La storia di Nina Giambona, che durante il lockdown ha preso in mano tele e pennelli e ha deciso di dare un nuovo volto a uno dei simboli universali della Sicilia nel mondo riscuotendo consensi e successo anche oltre oceano
L’antropologa si scopre pittrice e disegna carretti siciliani Opere in mostra a Los Angeles. «Bisogna reinterpretarsi»
Tratti dorati su sfondi neri e bianchi. Il carretto siciliano, pensato e re-interpretato in chiave contemporanea durante la quarantena dall’antropologa palermitana Nina Giambona, incanta gli abitanti d’oltreoceano. Quando consentito dall’emergenza sanitaria ancora in corso sarà proprio il Museo Italiano di Los Angeles a ospitare la prima personale dell’artista.
«Per me questa è una grande opportunità – commenta l’antropologa, che del carretto ha fatto più una passione che un oggetto di studio – Nasce tutto dalla passione che ho per gli studi che avevo intrapreso, demoetnoantropologici. La mia tesi di laurea l’ho dedicata proprio al carretto siciliano».Poi la partecipazione a progetti accademici e il via al Tour del carretto, che ha tenuto Giambona attiva in diverse manifestazioni ed eventi fino allo scoppio dell’emergenza per la Covid.
«La domanda che mi sono posta è: cosa si fa oggi per fare amare queste tradizioni? – continua – Bisogna reinterpretare, mi sono risposta, e reinventarle attraverso il millennio che stiamo vivendo». Da qui l’idea di mettersi in gioco, attraverso talk e conferenze divulgative. Ma durante il lockdown Nina Giambona ha deciso di prendere in mano tele, pennelli e pennarelli riscoprendosi artista e dando vita a più di centoquaranta opere. «In quarantena non ho fatto altro – racconta l’artista – mi sono messa a dipingere e a disegnare». La notte. «Mi alzo presto la mattina, alle quattro e lavoro fino alle otto e mezza – continua – Di giorno non mi concentro così bene, lavoro bene la notte». A fare da soggetto sempre il carretto, nelle sue diverse forme e parti, in tratti d’oro.
La ruota del tradizionale mezzo di trasporto siciliano indossa la corona e sembra essere un virus, poi costeggia l’isola a ricordare il ricco patrimonio artistico culturale. E ancora: i tavulàzzi, i masciddàri (ovvero le sponde fisse del carretto), u puttèddu (il portello posteriore).Tutti stilizzati e ripensati da diverse prospettive e punti di vista. Ci sono anche Paperino e Topolino, contornati in oro su sfondo nero, con in mano una ruota che sembrano dialogare allegri. «Gioco con la fantasia interpretando tutte le forme – spiega l’artista – facendo avvicinare anche i bambini alla cultura, in questo secolo messa da parte, attraverso i disegni Disney, i cartonanimati per antonomasia, a livello mondiale».
Il concetto rivoluzionario portato avanti dall’antropologa palermitana è infatti proprio la glocalizzazione: l’insieme di local e global. «La globalizzazione ci ha azzerato – conclude – ci ha reso tutti uguali, la glocalizzazione invece è un nuovo fenomeno che riguarda la re-interpretazione di un prodotto locale nel globale».