Acireale, Zafferana, Giarre, Milo… In diversi Comuni della provincia di Catania lo «zucco» è tradizione. Si bruciano grossi ceppi di legna nelle piazze di fronte alle chiese, la sera del 24 dicembre. Un appuntamento al quale non si può mancare. Ogni paesino fissa un orario: nel tardo pomeriggio o la sera, si accende il fuoco alla presenza delle massime cariche istituzionali. Ma solo dopo la benedizione del prete.
Dopo poco dall’accensione la gente comincia a diminuire: si è fatta l’ora di cena e tutti vanno a consumare il pasto della Vigilia con i propri cari. Nei Comuni più piccoli può capitare che il fuoco venga lasciato da solo, mentre le decorazioni e le luci di Natale contribuiscono a creare un’atmosfera quasi surreale. Dopo cena, sono tutti di nuovo in piazza: il ceppo è nel bel mezzo della sua combustione, le fiamme sono alte.
«Perché siete venuti a vedere il ceppo?», chiediamo ai presenti. «È tradizione», risponde la maggior parte di loro. Una coppia porta per la prima volta il figlio, prima di tornare al Nord per lavoro. Chi, invece, è nato fuori dalla Sicilia osserva la scena per la prima volta. Un signore, vicino al fuoco, dà l’idea di conoscere bene la pratica: gira tutti quelli della zona, spiega. Di solito va anche a Giarre, ma quest’anno gli è giunta voce che sia quasi spento e non ci sia molto da vedere. Forse salta.
Lui è arrivato da solo, ma non è l’unico. Dice che quando va al ceppo non incontra unicamente persone che conosce, ma ne scopre di nuove. Ai bambini si racconta che lo zucco serva a riscaldare Gesù bambino, e il prete durante la benedizione auspica che il fuoco possa aiutare a riscaldare anche i cuori dei presenti.
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