La Sicilia? Una polveriera pronta a esplodere

La presa di posizione annunciata ieri dalla marineria di Mazara del Vallo non va pesa sottogamba. Il Mediterraneo è un mare sempre più povero di pesci, anche perché è stato sfruttato in modo irrazionale. E nelle aree marine dove di pesce ce n’è ancora tanto, i pescherecci mazaresi non possono accedere, pena il sequestro. E’ successo con la Libia post Gheddafi, con la Tunusia e con l’Egitto. In tutto questo, l’Unione Europea si occupa per lo più dei mari del Nord Europa. E quando si occupa del nostro mare, lo fa solo per creare ulteriori problemi ai nostri pescatori.

Ora la marineria di Mazara del Vallo chiede all’Unione Europea un risarcimento pari a 90 milioni di euro. Non sappiamo come la prenderanno a Bruxelles. Ma sappiamo che a Mazara – ma non soltanto a Mazara del Vallo, perché la crisi investe altre marinerie, da Sciacca a Licata, fino a Porticello – l’esasperazione sta raggiungendo livelli molto alti.

La gente, in Sicilia, ha le scatole piene del Governo Monti, dell’Unione Europea, dell’euro. Già la nostra Regione, in questi quattro anni, è stata amministrata con i piedi. L’Autonomia siciliana è stata mortificata da una classe politica di nani. I fondi europei – tanti soldi – sono rimasti nei cassetti. L’agricoltura è allo sbando. L’industria, quella poca che c’è, è allo stremo. I lavori pubblici sono scomparsi. Non ci sono stati investimenti. Niente di niente. Solo nuove tasse e nuove imposte. Ora c’è da pagare l’Imu per fare grande l’Unione Europea e la Germania. E la gente, lo ripetiamo, ha le scatole piene.

Il 53 per cento dei siciliani aventi diritto al voto non si è recato alle urne in occasione delle elezioni regionali. E, tra chi ha votato, c’è un altro 5 per cento di schede bianche. La politica, in Sicilia, non appassiona più. Anche perché non è più in grado di dare risposte. Nemmeno sul piano clientelare. Gli ultimi quattro anni di Governo hanno prosciugato tutte le risorse disponibili.

La gente ha le scatole piene, in Sicilia. Consigliamo ai governanti romani di non sottovalutare quello che potrebbe succedere a Mazara del Vallo e, a catena, in altre parti dell’Isola.

E’ vero, dei 4 mila pescatori mazaresi, il 50-60 per cento circa sono immigrati dai Paesi del Nord Africa. Ma a Mazara c’è un indotto di circa 10 mila addetti. Tante famiglie in crisi che non possono pagare l’Imu e che non accettano più di morire piano piano, giorno dopo giorno, per la ‘Guerra del pesce’.

Tutto questo succede mentre le condizioni finanziarie della Regione versano in una condizione che definire tragica è poco. Tra i ‘buchi’ di bilancio e il demenziale ‘Patto di stabilità’ la ‘macchina’, tra qualche mese, non sarà più facilmente governabile. A meno che non succeda qualcosa di nuovo. A meno che, a Roma, non si rendano conto che una Regione di 5 milioni di abitanti non può essere trattata come l’Unione Europea sta trattando la Grecia.

Vorremmo sbagliarci, ma la Sicilia – e lo diciamo con grande senso di responsabilità – vive una condizione pre-rivoluzionaria. Già sarà difficilissimo, per il nuovo Governo regionale, riprendere una situazione di sfascio ereditata da quattro anni di gestione folle della cosa pubblica. Ma lo scenario rischia di diventare esplosivo se non arriveranno precise risposte da Roma e da Bruxelles. (a sinistra, manifestazione in Grecia: tra poco la Sicilia sarà così?)

Non è un caso che la marineria si sia rivolta a Bruxelles. E’ il segno che i pescatori hanno capito due cose. Primo: che la Regione siciliana è in ‘bolletta’. Secondo: che la responsabilità di tutto quello che sta succedendo nel Mediterraneo è anche il frutto di un’Unione Europea che non ha mai avuto una politica mediterranea e che – come già ricordato – quando è intervenuta, per esempio, sulla pesca, ha creato solo ulteriori problemi alle marinerie del Sud Europa e, segnatamente, della Sicilia.

Leggiamo brutti ‘segnali’ dalle nostre parti. A Palermo i mille e 800 opera della Gesip, per ora, non pigiano sull’acceleratore della rivolta. Aspettano. Vogliono capire le intenzioni romane. Non pensano – non vogliono pensare – che Roma abbia in programma di mollarli.

I forestali, bene o male, sono stati pagati. Ma già si approssima la nuova stagione. Tra quattro-cinque mesi si ricomincia. Qualcuno pensa che, nella primavera prossima, circa 30 mila persone resteranno senza risorse?

Qualche mese prima – e precisamente a partire dall’1 gennaio del prossimo anno – esploderà la questione de precari degli enti locali. Fino ad oggi, bene o male, sono stati pagati. Sono circa 22 mila. Qualcuno, a Roma, pensa veramente di abbandonarli al proprio destino?

L’elenco potrebbe continuare con il 50 per cento e più dei Comuni siciliani. In decine di Comuni dell’Isola, da settembre, non si pagano gli stipendi al personale. E la situazione peggiore di giorno in giorno. Anche perché la Regione non ha ancora erogato i fondi previsti dalle leggi. Qualcuno a Roma pensa che i Comuni siciliani potranno fare a meno dei propri dipendenti?

Poniamo queste domande perché tutti i nodi che stanno venendo al pettine – anzi, perché tutti i nodi che sono venuti al pettine – sono il frutto di scelte che una dissennata classe politica siciliana ha adottato, negli ultimi quindici anni, di concerto con i vari Governi nazionali.

Tutte le leggi che hanno creato precariato, forestali, indebitamento di Comuni e Regione sono state avallate, se non volute, da Roma. Anche le leggi sul ‘Fermo biologico’ della pesca – un modo per non affrontare i problemi del settore, rinviandoli – sono state approvata da Roma e da Bruxelles.

Pensare, oggi, che la situazione è mutata perché sono arrivati Monti, la Germania della Merkel, la Bce, l’Fmi e ‘streghe’ varie, è troppo comodo. A Roma si debbono mettere in testa che la Sicilia di oggi è una polveriera. Il frutto di una politica sbagliata che i Governi nazionali e, per certi versi, anche Bruxelles, hanno condiviso.

Se Monti pensa di continuare a ‘spremere’ i siciliani per risanare i conti lo avvertiamo che sta pendendo un abbaglio.

 

 


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