Governo ladro! La pioggia non c’entra ma l’esclamazione sarà scappata a chiunque all’interno degli atenei italiani abbia avuto sotto gli occhi la tabella che riassume i nuovi tagli sui finanziamenti statali destinati alle università. Una decurtazione per il triennio 2009-2011 di quasi la metà rispetto alla legge finanziaria del 2008 (la 244/2007): nello specifico si assisterà ad una diminuzione del Fondo di finanziamento ordinario (FFO) del 46,5%. Stessa percentuale per il Piano triennale di sviluppo del sistema universitario e per il Fondo integrativo per il Diritto allo studio, mentre a farne un po’ meno le spese saranno gli interventi per alloggi e residenze universitarie in cui il taglio previsto alla fine del triennio è pari al 41,64%. A determinare la decurtazione dei fondi sono due leggi che sono state modificate: la legge n. 126/08 (conversione del decreto legge n. 93/08) e la legge n. 133/08 (conversione del decreto legge n. 112/08).
Per l’ateneo catanese la situazione di certo non è rosea. “Ancora i potenziali tagli non sono stati quantificati”, spiega Giacomo Pignataro docente della facoltà di Economia e responsabile del gruppo di lavoro scelto dal rettore Antonio Recca per far fronte alla situazione. “Dovremmo arrivare a decidere qualcosa già da questa settimana. I tagli sono specifici e riguardano per esempio il pensionamento. Su ogni 100 euro che l’ateneo di Catania risparmia, almeno 80 vengono trattenuti dallo Stato per il FFO. Ciò pone un limite alle assunzioni”. In altre parole ogni ateneo potrà investire in stipendi per assumere nuovi ricercatori e docenti una somma che è pari soltanto ad un quinto degli stipendi dei docenti che andranno in pensione. Altro che rinnovamento e “largo ai giovani!”. Considerando la scala dell’età del corpo docente, il blocco del turnover può avere nel medio periodo effetti devastanti.
Inoltre il bilancio di ogni ateneo viene fatto in base alle spese fisse, al funzionamento del personale, eccetera. “E’ vero che il Governo quantifica i risparmi, ma non tiene conto degli aumenti di stipendio: se i risparmi sono incamerati dallo Stato, gli aumenti invece sono a carico dell’ateneo”.
Come affrontare quindi la situazione? L’obiettivo del rettore è quello di evitare dei tagli lineari nel bilancio dell’ateneo catanese, ma “in alcuni casi è impossibile, come – ad esempio – per la spesa fissa degli stipendi o per il diritto allo studio. Si cercherà di arginare il tutto attraverso i guadagni di efficienza e si dovrà iniziare dagli sprechi delle risorse a disposizione”, continua il professore Pignataro. Non ci saranno spese che possono essere sacrificate per salvarne delle altre: il sacrificio sarà richiesto a tutti i settori che compongono l’università (personale, docenti e studenti).
Chi pensava che l’ancora di salvataggio, capace di assicurare buoni profitti pecuniari, fosse la tassa d’iscrizione che ogni studente universitario paga all’inizio dell’anno accademico dovrà ricredersi: “in realtà le tasse d’iscrizione rappresentano una piccola percentuale di entrate nel bilancio universitario”, spiega il docente del dipartimento di Economia e metodi quantitativi.
Dal punto di vista studentesco, il taglio del 46,5% del Fondo integrativo per il Diritto allo studio rispetto alla finanziaria 2008 desta non poche preoccupazioni, “il diritto allo studio, purtroppo, è già debole in partenza, nonostante il Rettore abbia cercato di migliorarne la situazione (ad esempio con il cofinanziamento per la creazione di 400 posti letto). Ciò che si deve evitare – continua Pignataro – è di intaccarlo ulteriormente. La coperta è stretta, se da un lato copre dall’altro scopre”.
Gli atenei italiani hanno già preso posizione, a partire dalla Conferenza dei Rettori (Crui). “Dobbiamo adeguarci”, afferma il professore, “ma non bisogna dimenticare che la spesa media pro-capite per ogni studente in Italia è la più bassa in Europa, parliamo di 2-3 mila dollari annui (qui i dati riferiti al 2005-2006). Le inefficienze all’interno delle università e le scelte mal ponderate sulla didattica e sulla ricerca non aiutano”. Questo cambiamento della legge finanziaria sega le gambe alla cultura, insomma. Meno soldi, meno offerta, meno cultura e sapere. Sarà maggiormente sentito nelle università del Mezzogiorno che sono considerate le più povere d’Italia “Al Nord – conclude il professor Pignataro – c’è una maggiore possibilità di ottenere dei finanziamenti esterni che invece, a causa della situazione economica, nel Mezzogiorno è molto più difficile trovare.”
Se qualche studente si fosse già preoccupato pensando alle proprie borse di studio o ai servizi forniti dall’Ersu, non deve agitarsi. Il direttore Nunzio Rapisarda ci spiega che i fondi che sono ridistribuiti tra borse di studio, alloggi studenteschi, eccetera, sono erogati dalla Regione, dallo Stato e dalla tassa regionale per il diritto allo studio che pagano gli studenti stessi. In poche parole, “i fondi tagliati all’università non coinvolgono il nostro ente – dice il direttore dell’Ersu -, ma continueremo a collaborare costantemente con l’Ateneo”.
Sulla questione dei tagli che saranno effettuati in questi mesi sui bilanci degli atenei pubblici, non poche sono le critiche e le “ribellioni”. Anche l’Ateneo di Catania si schiera nettamente contro la modifica della legge finanziaria 2008 n. 244/2007. La facoltà di Lingue e letterature straniere ha già approvato durante il consiglio di facoltà del 24 settembre una mozione che prevederà dal 6 al 12 ottobre una settimana di “mobilitazione e un’assemblea cittadina per giorno 24 ottobre alle ore 17 presso l’Auditorium dell’ex Monastero dei Benedettini”. In più, dal 12 al 23 ottobre sono previste riunioni d’Ateneo e d’Istituto per poter organizzare l’Assemblea generale.
Ha collaborato Salvo Catalano
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