«Quindici vani?». Negli uffici di via Lancaster, ad Acireale, lo stupore accompagna la scoperta di quanto grande sia uno degli immobili confiscati alla criminalità organizzata che ricadono nel territorio comunale. A pochissimi passi dal mare, si trova in una via un po’ nascosta di Pozzillo, l’ultimo borgo prima del confine con Riposto. Sufficientemente lontano dagli uffici comunali da essere quasi dimenticato. L’immobile – una villa che spicca per grandezza e architettura – apparteneva, e per certi aspetti appartiene ancora, alla famiglia di Placido Aiello, il genero di Gaetano Graci, uno dei quattro cavalieri del lavoro che il giornalista Pippo Fava considerò fautori dell’apocalisse mafiosa. La villa fa parte dei beni oggetto della maxi-confisca su cui, nel 2001, la Cassazione pose il sigillo definitivo, dopo una storia tortuosa iniziata sette anni prima con l’arresto di Aiello e di Graci nell’operazione Sagittario. L’accusa era stata pesantissima: essere stati a disposizione della famiglia Santapaola.
Per quella storia, Aiello – individuato dai magistrati come l’anello di congiunzione tra il suocero e Cosa nostra – patteggiò una condanna per concorso esterno. A metà anni Duemila, l’uomo tornò sulle pagine dei giornali perché accusato di avere trasferito in Svizzera centinaia di migliaia di euro. «Che ci fosse un immobile confiscato a Pozzillo lo sapevo, che fosse una villa così grande no», ammette Stefano Alì, dal 2018 sindaco di Acireale. Nella città dei cento campanili, il tema degli immobili tolti a soggetti ritenuti vicini alla mafia è tornato al centro dell’attenzione dopo il caso di via Mortara, dove una casa su due livelli continua a essere abitata dalla persona a cui 15 anni fa è stata confiscata. Con tanto di giallo nato dopo la scoperta fatta da MeridioNews di una modifica al catasto effettuata quando già il bene era di proprietà dello Stato.
La vicenda villa sul mare di Aiello è diversa per una serie di fattori. Innanzitutto, la confisca ha riguardato soltanto metà dell’immobile, mentre il resto risulta ancora di proprietà del 72enne e dei suoi familiari, tra cui Maria Adelaide Graci, la figlia del cavaliere morto nel 1996. Data la stagione, non è facile dire se la famiglia Aiello continui a usufruire della parte di cui è rimasta proprietaria, anche se inerpicandosi sulla scogliera di Pozzillo si ha l’impressione che il verde sia stato curato di recente. La grande piscina, invece, è vuota mentre il cancelletto in ferro, un po’ arrugginito, si apre sulla scaletta che porta giù fino al mare. Se non un accesso privato, poco ci manca. «Poiché il sequestro è stato disposto nella misura del cinquanta per cento, non si ritiene conveniente assumerne il possesso per via delle difficoltà che emergerebbero sul fronte della gestione», si legge in un comunicato dell’amministrazione comunale diffuso la vigilia di Natale.
Stando a quanto appreso da MeridioNews, tuttavia, la posizione dell’ente potrebbe essere rivista anche alla luce della scoperta delle dimensioni tutt’altro che risibili. La grandezza della villa infatti consentirebbe, anche dopo un frazionamento, di mantenere intatte le potenzialità nell’ottica di una fruizione pubblica. In ogni caso, prima che il bene possa pensare di essere utilizzato dalla collettività va compiuto un passo che finora non è stato fatto: l’Agenzia dei beni confiscati dovrebbe concederlo a qualcuno, nella fattispecie al Comune. Un tentativo, da questo punto di vista, lo aveva fatto la passata giunta Barbagallo che, a fine 2017, inoltrò la richiesta all’Agenzia. L’istanza è la stessa con cui l’ente chiese di potere registrare al proprio patrimonio anche la casa di via Mortara. Ma, mentre in quest’ultimo caso la risposta dell’organismo del ministero non tardò ad arrivare e fu positiva, per quanto riguarda la villa degli Aiello tutto è rimasto in sospeso. «Relativamente all’immobile sito in via Ercole Patti, questo ufficio non ha alcuna evidenza e notizia», ha scritto, a metà novembre, il comandante della polizia municipale Antonino Molino in una nota rivolta all’amministrazione comunale.
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