UN’INCHIESTA DI FRANCO FRACASSI, PUBBLICATA SU “L’INFILTRATO”, FA IL PUNTO DELLA SITUAZIONE SUI DANNI CHE QUESTE GRANDI AZIENDE PRODUCONO IN TUTTO IL PIANETA. IL RUOLO DEL NUOVO PARLAMENTO EUROPEO IN QUELLA GRANDE TRUFFA CHIAMATA INVESTOR-STATE DISPUTE SETTLEMENT
Franco Fracassi, giornalista d’inchiesta, su l’infiltrato.it passa in rassegna le dieci multinazionali che inquinano – in tutti i sensi, compresi quelli razziali – il pianeta Terra presso tutte le latitudini e le longitudini. La lista delle imprese più dannose al mondo a sua volta era stata compilata dalla rivista ecologista spagnola Ecocosas.
Per l’importanza che ognuna di queste aziende riveste nella nostra vita quotidiana, abbiamo ritenuto utile riportarne sinteticamente una breve scheda di ognuna di esse, evidenziandone le ragioni dei loro rispettivi ‘inquinamenti’.
Cominciamo dalla Coca Cola, una bevanda di largo consumo che viene definita il ‘latte del capitalismo’ e che tanto riscontro trova specialmente fra i giovani.
Questa azienda accumula sanzioni e querele in diversi Paesi a causa delle gravi contaminazioni delle cattive pratiche lavorative e per l’uso di acque non autorizzate.
La Coca Cola, infatti, utilizza tre litri d’acqua per ottenere un litro di bibita. Va da sé che questo alto consumo di acqua ha un costo e pertanto utilizzare acqua magari non controllata, che costa meno, è vantaggioso per ridurre i costi di produzione. Le acque di scarico, poi, sono cariche di sostanze inquinanti che spesso deposita in luoghi vincolati e protetti.
Lo scorso anno, in Colombia, questa multinazionale è stata multata per avere scaricato acque reflue nello Humedal de Capellania, nella provincia di Bogotà, ovvero per avere attentato a un’area di speciale importanza e protezione ecologica.
Philip Morris è la più grande impresa americana di produzione di sigarette. E’ noto che chi fuma è potenzialmente soggetto al cancro dei fumatori. E’ altrettanto noto che molte donne in gravidanza che fumano partoriscono figli difettosi. Il fumo delle sigarette contiene 43 elementi cancerogeni conosciuti e, come dice la scritta nelle confezioni italiane, nuoce gravemente alla salute arrecando l’innalzamento della pressione arteriosa e danneggiando il sistema nervoso centrale. Inoltre, le cicche hanno un lungo decorso di degrado ambientale. Per non parlare delle coltivazioni di tabacco che contamino i suoli a causa dei trattamenti agrotossici.
Un’altra multinazionale i cui prodotti sono di largo consumo è la Chevron, già Texaco.
Questa multinazionale del petrolio ha arrecato danni in Ecuador versando acqua tossica nei boschi tropicali, lungo tutto un ventennio, tra il 1972 3d il 1993. I danni materiali hanno colpito anche i mezzi di sussistenza di quelle popolazioni rendendo improduttive le terre coltivate.
Nel 1998 ha inquinato anche alcuni territori degli Stati Uniti, tanto che la città di Richmond ha querelato la compagnia per inquinamento delle falde acquifere.
Non pentita, Chevron, nel 2003, ha ripetuto le sue pratiche anche nel New Hampshire. In Nigeria è arrivata persino a finanziare le milizie locali, fornendo loro elicotteri e barche per massacrare le popolazioni locali che manifestavano per lo sfruttamento – senza sviluppo e con inquinamento – del loro petrolio nel delta del Niger.
Altra multinazionale del petrolio, una delle cosiddette Sette Sorelle, è la British Petroleum, l’azienda responsabile del disastro ambientale nel Golfo del Messico a causa della esplosione di una sua piattaforma petrolifera nel 2010.
In quell’occasione l’ambiente marino, la pesca, il turismo, la fauna stanziale in quei mari, quali delfini, tartarughe marine, uccelli furono quasi estinti. Per non ricordare l’imperizia e l’impreparazione tecnica a fermare la fuoruscita del greggio da quel pozzo, durata ininterrottamente per settimane. In precedenza, tra il gennaio 1997 ed il marzo 1998 in quelle zone si erano già verificate ben 104 fuoruscite di petrolio. Nel 1965 si era verificata un’altra esplosione che provocò la morte di 13 lavoratori della squadra delle perforazioni. Altri 15 nel 2005.
Nel 1991 l’agenzia americana per l’ambiente, Epa, definì la British Petroleum l’impresa più inquinante degli Stati Uniti. E ancora nel 1999 fu accusata di uso illegale di sostanze tossiche in Alaska e nel 2010 di avere immesso veleni nell’atmosfera in Texas.
Nel luglio 2006, dopo battaglie e scontri durissimi, i contadini colombiani riuscirono a fare sottoscrivere alla compagnia petrolifera britannica un accordo con il quale essa non avrebbe più finanziato il regime paramilitare del terrore messo in campo dal governo colombiano a protezione dell’oleodotto di Ocensa. Una condotta lunga 829 kilometri, che attraversa ben 45 Comuni di tutto il Paese, dalle pianure pedemontane al terminal marittimo di Cordoba e Sucre, sulla costa oceanica.
Non c’è che dire, la British Petroleum può vantare un curriculum di tutto rispetto, non solo verso l’ambiente, ma anche verso l’umanità…
Questa volta spetta a una multinazionale non americana né inglese, bensì brasiliana, la Vale. Una azienda, presente in 38 Paesi, che si occupa dello sfruttamento dei minerali nell’America Latina; la più grande in quel continente e la seconda in campo mondiale.
Il suo capolavoro è la distruzione di una larga parte dell’ambiente amazzonico con lo sviluppo della centrale idroelettrica di Belo Monte, nello Stato di Altamira. Operazione che è costata lo spopolamento degli abitanti locali che vivono lungo le rive del Xingù, uno dei principali fiumi brasiliani.
Sempre in Brasile, la Vale si è resa responsabile dello sgombero di numerose famiglie, che nella circostanza hanno subìto anche qualche lutto, oltre alla perdita delle loro case, a causa della realizzazione della linea ferroviaria a Carajas, nella regione di Parà. Questa multinazionale è stata pure denunciata per il trattamento economico e di sicurezza praticato ai suoi dipendenti.
Le stesse procedure e gli stessi metodi la Vale le ha adottate in Mozambico, dove, nella regione di Tete, un’intera popolazione è stata allontanata dalla propria terra per consentire alla multinazionale brasiliana di operare lo sfruttamento del carbone presente in queste zone. I nuovi insediamenti costruiti per ospitarvi le popolazioni trasferite non solo non sono sufficienti, ma sono privi dei servizi minimi per la normale esistenza della comunità.
Ora è la volta delle produzioni più ricercate e costose, da mercato del lusso: i diamanti. De Beers. Dalle nostre parti è conosciuta per lo slogan Un diamante è per sempre.
Questa multinazionale americana del gioiello – subentrata alla precedente concessionaria olandese, che non era riuscita ad utilizzare la concessione dello sfruttamento dei giacimenti di diamanti del Botswana, nel deserto del Kalahari – utilizza anche i bambini nella coltivazione delle tecniche minerarie. Inoltre, per avere facilità di azione sul territorio ed avere mano libera nelle operazioni di sfruttamento della concessione, ha deportato intere popolazioni di pigmei che vivevano da sempre in quei territori.
Queste operazioni sono da qualificare come modificazioni dell’ecosistema o no? Tali pratiche sono avvenute avvalendosi di vere e proprie dittature del terrore, lautamente da essa finanziate.
Un’altra multinazionale, questa volta europea, la Nestlé non è da meno delle sue consimili americane. La sua specialità sono le violenze contro la natura. Il suo ‘capolavoro’ è la deforestazione del Borneo per potere coltivare la palma d’olio. Di questa operazione ne hanno fatto le spese gli orango che hanno perduto per sempre il loro habitat.
Un’altra operazione strategica è la produzione di latte nelle fattorie dello Zimbabwe che viene trattato ed essiccato e successivamente rivenduto specialmente nei Paesi in via di sviluppo. In queste contrade la Nestlé è stata capace, attraverso una intensa campagna promozionale – pare attraverso l’impiego di conne vestite da infermiere che offrivano gratuitamente il latte in polvere alle neo mamme – di convincere la popolazione quel latte è preferibile al latte del loro seno. Magari quel latte viene loro fornito disciolto in acque impure.
L’altra battaglia vinta contro gli ambientalisti è quella dell’acqua minerale imbottigliata è più ecologica di quella distribuita dagli acquedotti. Ne sappiamo qualcosa dalle nostre parti: in provincia di Agrigento, dove magari l’approvvigionamento idrico scarseggia, le fonti della Quisquina, sui monti Sicani, sono appannaggio, appunto, della Nestlé. A nulla è valsa, fino ad oggi, la battaglia per ridare l’acqua alle popolazioni siciliane depredate. Questo grazie anche a una politica siciliana corrotta.
La Monsanto è la multinazionale dell’alimentazione proveniente da cibi derivati da organismi geneticamente modificati; della somministrazione di ormoni per la crescita dei bovini, nonché la produzione di ‘semi suicidi’ (cosiddetti Terminator), cioè semi che danno origine a piante che a loro volta non producono semi; l’avvelenamento dei suoli mediante prodotti agrotossici o la produzione di latte, garantito libero da ormoni, anche se proveniente da bovini allevati ad ormoni della crescita.
Si tratta di una multinazionale che le ha provate e trovate tutte per speculare sull’alimentazione. Tra il 1965 e il 1972 ha illegalmente versato nel Regno Unito tonnellate di rifiuti tossici che, a distanza di oltre trent’anni, hanno continuato ad inquinare le falde acquifere.
Non soddisfatta delle proprie ‘conquiste’ sui mercati mondiali, è anche capace di difendere i propri interessi arrivando a mandare in galera i propri clienti ‘infedeli’, quelli che non seguono rigorosamente le loro direttive. E’ notoria la vertenza giudiziaria avviata contro un contadino colpevole di avere fatto bene il proprio mestiere, cioè avere conservato i semi prodotti dalla sua piantagione per riusarli l’anno successivo. La normale attività che qualsiasi coltivatore di ogni latitudine e longitudine fa da secoli.
Ebbene, in questo caso il contadino, denunciato e processato, è stato anche condannato e sbattuto in galera, colpevole di non avere acquistato l’anno successivo i semi della Monsanto per l’impianto delle colture della nuova stagione. Per paradosso il messaggio promozionale della Monsanto è di sostegno al loro (dei contadini) lavoro, ma se non ne seguono pedissequamente le istruzioni finiscono in galera.
L’altra azienda del cibo, questa volta ‘veloce’, è la McDonald’s, quella del fast food a base di hamburger e nuggets (fritture di vario tipo e formato), delle polpette e delle patatine. E’ presente in 40 Paesi e il suo cibo carente di sostanze nutrienti, provoca obesità specialmente sui bambini e gli adolescenti. I suoi panini sono imbottiti di carne derivata da animali allevati artificialmente, tenuti in ambienti ristretti che non riescono nemmeno a muoversi. Per creare questi allevamenti sono stati distrutti boschi tropicali e la loro deforestazione è servita a realizzare siti per gli allevamenti intensivi di bovini e polli.
I cibi confezionati dai vari punti McDonald’s sono ad alto contenuto di grassi, zuccheri e sale, ingredienti che concorrono a diffonder il diabete mellito, di tipo 2.
Un’altra multinazionale americana è la Pfizer. Società che dal 2004 fa parte delle aziende che fanno da campionario per l’indice Dow Jones Industriale Average – oltre la media – della Borsa di Wall Street. Opera nel campo farmaceutico.
Quest’azienda, che ha uno stabilimento anche a Catania, nel 1996 si è resa protagonista di una operazione a Kano, in Nigeria: per testare un suo antibiotico sperimentale a base di Trovaflaxacina, destinato a combattere morbillo, colera e meningite batterica, lo provò su 200 bambini di quel Paese. Su questa sperimentazione non sono mancate polemiche al vetriolo. a Cominciare da un articolo pubblicato dal ‘Washington Post’.
Le sue attività promozionali consistono in generose donazioni (incentivi) a medici e governi affinché adottino i suoi prodotti.
Dei metodi praticati dalle multinazionali laddove esse si trovano ad operare, potremmo continuare a lungo: la Intel, la Sony, Microsoft, Samsung ed altre ancora. Quello che, però, ci preme di raccomandare ai nuovi gruppi parlamentari europei che vanno ad insediarsi a Bruxelles è che facciano sentire immediatamente la propria presenza facendo interrompere immediatamente l’accordo commerciale che la Ue sta concludendo con gli Stati Uniti a protezione degli interessi delle multinazionali, attraverso l’Investor-state dispute settlement, cioè la Risoluzione delle controversie tra investitori e Stato.
Un’operazione indecente che impedisce ad una nazione, per esempio, di darsi regole anti inquinamento, perché in questo caso l’azienda, che ha operato degli investimenti quando queste regole non esistevano, potrebbe citare lo Stato in questione in giudizio di arbitrato e farsi rimborsare l’equivalente dell’investimento, compresi i danni accessori, per la ragione che sono mutate le condizioni che avevano motivato l’investimento stesso.
Da notare che l’arbitrato sarebbe pronunciato da una delle agenzie internazionali riconosciute che adottano i criteri di giudizio praticati dalla Banca Mondiale. Il che è quanto dire.
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