Io ho pronta la sceneggiatura, ambientata tra il bar Città Vecchia e il Vermut, con puntatine all’Antica Dogana e un passaggio veloce al Ma. Il titolo è: Indagine su un filosofo al di sopra di ogni sospetto, sottotitolo Storia di coppa (forse) e di intelletto catanese. Perché è pazzeeeesca questa Catania al centro della storia […]
Ultime dal caso Caffo: il filosofo pronto per Atreju. «Giulia Cecchettin? Michela Murgia avrebbe intitolato la fiera a me»
Io ho pronta la sceneggiatura, ambientata tra il bar Città Vecchia e il Vermut, con puntatine all’Antica Dogana e un passaggio veloce al Ma. Il titolo è: Indagine su un filosofo al di sopra di ogni sospetto, sottotitolo Storia di coppa (forse) e di intelletto catanese. Perché è pazzeeeesca questa Catania al centro della storia mondan-cultural-menatoria-maltrattatoria-forse di questi giorni. Scriviamo forse perché è ancora il primo grado di giudizio quello che ha condannato il filosofo catanese Leonardo Caffo a 4 anni di reclusione. Lui ha annunciato appello e noi siamo ipergarantisti. Ma adesso: colpo di scena, o forse colpo di anca, il filosofo fa la famosa mossa della sciantosa e si butta a destra. Rinnega Chiara Valerio e la attacca frontalmente. Dalle pagine del giornale nemico: Libero.
Riassuntino veloce veloce. Chiara Valerio, scrittrice, editrice, gruppo organizzativo di una certa sinistra di potere e di cultura, direttrice della fiera della piccola e media editoria Più Libri Più Liberi (pare sia stata un’edizione flop) intitola la kermesse a Giulia Cecchettin e invita Leonardo Caffo che all’epoca (tipo qualche giorno fa) era sotto processo per coppa alla ex zita (fidanzata, per chi ci legge da fuori) nonché madre di sua figlia. Lo invita perché, come direbbe lo scrittore palermitano Fulvio Abbate, è parte del gruppo degli amichetti, la cui capacomitiva era la buonanima della Michela Murgia (quando andava a Milano, Murgia dormiva da Caffo). Apriti cielo. Femministe radicali contro femministe mainstream. Zerocalcare rinuncia ad andare alla fiera. Carlo Lucarelli anche. Chiara Valerio si appella alla Costituzione. Roberto Saviano la difende. Tutti a dire: «Avete sfracassato la minchia col maschilismo tossico e ora invitate Caffo sotto processo perché (forse) le ha suonate a una donna?».
Quindi la condanna. Quattro anni. («Minchia quattro anniiiii» immaginatevelo detto con la voce di Antonio Catania in Mediterraneo che dice «Minchia tri anniiiii»). E qui inizia il delirio. Che gli altri possono prendere per delirio. Ma noi siamo catanesi. A queste cose siamo abituati.
Leonardo Caffo, oggi, rilascia una intervista a Libero, il quotidiano, per una certa sinistra, simbolo del maschilismo tossico, un giornale da bruciare nelle piazze, un quotidiano tossico esso stesso. E cosa fa il Caffo? Spara a palle incatenate contro Chiara Valerio che si è sputtanata alla grandissima per invitarlo a quella minchia di fiera (così impara a fidarsi degli amichetti, la Chiara).
Sentite cosa dice il catanese Caffo: «Mi hanno mollato». Di Chiara Valerio dice: «Non l’ho sentita. Io penso che si sia comportata da vera intellettuale nell’invitarmi alla fiera Più Libri Più Liberi. L’errore è stato dedicare una fiera del libro a Giulia Cecchettin». E a chi avrebbero dovuto intitolare la fiera? Ma è ovvio: «Michela Murgia l’ho sentita il giorno prima che morisse, sapeva tutto di me. Mi avrebbe invitato alla fiera, se ne sarebbe sbattuta delle critiche e li avrebbe asfaltati tutti. E penso che la fiera l’avrebbe dedicata a me”. Caffo santo subito!
E sentite la giravolta, dall’amichettismo al cameratismo quasi: «Se mi avesse chiamato un giornale di sinistra, ad esempio, le avrei messo giù il telefono, cosa che ho già fatto, tra l’altro». Caffo si fida solo dei giornali di destra, ohibò: «Perché sono l’ultima architrave del libero pensiero». E ancora su Chiara Valerio: «È un’amica come lo è stata Michela Murgia. Probabilmente ha ceduto sotto il peso dei social network, e il fatto che il rumore dei social network possa modificare l’opinione di un intellettuale come lei è la cosa più grave che esista», alla faccia dell’amicizia! E infine, la sincera confessione: «Ora ho bisogno di qualcuno che mi faccia parlare. Devono ricordarsi che siamo un Paese cristiano, dove esiste il perdono». Invitate subito Caffo ad Atreju! E intitoliamogli una piazza a Catania!