confronti delle comunità giudaiche. Anche se in forme più blande che in altri territori, a smentire l’enfatica visione dell’Isola luogo di tolleranza, gli ebrei anche in Sicilia erano sempre stati oggetto di discriminazioni. Come già gli Arabi, nel breve periodo in cui furono padroni della Sicilia da Federico II essi erano costretti a portare segni identificativi che consentivano la loro identificazione e separazione. L’odio del popolo nei loro confronti era antico e radicato e spesso nelle piazze e nei mercati si attaccavano baruffe e si eccitavano risse. Inoltre erano spesso fatti segno di ingiurie e motti dai quali non potevano difendersi.
Da quando, poi la Spagna era divenuta padrona dell’Isola, la situazione si era ulteriormente aggravata, in alcune zone – si ricordano Scicli e Modica – incidenti banali avevano dato luogo ad orribili massacri. Per di più si faceva sempre più occhiuta l’attenzione nei loro confronti da parte della Santa Inquisizione che, animata da spirito di intolleranza, non perdeva nessuna occasione per mostrare i segni della violenza. Opportunità di recuperare quanto gli ebrei avevano “rubato” e necessità di proteggerli dalle violenze, furono dunque le ipocrite giustificazioni di un atto, l’editto di espulsione, di pura intolleranza religiosa.
Il decreto reale fu, infatti, applicato con estrema durezza; agli ebrei si davano due alternative: abbandonare la Sicilia con tutti i loro averi o abiurare la propria fede, convertirsi al Cristianesimo e conferire all’erario la metà dei loro beni. La scelta che la maggior parte degli ebrei fecero fu quella di restare. Accettarono, dunque, mal volentieri la fede cattolica per convenienza e tranquillità familiare.
Fattisi cristiani entrarono di diritto a far parte della comunità cristiana anche se molti di loro in segreto rimasero di fede ebraica e continuarono a professare per lungo tempo la religione dei loro padri nel chiuso delle case. Per quanti avevano ritenuto di non convertirsi il termine ultimo per la partenza dalla Sicilia, fu fissato per il 12 gennaio 1493. Al momento di lasciare lIsola, lebreo doveva avere alienato integralmente i propri beni e regolato ogni pendenza economica con i cristiani, e sanato ogni pendenza con lerario. A conclusione di ciò poteva portare ciò che rimaneva sotto forma di lettera di cambio, essendo vietato lasporto di moneta e di animali. Si potevano portare il vestito indossato, un po di vettovaglie, una coperta di lana, due paia di lenzuola e la somma di tre tarì, portata a sei per i più ricchi. Era tutto ciò che rimaneva di una intera vita.
Quell’editto cancellò definitivamente dalla Sicilia, ch’essi avevano in tempi passati considerato terra promessa, gli Ebrei come comunità e la loro presenza, così importante, è stata addirittura cancellata dalla memoria dei siciliani. Fu distrutta, dunque, una realtà vitale che qualificava la Sicilia e il danno fu enorme, non solo economico, ma di ordine culturale e morale. Non scomparvero solo i medici ebrei, gli artigiani ebrei, i mercanti ebrei scomparvero anche gli intellettuali e gli studiosi, insomma, un pezzo di civiltà.
Abbiamo voluto ricordare oggi, nel giorno della Memoria, questo grave atto di intolleranza religiosa, per evidenziare quanto danno abbia fatto e potrebbe continuare a fare l’avidità e la stupidità umana.”