Leopolda, Faraone strizza l’occhio al suo popolo Sullo sfondo, la mozione di sfiducia a Crocetta

La Leopolda dei siciliani in trasferta al cospetto del premier-segretario si è conclusa senza né alti né bassi. Davide Faraone ha avuto modo di radunare simpatizzanti, amici e sostenitori, ma anche di raccordare la sua squadra e fare il punto. Negli stessi giorni in cui si è scoperto che mancano 500 milioni di euro per chiudere il bilancio della Regione, il sottosegretario non si è fatto trovare impreparato annunciando che gli impegni verranno mantenuti dall’esecutivo nazionale a trazione renziana.

È stato, per certi aspetti, il primo timido sommesso, ma più definito messaggio al suo popolo. Sono mesi che la candidatura di Faraone a Palazzo d’Orleans – nel caso in cui si arrivasse al terzo scioglimento anticipato consecutivo dell’Assemblea regionale siciliana – rimane sospesa a mezza via, in attesa che accada l’irreparabile o si sfaldi la precaria maggioranza di governo. Maggioranza al momento tenuta insieme dal collante di una prospettiva incerta legata al ritorno alle urne. Alcuni gossip paralleli alle giornate fiorentine narrano addirittura di un problema tecnico di cassa e di trasferimenti che a metà gennaio potrebbe configurarsi in rapporti travagliati tra Roma e Palermo.

Il fatto vanificherebbe la permanenza di parlamento e governo regionali, costringendo Renzi a staccare la spina. Va detto che archiviare per interposta persona la legislatura è una cosa non di poco conto e difficile da realizzare, nonché rischiosa da condurre anche per quel che verrebbe dopo.

Nel frattempo, la terza mozione di sfiducia che il Movimento cinque stelle presenterà e che dovrebbe andare in discussione domani all’Ars non sortirà effetti, tranne quello di contare, visualizzare e archiviare facce e nomi. Chi sta con chi e chi dice di stare contro. C’è peraltro l’intenzione di far passare il gesto dei pentastellati come strumentale, simbolico e privo di effetti. In realtà, però, la mozione non rafforzerà Crocetta semplicemente per il fatto che non è rafforzabile

Il governatore siciliano continua a essere costretto a barcamenarsi tra difficoltà di cassa reali e nodi al pettine sostanziali, come nel caso di precari e società partecipate. Proprio sul fronte precari potrebbe arrivare l’ennesima soluzione parziale, con un rattoppo che creerebbe un ulteriore differimento. L’emendamento di Faraone, in sintesi, potrebbe non essere risolutivo. Il rischio a quel punto sarebbe concreto. La transizione che genera nuove aspettative elettorali .

In tal senso, i grillini vengono spesso accusati di scarsa concretezza e di esser buoni solo a fare opposizione, ma la chiarezza obiettivamente non gli fa difetto. Nei giorni del caos dei forestali, sono stati tra quelli che non si sono parafrasati l’esistenza, ribadendo sull’argomento una posizione decisamente fuori dal coro. Da questo discende che il voto strutturato, quello dei territori, nella campagna elettorale del “si salvi chi può” rischia di essere all’insegna della ricerca dell’ennesima rincorsa al voto dei lavoratori da stabilizzare.

E poi c’è la destra siciliana. Il leader leghista Matteo Salvini va alla ricerca di reclutamenti estranei alla politica di ieri ed è poco probabile che si faccia contagiare dalla campagna acquisti che Gianfranco Miccichè continua a condurre. È vero che l’ormai famoso 61 a zero nacque sotto la regia di quest’ultimo, che scardinò il ribaltone di Angelo Capodicasa, presidente della Regione. Ciò avvenne con un grande pressing forzista sui territori, ma erano altri tempi, altri giorni e, soprattutto, un’altra Sicilia.

Giuseppe Bianca

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