La verità di Sgarbi sulle telefonate Napolitano-Mancino. Il Quirinale resta in silenzio?

LE RIVELAZIONI DI SGARBI SUL CONTENUTO DELLE TELEFONATE NAPOLITANO-MANCINO  IMPORREBBERO UNA PRESA DI POSIZIONE DEL QUIRINALE

Napolitano, un Pulcinella a capo di uno Stato Pulcinella?

di Saverio Lodato
“Ingroia è uno stronzo e una testa di cazzo” diceva il capo dello Stato Giorgio Napolitano all’imputato Nicola Mancino nel corso di una di quelle telefonate della discordia poi tombate e, successivamente, distrutte. Parola di Vittorio Sgarbi, durante una puntata della trasmissione radiofonica “La Zanzara”. Sgarbi si definisce “il solo” o uno dei “pochissimi” ammesso a conoscere il contenuto di quelle registrazioni prima che andassero distrutte. Non spiega in che modo e non spiega, soprattutto, chi gli fece il favore, assai rischioso, dopo una pomposa pronuncia da parte dell’Alta Corte (o prima?). E per completare il quadro, Sgarbi garantisce che Napolitano non prese neanche in considerazione l’argomento della trattativa, argomento, invece, che stava a cuore a Mancino. Può Napolitano pensare di Ingroia che sia “uno stronzo” e “una testa di cazzo”? Certo che sì, conclude Sgarbi, indicando in un contenuto tanto prosaico quanto volgare, la vera ragione per cui Ingroia e la Procura di Palermo definirono “non penalmente rilevanti” le telefonate Mancino-Napolitano.

Non vogliamo il male di nessuno, neanche di uno come Sgarbi. Non vorremmo mai vederlo ammanettato e condotto al gabbio. Dovete crederci sulla parola. Di Voltaire e del secolo dei lumi e della tolleranza, Sgarbi, a suo modo, è da sempre incarnazione vivente. Che ai francesi tre secoli fa sia toccato Voltaire e a noi italiani, tre secoli dopo, sia toccato Sgarbi, appartiene a quelle imperscrutabili gerarchie della storia e della geografia delle quali è bene che tutti si facciano una ragione.
Ciò premesso, resta un problemino: Napolitano. Delle due l’una: o le frasi di Napolitano su Ingroia sono parto di vulcanica e liberissima fantasia, o quel diavolaccio di Sgarbi racconta la verità. Napolitano, in entrambi i casi, qualcosina dovrebbe dirla.
Esaminiamo la prima eventualità. Se adesso noi ci mettessimo a dire che, per esempio, Napolitano in quelle telefonate manifestò simpatia per la trattativa Stato-Mafia, tanto per dire, si capisce. Rischieremmo qualcosa? O se dicessimo che Napolitano in quelle telefonate fece i complimenti all’imputato Mancino spronandolo ad andare avanti con i suoi sodali che in quella trattativa, secondo i magistrati, erano coinvolti sino al collo, tanto per dire, si capisce. Rischieremmo di essere ammanettati e condotti al gabbio? O se dicessimo che Napolitano, sempre tanto per dire, si fece garante sul fatto che i procuratori di Palermo non sarebbero riusciti a violare la segretezza delle responsabilità delle istituzioni in una trattativa con la mafia prima durante e dopo le stragi del 1992-1993, incorreremmo in reato di lesa maestà?
Insomma, se ognuno, visto che le telefonate sono andate distrutte, si sbizzarrisse fantasticamente, dove andremmo a finire?
Seconda eventualità: Napolitano disse davvero di Ingroia che era uno “stronzo” e una “testa di cazzo”. Ma la legge non stabilisce pene severissime per chi si permettesse di rivelare un segreto di Stato tanto imbarazzante?
Per questa ragione restiamo in vibrante attesa di una vibrata presa di posizione del Colle. Ci mancherebbe altro che, siccome la frittata l’ha fatta Sgarbi, Napolitano chiudesse un occhio. O che lo chiudessero la grande stampa e la grande televisione, a suo tempo così solerti nel crocifiggere Ingroia prima e Nino Di Matteo oggi, proprio perché titolari di quell’inchiesta.
E se il Colle, invece, dovesse tacere? Non vogliamo neanche prendere in considerazione simile eventualità. Equivarrebbe a dire che Giorgio Napolitano è il Capo dello Stato di Pulcinella. Pulcinella lui e Pulcinella lo Stato che rappresenta, ovviamente tanto per dire.
No. Non è così. Non possiamo crederlo. (Per questo, neanche noi, come Sgarbi, finiremo ammanettati e portati al gabbio).

TRATTO DA ANTIMAFIA2000.COM


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