L'iniziativa è di un gruppo di residenti, preoccupati dalla situazione sanitaria e dalla gestione del centro di identificazione per migranti. Al primo cittadino Totò Martello la richiesta di alzare la voce con il governo
Lampedusa, gli abitanti chiedono di sigillare l’isola «Chiudere hotspot, troppi rischi con la pandemia»
Sette giorni per confrontarsi, stilare un documento con richieste precise da sottoporre al governo nazionale. Con tanto di ultimatum di una settimana, prima di indire un clamoroso sciopero a oltranza. Parte da qui la strategia di un gruppo di abitanti di Lampedusa per entrare nel dibattito politico nazionale, accendendo i riflettori sulle condizioni sanitarie in piena emergenza Covid-19. Al centro dell’attenzione c’è la gestione dell’hotspot locale, che nelle ultime settimane è tornato a riempirsi in seguito a una serie di sbarchi autonomi di migranti. Approdi arrivati in concomitanza con la decisione del governo Conte di dichiarare i porti italiani non più sicuri.
Stamattina una delegazione di cittadini, dopo che nei giorni scorsi è stato costituito un comitato spontaneo, ha incontrato il sindaco Totò Martello. La convocazione del primo cittadino è arrivata sulla scia del comunicato con cui gli abitanti si dichiaravano pronti a occupare simbolicamente il palazzo di città. Sul tavolo di Martello sono finite così cinque richieste, tutte legate alla misura estrema proposta dai lampedusani: sigillare l’isola. «Sulle isole Pelagie non transiti nessuna persona che non abbia un ruolo strettamente necessario a garantire le indispensabili esigenze degli isolani e in ogni caso con tutte le precauzioni necessarie (una su tutte i tamponi) a verificare lo stato di salute in entrata ed uscita dalle Pelagie, fino a quando non sarà rientrata l’emergenza», si legge al punto uno del documento sottoposto al sindaco.
A seguire la richiesta di chiudere l’hotspot, trasferendo i migranti in altri centri e prevedere una nave ospedaliera per quelli che potrebbero arrivare nelle prossime settimane. Facendo in modo che vengano intercettati con motovedette di altura, anziché aspettare che mettano piede sulla terraferma. Infine, i residenti chiedono che sull’isola arrivino scorte di ossigeno.
All’origine dell’apprensione della cittadinanza ci sono stati alcuni fattori: dalla vicenda del passaggio da Lampedusa del migrante che ha mostrato i sintomi del Covid, poi confermati, durante il trasferimento a Pozzallo all’uscita momentanea di due migranti dall’hotspot senza mascherina durante la quarantena. Infine, lo sbarco autonomo fino al molo Favarolo di un barchino. «Ho ascoltato i cittadini, le richieste sono comprensibili. Vediamo cosa possiamo fare, anche perché resto un sindaco di un Comune italiano, non della Cina», chiosa Martello a MeridioNews, annunciando per le prossime ore dichiarazioni pubbliche e alludendo ai limiti d’azione che contraddistinguono le attività dei primi cittadini.
Nei giorni scorsi questa testata ha dato anche notizia della protesta all’interno dell’hotspot. Alcuni tra i migranti – oltre un centinaio al momento -, dopo avere abbondantemente superato i tempi previsti per la quarantena, hanno compiuto atti di autolesionismo, nella speranza di essere trasferiti altrove. Al centro della protesta le condizioni in cui versa il centro di identificazione, dove nei bagni mancherebbe pure l’acqua.