L’amore? E’ un gioco. Parola di Gianni Nanfa

Ieri pomeriggio, nella cornice “consiliare” della Sala Martorana (ancora pregna di “chiacchiere” governative e dal fascino impresso da Gioacchino Martorana, pittore della nobiltà palermitana, simbolo lontano di una epoca definitivamente tramontata) dello splendido palazzo, voluto da don Michele Gravina y Cruillas, principe di Comitini e oggi sede della Provincia regionale di Palermo, alla presenza di un folto pubblico di amici e di estimatori e del padrone di casa, Giovannni Avanti, Presidente dell’Istituzione (che, in quest’anno, celebra il suo centocinquantesimo compleanno), l’arcinoto Giovanni Nanfa, cabarettista in servizio permanente effettivo da un quarantennio (ancora prima di quel ’74 che lo vide debuttare come professionista e coautore di Nodi, legami e pendagli da forca, spettacolo andato in scena nella “cave” de “I Travaglini”, al n. 40 della via XX Settembre, primo cabaret “alla tedesca” della Città, ideato da Salvo Licata e compagni) ha presentato, in compagnia del dottor Tommaso Lima, noto “strizzacervelli”, l’ultima sua “fatica letteraria”.

La“fatica”, (perché poi si indica con questo termine di pesantezza, quando scrivere è un piacere per lo stesso autore), oggetto del nostro discorso è il manuale L’Amore è un gioco, pubblicato dalle Edizioni Avia, casa editrice aperta dallo stesso Nanfa, stanco di contattare editori palermitani, siciliani ed italiani al tempo della pubblicazione della Grammatica del comico, il vademecum, su base scientifica, su tutto quello che si deve sapere per chi vuole intraprendere il “mestiere” del comico.

Dal 2008, anno di fondazione della casa editrice ad oggi sono state quattro le pubblicazioni immesse sul mercato librario che, “cum grano salis”, formano il catalogo .

Questo nostro scritto non vuole essere e non può essere la recensione dell’ultimo manufatto nanfiano, ma ci si lasci abbandonare ad alcune considerazioni.

Diciamo, soltanto, che “il manuale del gioco più antico del mondo”, così recita il sottotitolo della neonata pubblicazione, si presenta in sobria veste editoriale, nella quale il navigato ed estroso grafico, (si dice: creativo), Claudio La Corte che lavora presso la più antica “stamperia” di Palermo, in un gioco di colori verde “ci ha messo il cuore”.

Giuseppe Patroni Griffi, regista, drammaturgo, sceneggiatore e scrittore, allievo di Luchino Visconti, considerato “una delle personalità più versatili del panorama culturale italiano del secondo Novecento”, direttore artistico dal 2002 al 2005 del Teatro Eliseo di Roma, nel 1958 scrisse e diresse proprio per il teatro di via Nazionale il dramma D’amore si muore, interpretato dalla Compagnia dei Giovani, le cui punte di diamante furono Romolo Valli e Giorgio De Lullo.

Un tale mister William Shakespeare, tra il 1593 ed il ‘96, compose Love’s Labours Lost (Pene d’amore perdute), commedia sull’amore e sulla conquista dei sentimenti, definita commedia perché ha un lieto fine sebbene non termini con il classico “marriage” tra i personaggi, cosa che la rende atipica rispetto ad altri lavori del sommo poeta inglese.

E a proposito di sommo poeta che dire di padre Dante che, addirittura, ci ha lasciato gli struggenti versi dei due sfortunati amanti: “Amor, ch’al cor gentile ratto s’apprende, / prese costui de la bella persona / che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende. / Amor, ch’a nullo amato amar perdona, / mi prese del costui piacer sí forte, / che, come vedi, ancor non m’abbandona. / Amor condusse noi ad una morte: ….”.

Per lo scrittore, giornalista e umorista britannico, Jerome Klapka Jerome, autore del famoso romanzo “Tre uomini in barca”, “l’amore è come la rosolia: tutti la dobbiamo avere”.

Infine ci sono le poesie di quel delizioso e tormentato poeta, sceneggiatore, attore e chansonnier, “anarchico”, protagonista per un certo periodo del movimento surrealista, Jacques Prévert o meglio – come lui stesso le ha definite – le sue “tranches de vie”, nelle quali è facile l’interpretazione musicale perché non si allontanano molto dallo schema tradizionale delle chanson francesi senza far sì che questo ne diminuisca il valore e nelle quali i personaggi “descritti sono quelli che si possono incontrare a Rue de Seine e a Lehan de Catzi, sulle panchine delle Tuileries, nei bistrò, nelle squallide pensioni di Clichy, sui lungosenna, là dove sono di casa l’amore e la miseria, ma non sono mai personaggi anonimi perché ognuno ha il suo problema da risolvere entro la sera, la sua risata contro chi comanda, un figlio da piangere, un amore da ritrovare, un ricordo e una speranza”.

Ricordate Cet amour?:

“Cet amour / Si violent / Si fragile / Si tendre / Si désespéré / Cet amour / Beau comme le jour / Et mauvais comme le temps / Quand le temps est mauvais / …

Donne-nous signe de vie / Beaucoup plus tard au coin d’un bois / Dans la forêt de la mémoire /Sourgis soudain / Tends-nous la main / Et sauve-nous”.

Allora l’amore che cosa è? Non può essere “un treno / che fila sereno / per monti e vallate fermate non ha”, come hanno interpretato e cantato Alberto Sordi e Monica Vitti in quel patetico, ma veritero film “Polvere di stelle”.

Noi della vecchia generazione non siamo stati educati all’idea che “l’amore è un gioco”. Tutt’altro! Non stiamo qui a chiosare se giusta o sbagliata la nostra educazione; ci viene, soltanto, spontaneo chiederci: “cosa vuol dirci questo illustre professore, imbevuto di cultura classica, assorbita e filtrata in tanti anni di studio, di insegnamento, di ricerche, data in pasto, sempre con classe, con garbo, al “suo” pubblico (perché Nanfa ha conquistato allievi e pubblico, che quasi lo idolatrano) con “l’amore è un gioco”?

Una cosa è certa che l’autore dedica questo libro a ”tutti quelli convinti che l’amore tiene in piedi il mondo … anche se è più comodo farlo distesi”. E dall’introduzione prendiamo solo una parte, quella pubblicata sulla quarta pagina di copertina:

“L’unica cosa che non cambierei di questo manuale è il titolo, non solo perché rappresenta la chiave di lettura di tutto il testo, ma perché immagino i commenti di chi si troverà davanti la copertina con su scritto L’amore è un gioco. Prevedo la riflessione del single depresso: “Io non ho mai fatto neppure un ambo giocando a tombola a Natale, figurati se becco una donna!”. Lo scettico: “L’ho sempre detto che non è una cosa seria”. Lo sciupafemmine: “Sante parole! ? bello il gioco quando dura poco”. Il reduce da una storia finita male: “Diciamo pure gioco d’azzardo”. Il cittadino scontento: “Vuoi vedere che c’è di mezzo l’agenzia delle entrate!”. L’elettore di centrodestra: “Finalmente un libro che dimostra che Lui non è malato”. Questo libro nasce dalla convinzione che l’amore sia una costruzione che ha alla base un gioco di strategia nel quale, a partire dal primo incontro, ogni mossa dei partner rappresenta il tentativo di prendere in giro la realtà. Ogni volta che ci innamoriamo, forse, proviamo a cambiare il mondo”.

Il sesto capitolo è intestato: “Il Kamasutra: un libro di nonsologiochi”. Erotico? Sessuale? Spirituale? Religioso?

Un dato di fatto è certo e per questo mi piace riportare l’ultimo brano di quello che ha scritto il prefatore, dottor Lima: “Un plauso va all’Autore per il coraggio mostrato nell’affrontare un tema così complesso con una leggerezza carica di senso e di significati: non vi è dubbio che fare l’amore fa bene e che al posto del viagra si dovrebbe prescrivere una maggiore partecipazione all’atto sessuale. Il lettore, anche il più esigente, alla fine avrà modo di confrontare le proprie esperienze con quanto ha appena letto e non lo stupirà il desiderio di voler sempre con sé questo accurato promemoria che lo aiuterà a capire meglio gli innumerevoli cimenti amorosi che la vita spesso propone”.

A questo punto non mi resta che inchinarmi di fronte a tanto impegno, a tanta scienza, a tanta ricerca, a tanta sagacia, a tanta bella maniera di porgere e modestamente mi segno.

 


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Ieri pomeriggio, nella cornice “consiliare” della sala martorana (ancora pregna di “chiacchiere” governative e dal fascino impresso da gioacchino martorana, pittore della nobiltà palermitana, simbolo lontano di una epoca definitivamente tramontata) dello splendido palazzo, voluto da don michele gravina y cruillas, principe di comitini e oggi sede della provincia regionale di palermo, alla presenza di un folto pubblico di amici e di estimatori e del padrone di casa, giovannni avanti, presidente dell’istituzione (che, in quest’anno, celebra il suo centocinquantesimo compleanno), l’arcinoto giovanni nanfa, cabarettista in servizio permanente effettivo da un quarantennio (ancora prima di quel ’74 che lo vide debuttare come professionista e coautore di nodi, legami e pendagli da forca, spettacolo andato in scena nella “cave” de “i travaglini”, al n. 40 della via xx settembre, primo cabaret “alla tedesca” della città, ideato da salvo licata e compagni) ha presentato, in compagnia del dottor tommaso lima, noto "strizzacervelli", l’ultima sua “fatica letteraria”.

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