Fabrizio Ferrandelli tira dritto per la sua strada. Una strada lastricata di ambizione, allo stato puro. Vuole fare il sindaco di Palermo. Costi quel che costi. “L’ambizione è la morte del pensiero” diceva Seneca, o “l’ultimo rifugio del fallito” per dirla con Oscar Wilde. Non sappiamo se il soggetto in questione rispecchi fino in fondo queste massime, ciò che è certo è che è spregiudicato abbastanza da fregarsene di una inchiesta della Procura di Palermo che parla di brogli alle primarie che hanno decretato la sua vittoria. Una vittoria risicatissima, tra l’altro: 9.943 voti, solo 196 voti in più della Borsellino. Meglio ha fatto il coraggioso Davide Faraone, che senza l’appoggio di nessuno, ha preso 7972 voti (lui si che è stata una rivelazione). Ma d’altronde, Palermo è la città dell’illegalità per antonomasia, o no? Certo, per un trentenne, ritrovarsi primo cittadino della quinta città italiana, non è male. La carriera è assicurata.
Cos’altro importa nel capoluogo siciliano? Chi è quell’ingenuo che ha creduto che un simbolo della legalità e dell’antimafia come Rita Borsellino l’avrebbe spuntata nella capitale della mafia? Qualche ingenuo, nulla più di questo. Oggi Ferrandelli, dopo quello del Pd (che ha troppi affari in città per schierarsi veramente con la Borsellino e contro i brogli), ha anche incassato l’appoggio di Antonella Monastra. Un’altra che per pura ambizione, ha tradito la Borsellino e tutto quello che rappresenta: in una parola la legalità e l’antimafia, quella vera. Ferrandelli oggi ha ripetuto: mai con Lombardo, né con il Terzo Polo, né al primo né al secondo turno. Sarà cosi’? Mah… Peccato che accettando il sostegno di Cracolici e Lumia, tra i maggiori sponsor del governo regionale, ha, di fatto, accettato l’alleanza con Lombardo e con il Terzo Polo. E di certo ha rafforzato l’ala del Pd che vuole questo comparaggio. Non lo sapeva? E non sapeva neanche che il Mpa gli avrebbe dato una mano a quelle primarie, che nonostante i brogli, ha vinto per un misero scarto di voti? Ingenuo lui… Per inciso, chi scrive, non ha nulla in particolare contro il governo Lombardo. Né meglio, né peggio di quelli che lo hanno preceduto. A parte qualche squallido consulente in più e qualche promessa di troppo, suo merito certamente è quello di avere riportato in auge i temi dell’autonomia siciliana. Tanti anche i demeriti. Ma, a prescindere da tutto, perché Ferrandelli nega l’ovvio? Allora davvero c’è qualcosa di cui vergognarsi?
E che dire di Massimo Costa? Il giovane presidente del Coni Sicilia che, a quanto pare, deve molto della sua carriera al Pdl, segnatamente a Francesco Cascio. Ma sappiamo anche questo. Palermo, oltre ad essere la capitale dell’illegalità, è la città dove per farsi strada bisogna essere amici dei potenti. Anche in questo caso, non stiamo dicendo che il ragazzo non abbia nessun pregio. Ma non può certo presentarsi come il nuovo che avanza. Perché di nuovo non c’è niente: “Tutte le ambizioni sono giustificate eccetto quelle che si arrampicano sulle miserie e sulla credulità umana” scriveva Joseph Conrad. La sua candidatura è appoggiata da quell’alleanza di centrodestra, Pdl, Udc e Forza del Sud, che ha portato allo sfacelo la città. E che ora si sta riproponendo in toto. Basta guardare i cartelloni elettorali: tutte facce vecchie che negli ultimi dieci anni hanno occupato gli scranni di sala delle Lapidi e che sono stati complici della mala amministrazione.
Cosa conta per Palermo? Essere giovani o essere fautori di una nuova politica? Avere il coraggio di rompere con i vecchi schemi o essere dei burattini in mano alla vecchia politica? Sembra che per Palermo conti solo mantenere lo status quo. Ferrandelli, Costa, due facce della stessa medaglia. Quella di un giovanilsimo espressione del più becero gattopardismo: tutto cambi perché nulla cambi. Così sembra, speriamo di sbagliarci.
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