Laura Saija, ricercatrice europea a Catania «Vorrei restare, ma la precarietà non aiuta»

Si chiama Laura Saija ed è la prima siciliana ad avere vinto la borsa di ricerca Marie Curie bandita dalla comunità europea. Classe 1975, è una delle otto ricercatrici in Italia ad avere ricevuto questa opportunità per il triennio 2011-2013, prendendo parte a un progetto di mobilità internazionale che l’ha portata a studiare per due anni negli Stati Uniti, a Memphis, mentre il terzo lo sta concludendo a Catania, alla guida del progetto di sostenibilità ambientale per la valle del Simeto per conto dell’università etnea. Un’esperienza che si concluderà a dicembre, con la scadenza della borsa, e che lascia aperte diverse domande sul futuro della giovane ricercatrice: lasciare la Sicilia, magari per una delle tante offerte di lavoro che stanno arrivando sia da diversi Paesi europei che dagli States, o restare ma senza certezze?

L’Università di Catania, seppure «orgogliosa del progetto della ricercatrice», come ha detto il rettore Giacomo Pignataro in occasione della sua presentazione, non ha la possibilità di proporle un contratto. D’altra parte, l’ateneo si è già trovato impreparato anche quando ha dovuto formalizzare il rapporto con Saija come research fellow. Non era mai accaduto, infatti, che un vincitore della borsa europea organizzasse il suo progetto nella città etnea. «Così mi hanno fatto un contratto co.co.co. (di collaborazione coordinata e continuativa, ndr) – racconta la ricercatrice – Ma non è colpa dell’università, è tutto il sistema che sta cadendo a pezzi». Anche per quanto riguarda l’abilitazione nazionale all’insegnamento nelle università italiane – introdotta con il decreto Gelmini – Laura Saija non sa cosa l’aspetta. «Ho presentato i titoli nel 2012, ma ancora non si sa nulla».

Laura Saija non vorrebbe lasciare la Sicilia, ma tante sono le variabili da considerare. «Non sono un’eroina, vorrei semplicemente fare quello che mi appassiona – dice – E solo all’università c’è lo spazio per poterlo fare con libertà professionale. Io non ho mai avuto aspirazioni da donna in carriera, non pensavo di diventare un’accademica – racconta – Mi sono appassionata con il dottorato perché il mio progetto è sempre stato quello di aiutare la mia Sicilia». Un’idea che presto si manifesta non semplice. «Perché la precarietà ti toglie il futuro – commenta – Seppure in Italia ci siamo ormai abituati ed è triste».

Laureata nel 2002 in Ingegneria edile all’università di Catania dove ha anche fatto il dottorato di ricerca fino al 2006 in Ecologia urbana, Saija ha poi conosciuto «anni difficili», come lei stessa li definisce. Tra il 2006 e il 2011 «un solo assegno di ricerca per un anno e tre mila lavoretti». Ma il 2011 è l’anno della vincita della borsa Marie Curie e tutto cambia. «Ho provato ed è andata. Sono contenta di avere fatto quest’esperienza, ho imparato moltissime cose e ho visto come si lavora all’estero – racconta – Lì cercano in tutti i modi di metterti nella migliore posizione possibile per lavorare, qui è tutto al contrario. Proprio per questo sono un po’ combattuta nel decidere se andare o restare».

Il contratto comunque non è ancora scaduto e Saija ha appena inaugurato il suo corso d’insegnamento ad Ingegneria tramite il quale approfondire lo studio per la bio sostenibilità della Valle del Simeto. «Vedremo cosa accadrà. Io vorrei tanto restare per continuare ciò che ho iniziato – conclude – Vivere una vita tranquilla e, d’estate, voglio andare al mare».


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Ha una laurea in Ingegneria edile, un dottorato di ricerca in Ecologia urbana ed è una delle otto vincitrici in Italia della borsa di ricerca Marie Curie per il triennio 2011-2013. La prima siciliana. Tanto studio e tanti titoli che però in Italia, e nell'ateneo etneo, non le garantiscono una prospettiva. La borsa scade a dicembre e così si fa avanti il dilemma: partire o restare? «Io vorrei tanto restare per continuare ciò che ho iniziato. Vivere una vita tranquilla e, d’estate, andare al mare - racconta - Ma il precariato ti toglie il futuro»

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