L’Asef critica l’esclusione della Formazione permanente

In Sicilia neanche la Formazione professionale si sottrae alla legge dei paradossi. A rispettare la regola, l’assessore regionale al ramo, Nelli Scilabra, che, incredibilmente, prima paga per avere i dati di settore sulle tendenze per i prossimi anni e poi agisce autonomamente (o per conto di Confindustria?), sconfessando i dati elaborati e pubblicati nelle scorse settimane dal Censis e da Unioncamere sui settori economici strategici individuati per investire risorse e creare nuova occupazione.

Così come un segmento importante del sistema formativo regionale, quello della cosiddetta “Formazione continua e permanente”, è stato cancellato dalle proposte progettuali per la seconda annualità dell’Avviso 20/2011. Succede anche questo in Sicilia. A disfarsi dei risultati, a non tenerne conto, è proprio l’assessore Scilabra che, però, sconfessa anche se stessa.

Sulle tipologie corsuali che vengono fuori dallo studio specialistico sui fabbisogni formativi qualcosa non quadra. Non è una novità, almeno da parte nostra, visto che lo segnaliamo già da qualche tempo. Incongruenza bella e buona, quella della giovane assessore. Con l’emanazione della direttiva n. 2247 del 30 maggio scorso, l’assessore ha pubblicato un elenco perentorio che debella alcune figure professionali legate ai servizi alla persona e all’assistenza alle famiglie e alle fasce deboli della popolazione.

Il paradosso è che, sempre l’assessorato regionale per l’Istruzione la Formazione professionale, ha presentato, meno di un mese fa, i risultati finali di un progetto finanziato con le risorse del Piano operativo Sicilia del Fondo sociale europeo 2007/2013 dal titolo “Faro”. Un progetto realizzato da un’Associazione temporanea d’impresa con capofila il Censis. Dai risultati dello studio, che ha prodotto la nascita dell’ “Osservatorio regionale sui fabbisogni nel mercato del lavoro”, è pervenuta la conferma che, tra i settori in grande espansione per i prossimi anni, ve ne sono due che lo studio considera strategici: i servizi alle persone e l’assistenza alle famiglie. Guada caso, proprio i settori cancellati dall’assessore Scilabra.

Ciò significa che gli Enti formativi non potranno progettare, all’interno della seconda annualità dell’Avviso 20/2011, corsi per qualificare soggetti che, secondo il censi, troverebbero maggiori opportunità di lavoro. Questo perché, nella direttiva di programazione della seconda annualità dell’Avviso 20/2011, sono tassativamente individuati quali settori scartati dall’amministrazione regionale.

Un atteggiamento inspiegabile, quello dell’assessore Scilabra, che non tiene conto dei soldi spesi per effettuare un realistico studio sul fabbisogno formativo in Sicilia di figure specialistiche da immettere al lavoro.

L’assessore Scilabra – ripetiamo – ha messo fuori le figure professionali legate al settore del benessere e dei servizi alla persona, con un taglio netto praticato alla spesa indirizzata in tali comparti. Basti analizzare l’allegato alla citata direttiva n. 2247 per rendersi conto di ciò che è stato fatto.

Viene spontaneo chiedersi: perché non ha tenuto conto dello studio di settore, commissionato e pagato a suon di quattrini, a un gruppo di società specialistiche con a capo il Censis? Perché l’assessore ha deciso di inibire agli Enti l’accesso alle figure riferibili ai citati settori?

Domande legittime, se si pensa che proprio il Censis, in un recente studio su base nazionale (e fatto anche in Sicilia), ha dimostrato come il settore dei servizi di cura alle persone e assistenza per le famiglie abbia rappresentato per il nostro Paese un grande bacino occupazionale. Si legge nello studio del Censis: “Il numero dei collaboratori che prestano servizio presso le famiglie, dal 2001 ad oggi si è incrementato del 53 per cento”. Il Censis stima che il numero dei collaboratori salirà, nel 2030, a 2 milioni e 151 mila. Ciò significa che esiste una domanda di nuova occupazione di 500 mila soggetti a livello nazionale.

Dunque l’assessore Scilabra disattende i risultati dello studio Censis, pagato con risorse comunitarie all’interno del progetto “Faro – Osservatorio regionale per il rilevamento dei fabbisogni” per seguire altre finalità, che sembrano legate alla vecchia politica clientelare anche se ‘riverniciata’ con l’antimafia. Argomento, questo, che ha fatto andare su tutte le furie più di un interlocutore durante la delicatissima vertenza sindacale tra Governo regionale e parti sociali sulla formazione professionale conclusasi nei giorni scorsi con la firma dell’accordo.

Ad alimentare la polemica sull’argomento è Benedetto Scuderi, presidente dell’Asef, una delle associazioni degli Enti formativi firmatarie del citato accordo trilaterale.

“Mi riferisco – dichiara Scuderi – all’intervista rilasciata dal segretario della Uil Scuola, Giuseppe Raimondi e dal segretario della Flc Cgil, Giusto Scozzaro, pubblicata proprio dal vostro giornale, ai quali manifesto il mio apprezzamento per la dimostrata voglia di creare un reale clima di partecipata collaborazione, pur nella distinzione dei ruoli di ciascuna delle parti”. Il presidente di Asef insiste nel confermare che “l’incontro tra tutte le parti sociali è stato auspicato dalle stesse per dare piena autorevolezza ad un accordo che avrebbe riportato serenità nel tanto travagliato comparto della formazione professionale. Grazie alla maturità delle parti si è potuti pervenire alla sottoscrizione di un accordo che si propone di salvaguardare il sistema”.

Sulla polemica lanciata da questo giornale circa l’inutilizzo dei dati Censis per il rilevamento del fabbisogno formativo, chiariamo quanto accaduto attraverso la testimonianza di Scuderi.

“Durante la trattativa gli scontri con i rappresentanti del Governo sono stati durissimi – ricorda Scuderi – perché, alle richieste di chiarimento e alla manifestata esigenza di poter visionare la documentazione prodotta dal Censis, sono state date, di fatto, risposte per nulla pertinenti, come se tale documentazione non potesse essere esibita”.

Un atteggiamento inappropriato, inspiegabile, limitante, che completa un comportamento incomprensibile. Proprio così: la suddetta documentazione elaborata dal Censis, per diretta ammissione dell’Assessore Scilabra, dovrebbe rappresentare lo scenario dei profili professionali cui gli Enti formativi dovrebbero fare riferimento per programmare adeguati Piani formativi.

Altro elemento che ha causato una fortissima tensione, tra le parti protagoniste della trattativa sindacale, secondo quanto riferito al giornale dal presidente Scuderi, è stato l’estromissione dell’ambito Formazione continua e permanente (Fc e P) dal futuro Piano formativo, ambito di grande importanza, poiché interviene sulle fasce deboli in generale e sulla qualificazione di soggetti con particolari esigenze, siano essi disoccupati che occupati. L’Asef, promotrice della difesa dell’ambito citato, è stata costretta ad un durissimo scontro con l’assessore al ramo poiché sostenitrice della’importanza del servizio reso all’utenza data e della sua utilità sociale.

“È innegabile – sottolinea Scuderi – che la non attivazione dei progetti inclusi nell’ambito Formazione permanente provocherà una perdita di opportunità di professionalizzazione di una platea importante, e la diminuzione dei lavoratori occupati in tale ambito. Siamo riusciti, alla fine, a far inserire un richiamo che, in qualche misura, ci avrebbe dato l’opportunità di tenere desta l’attenzione sul problema legato al citato ambito formativo, non comprendendo lo scopo di un così radicale accanimento, ma riferendoci all’andreottiano pensiero …”.

Diversi i punti critici della trattativa secondo l’Asef, che di seguito riportiamo.

“Perché accettare di sottoscrivere un accordo la cui definizione dei contenuti viene rinviata ad un tavolo tecnico senza che il Governo abbia dato risposta ai quesiti posti nel precedente incontro? Perché il senso di responsabilità ha prevalso tra le parti sociali che si sono trovate dinanzi la rappresentanza di un Governo che non riesce ad esibire neanche un presunto studio consegnato dal Censis, adducendo risposte inadeguate se proferite ad un tavolo di concertazione”.

“Il fatto stesso che tutte le parti sociali abbiano ritenuto di praticare il tentativo della concertazione dimostra che certamente si è sviluppato un processo di maturazione basato sul convincimento che la posta in gioco ha travalicato i confini in cui erano trincerate sino a quel momento. Ora tocca al Governo mantenere gli impegni assunti, anche attraverso annunci alla stampa, per esempio in ordine all’avvio delle attività progettuali. Ciò sarebbe dovuto avvenire a partire dall’otto giugno scorso, nonostante in quella data gran parte degli Enti avesse già esaurito il finanziamento assegnato, senza ricevere gli acconti maturati”.

Dura la critica sulla gestione economica e finanziaria del settore: “Sostanzialmente – scrive Scuderi – stanno per concludersi le attività formative e gli Enti hanno ricevuto (non tutti!) solamente il primo 25 per cento del finanziamento ed in qualche caso il secondo 25 per cento. Si è abbondantemente sotto la soglia dell’80 per cento del finanziamento maturato per via delle attività formative dell’Avviso 20/2011 già concluse o in fase di conclusione. In tanti casi neanche il 50 per cento è stato incassato e l’annualità, come ricordato, volge al termine. Ma guai a non essere in regola con i pagamenti delle retribuzioni! Guai a non avere il Durc positivo!”.

“Come è possibile, in queste condizioni, erogare le retribuzioni? In che modo affrontare le normali spese di gestione? Cosa fare di fronte ad una situazione paradossale secondo la quale alcune organizzazioni sindacali e datoriali sarebbero pronte a collaborare per non continuare a far permanere condizioni di instabilità al sistema? Il Governo perditempo non ha ancora provveduto all’emanazione di atti amministrativi utili a dare serenità agli attori del sistema. Così come non ha ancora provveduto, nelle more, a dare avvio alle attività progettuali”.

“L’Asef si confronterà, nei prossimi giorni, con le organizzazioni sindacali per cercare di comprendere come procedere per consentire una giusta applicazione dell’Accordo. Sarebbe un vero peccato non poter continuare a praticare la strada della concertazione che consente di fruire di benefici collettivi, come del resto accade nei Paesi in cui la parte sindacale è adeguatamente rappresentata nei consigli di amministrazione (cda) delle imprese, ma questa è un’altra storia. La parte pubblica ha cantato vittoria appropriandosi di meriti riconducibili in grandissima misura alle parti sociali. Non ci costa nulla concederglielo. E glielo concediamo, ma a condizione che, nel contempo, l’amministrazione regionale provveda a procedere con urgenza nell’adempimento dei propri compiti, cosa che non sempre ha dimostrato di saper rispettare”.

 


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