Le massime istituzione siciliane riscoprono lo Statuto. Che sia la volta buona?

SIA IL PRESIDENTE DELL’ARS CHE IL PRESIDENTE DELLA REGIONE PUNTANO IL DITO CONTRO LO SQUILIBRIO DEI RAPPORTI FINANZIARI STATO-REGIONE. SI STA CHIUDENDO LA STAGIONE DELL’ASCARISMO?

Che sta succedendo in Sicilia? Le massime istituzioni dell’Isola, finalmente, stanno prendendo coscienza dello Statuto e delle prerogative negate alle nostra regione? In questa tiepida domenica di Marzo, vogliamo essere ottimisti. E, credere che, qualcosa si stia muovendo in questa direzione.

Sentite, infatti, cosa dice il Presidente della Regione Rosario Crocetta, parlando della crisi economica che attanaglia la Sicilia: “Riceviamo sempre meno trasferimenti dallo Stato che intanto incassa le tasse degli impiegati statali che lavorano in Sicilia”.

La frase è contenuta nella replica ad Antonello Montante, leader degli industriali siciliani, che, all’improvviso, si è accorto che i conti della Sicilia versano in stato comatoso. Ma, non ci interessa, in questo articolo, entrare nel merito della polemica con Confindustria, né in quella scatenata dall’ipotesi rimpasto. Argomenti che non ci appassionano più di tanto e che, a conti fatti, interessano poco i siciliani e la loro vita quotidiana.

Quello che ci preme sottolineare è il riferimento di Crocetta ai rapporti finanziari Stato-Regione. Rapporti che sappiamo essere del tutto squilibrati, del tutto a favore di Roma e del tutto in contrasto con lo Statuto siciliano, che pure ha valenza costituzionale.

Sull’argomento abbiamo più volte sollecitato il Presidente della Regione siciliana, che però, finora, è rimasto sordo. Che sia questa la volta buona? Ce lo auguriamo. In ballo non c’è solo il superamento della crisi attuale, che certo con il riconoscimento delle risorse che spettano ai siciliani sarebbe meno dura. Ma, il futuro sviluppo della Regione e la fine  di una ingiustizia che dura da oltre 60 anni e che parla di diritti negati.  Basterebbe cominciare dall’applicazione dell’articolo 37 dello Statuto, secondo cui le imprese che producono qui, ma hanno sede legale altrove, devono pagare in Sicilia le imposte, come le raffinerie e le banche, ad esempio.

Lo ripetiamo. Ci auguriamo che quella di Crocetta sia una sincera presa di coscienza. Tardiva? Se è sincera, meglio tardi che mai.

Segnali importanti sono arrivati anche dall’Ars. Che, all’unanimità ha approvato la proposta di legge che modifica il secondo comma dell’articolo 36 dello Statuto, quello secondo cui le imposte di produzione vanno allo Stato. La legge voto approvata da Sala d’Ercole, le riserva invece al bilancio della Regione. Ma, trattandosi di modifica costituzionale, necessita del voto del Parlamento nazionale. Proprio, ieri, il relatore del ddl, Michele Cimino, ha lanciato un appello ad Angelino Alfano, Ministro dell’Interno, affinché appoggi questa battaglia per la sua terra.

E il Presidente dell’Ars, Giovani Ardizzone, sembra essersi appassionato all’argomento:

“Lo Statuto – spiega in una intervista a La Sicilia- prevede che la Sicilia possa trattenere la totalità delle imposte pagate dai cittadini e dalle imprese, in virtù di maggiori funzioni assegnate alla Regione. Con la riforma tributaria del 1971, molti tributi, i cui presupposti maturano nella Regione, vengono riscossi nel luogo dove hanno sede legale i sostituti di imposta o le società che operano in Sicilia. Lo Stato ha sempre trattenuto il gettito delle maggiori entrate assicurate dall’aumento di imposte varato dalle varie manovre nazionali. Se aumenta l’aliquota Iva, per esempio, il maggiore gettito, pur riguardando un tributo che spetta alla Regione, lo Stato se lo può riservare”.

“A partire dagli anni novanta – dice ancora Ardizzone – non c’è stata manovra finanziaria nella quale lo Stato non si sia riservato il gettito. Nelle casse statali, nonostante lo Statuto preveda diversamente, entra anche l’Iva sull’importazione. Nel solo 2012 questo gettito è stato di 3,5 miliardi”.

E ancora: “Raffiniamo il 40% del petrolio in Sicilia, sopportiamo il costo del danno ambientale e di salute, ma le imposte sono di pertinenza dello Stato”.

“Abbiamo approvato il ddl voto, primo firmatario Michele Cimino, per l’abrogazione del secondo comma dell’articolo 36 dello Statuto, affinchè le imposte di produzione restino nell’Isola- ricorda Ardizzone- Questo consentirebbe alla Regione di incamerare da subito circa 2 miliardi di euro l’anno. Se poi aggiungiamo anche le risorse dell’articolo 37 arriveremmo a 10 miliardi. In cambio siamo disponibili all’abrogazione dell’articolo 38?.

Che sia la volta buona? Finalmente le massime istituzioni siciliane stanno chiudendo la stagione dell’ascarismo? Per il popolo siciliano, sarebbe già una prima vittoria.

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