La UE penalizza le Marinerie siciliane

da Giuseppe Messina
Segretario regionale Ugl Agroalimentare e Componente Direzione Nazionale
riceviamo e volentieri pubblichiamo

La dittatura della finanza imposta dai poteri forti come cura dell’emergenza economica e come unico rimedio possibile ha riscritto le recenti regole della democrazia in Italia e più, estesamente, in Europa. La pesca italiana e mediterranea merce di scambio per la finanza italiana.

In un recente articolo, pubblicato su “Il Giornale”, Magdi Allam commenta come la politica italiana si sia sottomessa ai poteri dei sistemi finanziari globalizzati, attraverso la consegna delle chiavi del Governo a Mario Monti, DEGNO rappresentante della Tecnocrazia europea ed internazionale.

La Finanza ha sdoganato la dittatura dell’emergenza con l’avallo del presidente Monti il quale ha affermato che: “I partiti non hanno alcun interesse a smantellare le misure visto che il costo della politica viene pagato dal questo governo”. Qualcuno si chiederà come possa entrarci la questione relativa alla programmazione della nuova politica della pesca europea in questo scenario descritto da una delle firme più autorevoli in materia di politica estera italiana.

Posso rispondere con un’altra testimonianza, apparsa lo scorso 14 febbraio su un quotidiano nazionale, a firma di Salvatore Tramontana, dove si descrive la sporca manovra targata Parigi e Berlino a danno della crisi Greca e del popolo ellenico. I due governi forti dell’UE avrebbero imposto al governo greco l’acquisto di sottomarini, navi, elicotteri e carri armati di loro produzione per sbloccare il piano di aiuti.

Provate ad immaginare cosa può essere successo nel comparto della pesca professionale, per quanto mi riguarda alcune considerazioni possono riecheggiare l’attuale stato di dittatura dell’emergenza.

La nuova PCP ed il collegato strumento di finanziamento della pesca, denominato FEAMP, fondano le radici su alcuni capisaldi come la pesca sostenibile, il principio inderogabile dell’interesse pubblico di conservazione delle risorse biologiche od anche l’avocare a se (l’UE ovviamente), attraverso il criterio della deroga, ogni misura che prevede l’aiuto finanziario, trasformando, di fatto e nella sostanza, in aleatorio l’intero impianto regolatorio.

In buona sostanza, non solo i Tecnocrati di Bruxelles hanno avocato ogni modalità operativa del FEAMP ma, appellandosi al rispetto di principi difficilmente conciliabili con i livelli si sostenibilità economico-sociale delle realtà marinare lontane dai Mari del Nord, gli Stati membri forti, come Francia e Germania, hanno definitivamente isolato ogni velleità della politica italiana di provare a difendere la pesca, settore storicamente strategico per l’economia del “Bel Paese” e, in particolare, della nostra Isola, che ha oramai perso ogni primato, anche quello di difendere i propri mari pescosi.

I continui allarmi lanciati da Ugl Agroalimentare sulla gravità dell’imbuto dentro il quale il sistema pesca Italia è stato risucchiato vengono demoliti da scelte strategiche che, a mo’ di scambio, probabilmente coinvolgono – magari inconsapevolmente – anche parte della politica nazionale e siciliana. Penso alla rappresentanza al Parlamento Europeo impegnata in queste settimana a pubblicizzare e promuovere – in coincidenza con le prime tornate elettorali – l’attività parlamentare esplicata.

Da nessuno di questi autorevoli eurodeputati, eletti dai siciliani, abbiamo letto di iniziative a difesa della pesca professionale e del relativo indotto economico. Nessuno si è reso conto che l’impatto del FEAMP e della PCP, se non adeguatamente mitigati, potrebbero rivelarsi mortali per l’economia peschereccia siciliana e per le oltre 10 mila famiglie che provano ancora oggi a sostentarsi attraverso l’attività tradizionale di cattura del pesce negli specchi acquei della Trinacria.

Un emblematico esempio dello strapotere delle lobbies finanziarie del Nord Europa è determinato dalla vicenda legata alla minore assegnazione della quota tonno rosso all’Italia, rispetto ad altri Stati membri, ed all’attribuzione della quota pro-rata alla flotta peschereccia col sistema palangaro derivante, tutta siciliana (trapanese nello specifico) penalizzata oltremodo, significando che possono ormeggiare i natanti e dichiarare il fallimento. Che poi i deputati della provincia di Trapani siano impegnati in altro, non lo diciamo noi ma i fatti sì: dove sono questi signori? Chi si è speso per questo annoso problema che si trascina da anni?

Questo spiega, seppur in parte, l’immobilismo del Governo della Regione siciliana assente sulla programmazione delle politiche intorno al settore della pesca che trova conferma sia sulla mancata previsione di risorse finanziarie per il rilancio del settore (vedasi finanziaria 2012) che nel sottodimensionamento del dipartimento della pesca che, dal primo governo Lombardo ad oggi, non conosce un dirigente generale, il quale dovrebbe essere titolato ad occuparsi solamente ed in via esclusiva della pesca siciliana.

E’ come dire che non basta essere bagnati dal mare per sopravvivere.

 


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