«Le mie opere? Visioni iniziatiche»

A volte l’arte può essere dissacrante, può sembrare violenta, estrema. Può accostare temi all’apparenza opposti, come la religione e l’erotismo. Nel passato, come nel presente, l’uomo artista si è proposto di osservare attentamente la figura umana, la sua vita, il suo spirito, la sua carne e tutte le contraddizioni a essa connesse. Tutto questo si trova nelle opere di Saturno Buttò, pittore veneziano, nato nel 1957 a Portogruaro. Parlando di sé, dice: «Mi è sempre piaciuto sperimentare sia le potenzialità dello spirito sia quelle del corpo, con un’attenzione particolare per le situazioni “al limite”: figure capaci di scuotere pur mantenendo integro il loro potere di seduzione, in una miscela in grado di farci accettare, anche in casa, l’esibizione di radicati tabù». Pittore attivo, creativo, libero e capace di utilizzare questi tabù senza mai scadere nel banale, Buttò è un artista che non ama l’arte fine a se stessa. Lo abbiamo conosciuto grazie a Facebook e non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione di rivolgerli qualche domanda.

Maestro, partiamo da ciò che nelle sue opere non c’è. Il paesaggio è escluso dalla sua indagine, perché?
«È curioso perché vivo in una condizione quotidiana legata al mare. Mi piace l’aria aperta ma paradossalmente non me ne sento attratto, ho una predisposizione totalmente opposta che può essere definita claustrofobica. Pongo la mia attenzione verso queste dimensioni: il gotico, a cominciare dalla musica, il Punk, mi piace. Credo poi che ci sia un retaggio culturale legato alle nostre origini, non so, le catacombe, le chiese…».

A quali grandi artisti del passato o contemporanei si ispira?
«Non amo fare nomi, anche perché non ho mai guardato con attenzione a un personaggio. Mi interessa invece la storia dell’arte in generale. Se dovessi citare qualcuno direi i grandi, Michelangelo, Caravaggio. Quest’ultimo forse rappresenta colui che ho sempre guardato per la visione del mondo. Non ho però dei maestri. Mi interesso di tutta l’arte, dal cinema alla fotografia».

A proposito di cinema, quali film guarda Saturno Buttò?
«Principalmente cinema d’autore. Di certo non i film di cassetta. Pasolini mi piace, mi incuriosisce, mi affascina».

Perché utilizza questo tipo di linguaggio?
«Se operi con un’arte figurativa come la mia, rischi di ritrovarti a fare della bella pittura fine a se stessa, ma io non voglio un’operazione sterile, come una buona fetta degli artisti fa. Non mi va di cadere in questo gioco. Devi cercare condizioni diverse. Le cose mi accadono. Per me è naturale in un ambito in cui l’interesse per l’arte mi fa lavorare su sistemi difficili. Se guardi una persona, è fatta di carne e di spirito, di sesso e di religione. Sì, forse tratto temi difficili, disturbanti, ma questi sono relativi alla figura umana».

Cosa le piacerebbe che provasse uno spettatore davanti alle sue opere?
«Sorpresa, perché almeno c’è una nota di originalità, di innovazione.  Mi piacerebbe che le mie opere fossero “visioni iniziatiche” che ti portano a scoprire nuove tensioni, nuovi orizzonti. Mi piacerebbe che mostrassero nuove vie. Il mio cruccio è sempre stato questo: non vorrei mai fare una pittura decorativa, vorrei che fosse vista come un medium. Non voglio limitarmi a fare il bel quadretto. Anche se un lavoro è semplice, tratto l’opera come se dovessi fare un altare, un luogo di culto. Come se l’osservatore dovesse pregare attraverso l’opera».

Che progetti ha per il futuro? Ha in programma nuove mostre?
«Si è da poco conclusa una mia mostra al Mondo Bizzarro di Roma. Farò qualcosa a Parma a novembre. Fuori dall’Italia ho in programma un’esposizione a Parigi e Berlino. Ho contatti anche negli Stati Uniti e ogni anno espongo anche là. Quest’ anno penso che andrò a Miami».

Che rapporto ha con la critica? Ha mai avuto censure?
«Non mi affanno molto in questi tipi di circostanze, capisco il ruolo della critica. Tutto ciò rientra nel mio ambito. Ognuno vede a suo modo qualcosa. Devo dire che non ho mai ricevuto critiche troppo cattive. Non ho mai subito delle situazioni restrittive. Dal momento che faccio delle cose che possono turbare, quando capisco che non è il caso, non le propongo. Non mi interessa lo scandalo. Non voglio essere blasfemo o pornografico».

A un giovane artista consiglia una formazione accademica o da autodidatta?
«Meglio una formazione accademica. Lo studio ti forma, a me è successo questo. L’autodidatta, a parer mio, pone la sua attenzione verso l’aspetto tecnico fine a se stesso, ma non ha una profondità culturale. Ritengo che bisogna frequentare delle scuole in cui c’è uno scambio culturale. Non bisogna però dimenticare che è importante lasciarsi andare alle pulsioni estetiche. Alla fine è la soluzione più semplice».


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