In un incontro a Megastorie, viene presentato il nuovo lavoro del professore di Storia contemporanea. Il mare non ha istituzioni, non ha codici né identità. Il mare non si domina, è la terra che ha il codice del dominio: questo il messaggio di fondo
La storia del mare vista da Tino Vittorio
“Il mare è come il sapere: è empirico, globale ma soprattutto è nomade”. Con questa profonda descrizione del mare, Stefania Mazzone – professoressa di Storia del pensiero politico moderno e contemporaneo allUniversità di Catania -, introduce lincontro col professore Tino Vittorio, titolare della cattedra di Storia contemporanea alla facoltà di Scienze Politiche.
Durante lincontro, tenutosi mercoledì pomeriggio alla libreria caffetteria Megastorie, è stato presentato lultimo libro scritto dal professore Vittorio: “Storia del mare. Questione meridionale come questione mediterranea”.
La correlatrice Mazzone sintetizza la sua postfazione sul libro. Inizia una vera e propria lezione sul mare, quello visto da Vittorio, come la grande risorsa poco utilizzata del Sud che invece è troppo diffidente nei confronti di questo mobile elemento, e del dinamismo dei commerci.
“Il mare non ha istituzioni, non ha codici né identità”; – continua la professoressa, riprendendo le parole del libro “il mare non si domina, è nomade, per questo motivo possiamo sentirci liberi in questo luogo, possiamo essere girovaghi felici”.
Cè un messaggio di fondo in queste righe, che lautore vorrebbe dare a noi giovani. E un invito a sentirci sempre liberi e a non provare smarrimento davanti al nomadismo di cui parla “Storia del mare”, ma piuttosto trarne un senso di soddisfazione e divertimento. Insomma, se la nostra Sicilia non ha niente da offrirci, non si deve cercare vita altrove con il lutto nel cuore, perché le nostre radici, se forti, ce le porteremo dietro sempre.
Questa sorta di viaggio nomade riprende un po il tour storico per mare che lo stesso Tino fa nel suo libro. Di questa parte un po più storica ci parla invece il giornalista e direttore di Telecolor, Nino Milazzo . La sua visione, più cronistica che filosofica, sullopera si snoda tra accenni storici alle guerre per mare, passando per i miti e le civiltà, arrivando poi ai giorni nostri e la moderna ma irrisolta questione meridionale.
Nino Milazzo, grande amico dellautore, allunga il discorso con unampia parentesi su Catania e sul porto. “Siamo incapaci” dice il giornalista – “di sfruttare al meglio la nostra centralità mediterranea. Sembra che il popolo siciliano abbia girato le spalle al mare perché lì non risiede la tecnica, tanto utile al moderno progresso. E questo accade per la forte ossessione della terra
della terra, della terra! “.
Sforato ormai il tempo a disposizione, interviene finalmente lautore del libro che riprende i discorsi fatti dai colleghi con punte di amarezza per la nostra marginalità come regione, dovuta al disinteresse per le sfide sociali ed epocali.
“Cè la storia della terra e cè la storia del mare!” ; questo è un punto fermo per il professore Vittorio che tende a sottolineare.
Più volte si sofferma sulla totale assenza di una politica del mare, che sia capace di riportare il Mediterraneo ad essere sede di vita sociale e al tempo stesso produttiva, come accadeva nel XV e XVI secolo quando le città marinare siciliane si aprivano alle logge mercantili.
“Il vero problema è che lItalia ha prodotto braccianti invece di ammiragli e navi!”. Con questa frase ci lascia ed ci invita a dare uno sguardo alla sua ultima opera.
Sicuramente discutibile la visione dellautore e dei colleghi che sono intervenuti. Non tutti i punti rispecchiano una realtà universale, ma il libro è ad ogni modo un uragano di saperi, sottigliezze e significati, unopera dai vasti orizzonti sulla questione mediterranea con al suo centro il mare.