Pompeo Benincasa, il direttore artistico della rassegna musicale nata 29 anni fa a Catania, denuncia le inefficienze del centro fieristico etneo. Quella più grave è la mancanza dei riscaldamenti ci sono ma vengono accessi tardi che ha obbligato più di 500 abbonati ad assistere ai concerti tenendo addosso cappotti, sciarpe e cappelli. «Dopo sei spettacoli al freddo, scuse e promesse, nulla è stato fatto», denuncia. Per questo gli ultimi due spettacoli previsti in calendario si svolgeranno al teatro Odeon
Le Ciminiere al gelo, Catania Jazz lascia «Inaccettabile lavorare in un frigorifero»
«Non si possono fare i concerti al freddo. Il riscaldamento è una condizione basilare per una struttura per cui per giunta paghiamo un canone di 1300 euro più Iva. Per la sesta volta consecutiva si è verificata questa grave mancanza e quindi abbiamo deciso di dire basta». Spiega così Pompeo Benincasa, il direttore artistico della rassegna musicale organizzata dallassociazione culturale Catania Jazz, la decisione di spostare al teatro Odeon gli ultimi due concerti della stagione che avrebbero dovuto svolgersi al centro fieristico Le Ciminiere.
I suoi appelli accorati e ripetuti al responsabile della struttura di proprietà della Provincia regionale di Catania, Sebastiano Messina, sono rimasti lettera morta. «Sin dal primo concerto ci avevano detto che si sarebbe risolto tutto. Poi abbiamo capito che la Provincia ha esternalizzato il servizio di riscaldamento a una società privata, e, siccome è senza soldi, le ha dato ordine di accenderlo il più tardi possibile rivela Benincasa Ma essendo molto grande, il posto non ha il tempo di riscaldarsi». Lungo il tragitto che porta alla sala e nella postazione in cui viene allestito il botteghino sembra invece che i riscaldamenti non siano mai stati accesi, neanche in ritardo.
A pagare le conseguenze di questa gestione allinsegna del risparmio non sono stati solo gli spettatori, ma anche gli artisti. «I musicisti vengono prima per provare spiega il direttore del Catania Jazz e sono costretti a lavorare in una cella frigorifera. La parte dietro al palco non ha il riscaldamento e se non riscaldano adeguatamente il resto della sala, è impossibile che un po’ di tepore arrivi fin lì». Gli organizzatori ricevevano quindi, da un lato, la richiesta di stufe da parte dei jazzisti e, dallaltro, le lamentele della platea. «Comprensibilmente», ammette Benincasa.
La decisione di cambiare sede è giunta dopo lultimo concerto di martedì scorso, durante il quale il pubblico per protesta ha minacciato di non abbonarsi più alla rassegna, «e dopo unanimata discussione con il responsabile tecnico racconta Benincasa perché il problema è diventato insostenibile. In altre città fa notare gli enti culturali vengono finanziati dalle istituzioni, a Catania avviene il contrario, siamo noi a pagare e a sovvenzionare lente pubblico che però non ci garantisce neanche i servizi basilari per permetterci di lavorare. Questo vuol dire non aver rispetto per i cittadini». Oltre allaffitto, infatti, Catania Jazz paga anche per il servizio di vigilanza e per lassicurazione verso terzi, per un totale di circa 2mila euro. «Se la struttura funzionasse come si deve queste spese dovrebbero già essere pagate da chi la gestisce», dice lorganizzatore della rassegna che ha portato a Catania nomi storici della musica come Dee Dee Bridgewater, Paco De Lucia, Vinicio Capossela e Ludovico Einaudi.
Il problema del riscaldamento non è lunica inefficienza che presenta il complesso delle Ciminiere. Sempre martedì, fino alle nove nessuno ha aperto i cancelli e la gente è rimasta fuori, al freddo, ad aspettare. Per Benincasa, il centro non ha nessuna caratteristica per poter essere vissuto come potrebbe, perché è in completo abbandono. «Milioni di euro spesi per una struttura dal potenziale enorme che non viene sfruttato. Cè una cabina di proiezione con tre macchine molto costose che non sono mai state messe in funzione», racconta. E suggerisce, provocatoriamente, unalternativa: «Gli amministratori dovrebbero prendere una decisione: o raderla al suolo o farla funzionare».
[Foto di Claus Moser]