Da Cagliari a Catania, dal 2011 al 2019: la vita di Antonino Magazzù piomba dal posto da infermiere alla miseria di un senzatetto. Lo hanno salvato dall'indifferenza i suoi scritti fatti per strada, sul materiale buttato e l’aiuto di giovanissimo e intraprendente amico
La vita del «barbone» di via Etnea diventerà un film Nelle poesie scritte sul cartone l’aiuto per rialzarsi
Clochard, barbone, invisibile. Tre sinonimi che Antonino Magazzù ripete continuamente raccontando a MeridioNews le vicissitudini della sua vita dal 2011 ad oggi. Da quando cioè perse il lavoro da infermiere ai giorni che lo vedono impegnato in nuovi progetti. Quasi fosse costretto a presentarsi così, dopo aver vissuto per anni in strada, da Roma passando per Napoli fino a Catania, dove è arrivato a piedi. Poi l’incontro con il giovanissimo Alessandro Marchese, che prima lo aiuta a pubblicare una raccolta di poesie e poi lancia una campagna di crowdfunding per raccontarne la vita in un docufilm che ha già un titolo: Sic parvis magna. Dalle piccole cose nascono quelle grandi.
Sono 490 i chilometri percorsi in ventisei giorni a bordo delle proprie gambe da Magazzù per tornare nella sua Sicilia, nella speranza di trovare lavoro. «Tanto i barboni possono viaggiare gratis», gli risponde qualcuno negandogli i soldi per acquistare il biglietto. Così viaggia sì, ma a piedi. Tirando un piccolo trolley contenente le sue poche cose, assieme a un diploma da infermiere professionale in tasca dal 1988. Alle spalle, inoltre, un divorzio, due figli distanti e i genitori defunti. Ventitré anni da infermiere, un lavoro stabile in una cooperativa di Cagliari che però chiude a seguito di accertamenti della guardia di finanza. Poi la strada: Roma, Napoli, infine Catania, dove era morta la madre. La città viene scelta per questo, nonostante le sue origini taorminesi. «Volevo trovarmi accanto a lei, nel caso in cui non ce l’avessi fatta», racconta.
Sette anni senza un tetto, chiedendo aiuto e lottando invano per i propri diritti. «A Roma per tre anni ho trascorso le mie giornate a Montecitorio, per farmi notare dai politici che passavano quotidianamente. Per due volte ho protestato anche sul tetto del Campidoglio, quando il sindaco era Gianni Alemanno». Gesti, purtroppo, serviti a poco: il lavoro non si trova, né come infermiere né in altra veste. Un’occupazione come un miraggio nel deserto, si riesce a vederlo ma non a farlo, si legge in una sua poesia.
«Quantomeno a Catania si poteva stare tranquilli anche di notte», afferma Magazzù. «Conoscevo solo via Etnea e lì andai. Preferivo cercare di cavarmela da solo, senza affidarmi più di tanto agli enti benefici locali». Anche il sistema del sostegno ai bisognosi è pieno di ombre. «Purtroppo l’assistenzialismo non è come lo si immagina, non basta per contrastare la povertà, i meccanismi rendono inevitabilmente tutti uguali e ci si dimentica delle necessità individuali». I negozianti della strada intanto si spaccano in due: «Tra chi allertava di continuo le forze dell’ordine, che però non mi hanno intimato mai di spostarmi, e chi, invece, di tanto in tanto mi serviva un pasto gratuito».
La gente, invece, sembra proprio non accorgersi di lui. «Mai un passante che saluti o che ti rivolga la parola». Così inizia a scrivere. Dapprima è la volta di Miracolo in via Etnea, ispirata dalla frenesia della corsa ai regali natalizi a cui assiste nella dimenticanza di chi si trova ai margini degli stessi marciapiedi. Fiaba per bambini ma soprattutto per adulti, nel cui finale un senzatetto trova lavoro. Poi l’ispirazione diventa iniziativa. Magazzù aspetta che i negozi chiudano per appropriarsi dei cartoni lasciati per strada la sera: i suoi quaderni, su cui scriverà le poesie.
Finalmente suscita l’attenzione delle persone che si fermano a leggere, fino a quando arriva il turno di Alessandro Marchese, studente di scuola superiore a Gravina. «Parlammo per un paio d’ore di poesia. Prima di andarmene lasciai al signor Antonio una pizza ed una bottiglia d’acqua – racconta Marchese – ma non mangiò: aveva indetto uno sciopero della fame forzato, come aveva scritto su un cartone. Colpito e preoccupato decisi di aiutarlo: dopo una settimana tornai da lui e gli proposi di pubblicare le sue poesie».
Così, con una rilegatura fatta a mano, nascono le Poesie e Fiabe di cartone di un invisibile, presentate e vendute nelle scuole in cambio di un’offerta libera. Qualcosa cambia: grazie a un amico Magazzù riesce a pagare l’affitto di una stanza e smette di stare in strada. Poi di nuovo a Napoli, richiamato dalla malattia di un’amica, che prima di morire gli trova per gratitudine un lavoro come infermiere-badante di un anziano. Solo pochi mesi, poi si torna a Catania. Siamo al 2018: da Treviso arriva la chiamata di Francesca Pavan, della casa editrice Michael Edizione, con una proposta di pubblicazione. Ancora una volta Alessandro Marchese, ormai universitario, si fa avanti: ne compra una parte e li rivende a Catania, per garantire al suo amico-poeta nuovi introiti. Un investimento di mille euro su duecento libri da rivendere a dieci euro ciascuno.
Oggi Antonino Magazzù non vive più in strada, collabora con un laboratorio che gli garantisce vitto, alloggio e un piccolo rimborso spese, ma non ha più lavorato come infermiere. L’intraprendenza del suo amico Alessandro, però, non si è ancora esaurita: ha deciso di realizzare un docufilm intervistando le persone incontrate da Magazzù, diventate i suoi nuovi punti di riferimento. Lancia così una campagna di crowdfunding sulla piattaforma Vimove per raccogliere cinquemila euro. «Lo scopo, stavolta, è quello di ottenere introiti maggiori per poter finanziare anche altri progetti sociali», rivela Marchese. «Il docufilm, infatti, è il primo progetto a nome Markesing, una community di marketing sociale da me fondata per lanciare progetti sociali che, letteralmente, nasce dalla fusione tra il termine marketing e il mio cognome».
Il docufilm, invece, si intitolerà Sic parvis magna, «inteso come piccoli incontri fortunati che determinano poi la fortuna vera». Anche se di fortuna Magazzù non parla di certo: «Ho 62 anni. Il mio unico desiderio ormai è vivere il più serenamente possibile».