Le tracce di Shahrazàd sul suolo ibleo

Col barocco ibleo a far da cornice, si è svolto dal 12 al 14 ottobre il VI Colloquio Internazionale “Medioevo romanzo e orientale” intitolato Sulle orme di Shahrazàd: le Mille e una notte fra oriente e occidente, organizzato dalla Facoltà di Lingue e letterature straniere dell’ Università di Catania e dal Dipartimento di Filologia moderna in collaborazione con il Centro di ricerca “Fernand Braudel”, il Centro Studi “Feliciano Rossitto” e la Biblioteca “Doris e Cesare Zipelli”, patrocinato dal Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, dall’Assemblea Regionale Siciliana, dalla Presidenza della Regione Siciliana, nonché dalla Provincia Regionale di Ragusa, dal Comune di Ragusa, dall’AAPIT di Ragusa, dalla Banca Agricola di Ragusa e dal Centro Servizi Culturali di Ragusa.

Il Colloquio, che si è tenuto per la prima volta a Ragusa, si colloca all’interno di un filone di ricerca internazionale volto a studiare i rapporti tra letterature d’Oriente e d’Occidente, come ha sottolineato l’ex-preside della Facoltà di Lingue, prof. Antonio Pioletti.

La prof.ssa Mirella Cassarino, dopo un excursus sul processo di formazione e ricezione delle Mille e una notte, ha introdotto i temi del convegno, incentrate principalmente sulla posizione dell’opera nel Canone letterario, i problemi testuali e l’eco nelle letterature orientali e romanze, soprattutto nella letteratura italiana del Novecento.

Le suggestioni che le Mille e una notte hanno esercitato su autori come Italo Calvino, Giorgio Manganelli, Cristina Campo, sono giunte all’uditorio attraverso la voce di esperti come i professori Mohamed Mokhtary, Marina Paino e Maria Concetta Sala, che – moderni Shahrazàd – ci hanno intrappolato nelle maglie del racconto e nella ricezione interculturale di questo testo.

Particolarmente innovativo è stato lo studio condotto dalla prof.ssa Sala su Cristina Campo che, nelle Notti, si riallaccia esplicitamente alle Mille e una notte, riprendendo tra l’altro ‘La storia della Città di Rame’,  raccontata già  nella 556° notte,  il fascino esercitato dal tappeto volante e il fasto della  simbologia ad esso legata.

Mistero, frode e interruzione – ha spiegato la prof. Paino – sono le condizioni di sopravvivenza per la letteratura: ne La letteratura come menzogna di Manganelli la notte e la letteratura sono i supremi luoghi dell’errore e rimandano al tradimento e al travestimento che fanno di Harun ar-Rashid (e non del principe Shâhryâr) il vero alter ego di Shahrazàd. Il rapporto tra i due è quasi una storia d’amore, impossibile perché chi racconta non può incontrare il raccontato; tuttavia, li accomuna l’inganno, che per l’uomo è il travestimento, per la donna il racconto.

L’interruzione, considerata da Calvino il vero spirito delle Mille e una notte, è anche elemento strutturale della sua opera Se una notte d’inverno un viaggiatore, come ha ricordato il prof. Mokhtary: in un gioco di specchi, si rimanda alla parentela con la raccolta orientale e all’ingenuità del lettore che rimane preda della propria curiosità.

Se da un lato il racconto è una trappola per l’ascoltatore, dall’altro ha una funzione salvifica e giocosa, come ha sottolineato il prof. Gaetano Lalomia nell’accostamento tra le  Mille e una notte e il Decameron.

Le influenze sulla cultura novecentesca non si limitano peraltro alla letteratura italiana, e riscritture del personaggio di Shahrazàd si ritrovano anche su suolo inglese e spagnolo, come illustrato dalle prof.sse Stefania Arcara e Anita Fabiani. Antonia S.Byatt ridisegna Shahrazàd nella figura di Gillian Perholt, in The Djinn in the Nightingale’s Eye, ricoprendo la sua funzione di narratrice di aspetti del tutto post-moderni e aprendo la storia ad un lieto fine insolito; Carmen Martin Gaite in El cuento de nunca acabar privilegia l’importanza dell’interruzione all’interno del racconto come incentivo di ciò che accadrà: proprio l’asso nella manica che a Shahrazàd varrà più di tante dissolute raffinatezze.

Anche il cinema è rimasto impigliato nell’affascinante trama delle Mille e una notte, come ha spiegato il prof. Aldo Nicosia: tra gli anni ’40 e ’60 alcuni film arabi ne rivisitano le storie in chiave contemporanea, lasciandosi alle spalle gli elementi magici. Nei decenni successivi il cinema orientale tenderà a recuperare il gusto del racconto in forma dialogica e parte della critica proporrà l’inserimento de Il fiore delle Mille e una notte di Pasolini nel patrimonio culturale arabo.

Sul piano metodologico, incisiva l’analisi dell’illustre studioso Claude Bremond, incentrata su passioni, azioni e motivazioni nelle Mille e una notte, che lascia molte strade aperte ad esperti e curiosi sulle orme di Shahrazàd.

 

Finale circolare eppure aperto…l’interruzione, si sa, è malìa e salvezza per chi ascolta e chi narra;

immaginandoci seguaci di Shahrazàd, ci piace accostare la strada percorsa in quei tre giorni ad un labirinto di sbocchi intertestuali e interculturali.

Maria Rita Busacca

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