Le ‘Capitali della Cultura europea’: il vero scandalo è l’esclusione di Siracusa!

NULLA DA DIRE SULLE ALTRE CITTA’ NEL NOSTRO PAESE SELEZIONATE. NESSUN CAMPANILISMO. DETTO QUESTO, CI PIACEREBBE CONOSCERE QUESTI COMMISSARI CHE HANNO ESCLUSO LA CITTA’ ARETUSEA. E, SOPRATTUTTO, DA QUALI CRITERI SONO STATI GUIDATI. NOTIAMO UN PREGIUDIZIO ANTI-SICILIANO. GIUSTIFICATO, PURTROPPO DAI DUE DISASTROSI GOVERNI ‘ASCARI’ DI RAFFALE LOMBARDO E ROSARIO CROCETTA

Il vero scandalo non è l’esclusione di Palermo tra le città meritevoli di diventare ‘Capitali della cultura europea. Il vero scandalo è l’esclusione di Siracusa: una città bellissima, dove la cultura, da Sofocle ai nostri giorni, si è sempre respirata. Sempre. Una città bellissima, Siracusa. Soprattutto dopo la grandiosa rinascita di Ortigia. Una città dove, da sempre, cultura e vita si fondodono e si confondono. L’esclusione di Siracusa getta solo ombre su questa Unione europea, che di ombre, per altri motivi, ne ha già tante.

Prima di tornare su Siracusa, ci concediamo una digressione su Palermo. Che invece la ‘bocciatura’ la merita tutta. Sì, la ‘bocciatura’ della città di Palermo a Capitale della Cultura europea, seppure nel futuro 2019, è una ovvietà che avrebbe dovuto consigliare all’amministrazione comunale di evitare questa scontata brutta figura. Sarebbe bastato, prima di avanzare la candidatura, operare una panoramica supervisione sullo stato della città e vedere che di cultura vera e propria la nostra comunità ne produce veramente poca, per evitare di dire che non ne produce affatto.

E il dato negativo non risiede nelle potenzialità, per la ragione che i palermitani che si allontanano dalla città, altrove trovano modo di affermarsi anche sul terreno delle arti e della cultura in senso lato (attori, registi cinematografici e teatrali, della danza classica, della letteratura, ecc. ecc.), ma nel contesto urbano che è incapace di esprimere aperture alle novità, alle avanguardie, alla ricerca di modi di vita avanzati e progressisti.

A realizzare qualsiasi iniziativa, insomma, che possa costituire esempio di modernità e presupposto di avanzamento culturale o economico. La testimonianza più eclatante ci viene, da almeno un decennio, dai rapporti che la Camera di Commercio di Palermo propone in accordo con l’Istituto Tagliacarne sulla situazione economica del palermitano, il cui squallore si ripercuote necessariamente sulle espressioni e sulle produzioni culturali. Non è un caso che più avanzate espressioni culturali si registrano nelle zone economicamente più evolute.

Al Sindaco vorremmo avanzare – a titolo di mera esemplificazione – un paio di domande. La prima è: egli conosce le vie Pier Paolo Pasolini e Benedetto Croce? Sa dove sono ubicate e quale rilievo esse hanno nel contesto urbano? E l’altra: nella concezione dell’amministrazione comunale il ramo predisposto alla promozione della cultura si dedica semplicemente a distribuire aiuti ai gruppi musicali e a quelli teatrali? La circostanza sta lì a dimostrare che per l’amministrazione la cultura comincia e finisce entro quei confini.

Ora a queste due domande vorremmo far seguire alcune considerazioni: La prima riguarda la toponomastica. La via Pier Paolo Pasolini è limitrofa alla vecchia ferrovia soppressa che attraversava la città, nel tratto compreso tra le vie D’Ossuna e Lascaris, dove non c’è né un negozio, né un’abitazione. La seconda – via Benedetto Croce – è una specie di trazzera nella parte alta della città, al di là della circonvallazione. Trazzera che si perde, come tanti altri vicoli, in mezzo ai giardini verso Boccadifalco.

Ora, la questione: se si considerano Pier Paolo Pasolini e Benedetto Croce due nomi significativi della storia culturale del Paese, tali da essere meritevoli di avere intestata una strada, ebbene, si intestino strade meritevoli, per la loro fruibilità, di un’attenzione maggiore rispetto a quella alla quale sono destinate oggi e che comunque difficilmente ne avranno una diversa in futuro. Ovvero, sarebbe meglio ignorarne la validità storica e culturale per non mortificarne la memoria. Una soluzione degna sarebbe stata quella di compararle a realtà urbane come si è fatto in passato con Leopardi, Ariosto, Rapisardi o Dante.

Per questa ragione suggeriamo al Sindaco di insediare nella commissione toponomastica della città soltanto componenti che abbiamo almeno una laurea in storia moderna e contemporanea, che seguano le cronache dei fatti mondiali e che siano all’altezza del compito cui sono chiamati a lasciare nella memoria della città mediante segni duraturi di soggetti ed accadimenti che nel tempo segnano la storia del mondo. Anche qui, solo per fare un altro esempio, alla commissione toponomastica del Comune è sfuggito il nome di Yasser Arafat o quello, per fortuna ancora oggi non utilizzabile, di Nelson Mandela.

Rispetto alla Cultura pensiamo di suggerire all’Amministrazione la opportunità di valutare l’inserimento delle Scienze tra le culture, che ovunque nel mondo non si fermano ai gruppi musicali o di teatro. Su questo presupposto avevamo personalmente segnalato all’assessore alla Cultura una scelta di orientamento, nonché le persone idonee a perseguirla, ma senza esito alcuno.

Infine, ancora un suggerimento all’amministrazione comunale – che continuiamo a chiamare ‘amministrazione’ in senso generale, senza qualificazione politica – affinché la si smetta di pronunciare ruoli di Capitale di qualsiasi tipo alla nostra Città se prima non creiamo i presupposti che le consentano di esserlo veramente.

A questo proposito vogliamo ricordare “Palermo Capitale del Mediterraneo” inventata al tempo della Risoluzione del Consiglio europeo di Barcellona (1995) sull’area di libero scambio Euromediterranea. O quello del Politecnico del Mediterraneo, che, per nostra incapacità, alla fine è stato dirottato in Slovenia.

Fatta la nostra brava autocritica non possiamo, però, lasciare l’argomento senza avere osservato che la Sicilia non è considerata parte del Paese, se non per il suo sfruttamento con il concorso dell’ascarismo della sua ‘classe dirigente’. Questa realtà è stata confermata nel pronunciamento della commissione ministeriale preposta alla selezione delle candidature avanzate allo scopo.

Ora, chi scrive, ancorché palermitano doc da tante generazioni, non vuole caldeggiare la causa della nostra città, ma rilevare una manifesta discriminazione nei confronti della Sicilia e, nel documentarla, chiederne conto.

Senza volere minimamente togliere alcun merito alle città selezionate (Cagliari, Lecce, Matera, Perugia, Ravenna e Siena), beh, ci piacerebbe conoscere quali criteri siano stati adottati in materia di dotazioni e di trascorsi culturali per escludere dalla candidatura una città come Siracusa, a preferenza di tante altre, atteso che quella città ha segnato la storia culturale del mondo, da Archimede e Gorgia. Una città dove autori come Aristofane e Sofocle sono da sempre di casa grazie all’Inda – l’Istituto nazionale del dramma antico – che ne rappresenta i fasti, la memoria e la cultura storica mediante le rappresentazione del teatro classico, apprezzate nel mondo intero. Quell’Inda che nemmeno la politica siciliana degli ultimi anni – contrassegnata da proverbiale ignoranza, è riuscita a distruggere. Il che è dire!

La commissione insediata allo scopo si compone di tre membri austriaci, due inglesi, uno spagnolo, un lituano e sei italiani. Tra questi non abbiamo riconosciuto nessun Premio Nobel. E dire che in Italia ne abbiamo uno, Dario Fo, premiato appunto per una specialità culturale: la Letteratura, e l’abbiamo lasciato a casa.

Tuttavia la Commissione ha escluso la città di Siracusa – che come abbiamo già ricordato contrassegnava la cultura del mondo già ai tempi della storia antica, cioè quando ancora in Lituania vivevano le tribù dei Balti e l’Austria non esisteva nemmeno – e le hanno preferito Cagliari, Lecce, Matera o Ravenna.

Consentiteci la legittimità, oltreché la fondatezza, della nostra curiosità a proposito dei criteri di selezione adottati: conoscere le motivazioni non è di certo una questione di scarso rilievo, e speriamo vivamente che le autorità siracusane non manchino di farsene dare conto.

In conclusione, una notazione generale che in apparenza potrebbe non essere pertinente con quanto è accaduto e che qui abbiamo appena esaminato. Esiste un problema di emarginazione della Sicilia dal contesto nazionale ed europeo. E in questo senso il governo della ‘rivoluzione siciliana’ non è estraneo.

La verità è che quando si è ‘ascari’ non si è ritenuti meritevoli di rispetto. Il Governo di Rosario Crocetta e quello precedente di Raffaele Lombardo, in questo senso, sono (Crocetta) ed è stato (Lombardo) dei veri ‘campioni’. Quando si nominano assessori come la signora Stancheris e il grigio signor Bianchi come si può lontanamente pensare che la Sicilia possa far valere le proprie prerogative autonomiste?

Almeno da questo punto di vista, a parte le altre malefatte, il governo di Salvatore Cuffaro aveva il senso della rappresentatività siciliana ed era capace di farla valere. Ma questi due ultimi Governi sono stati supini alle imposizioni romane e/o milanesi. Che pena!

 


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