La Sicilia scelta come Regione-cavia per il Fiscal Compact. Reggerà l’urto di 100 mila posti di lavoro a rischio?

Qualche giorno fa, commentando la bozza del Bilancio che il Governo ha inviato a tutti i dipartimenti della Regione, commentavamo la pressoché totale assenza di fondi per quasi tutti i settori dell’amministrazione: settori che, in Sicilia – Regione dove l’economia dipende, in buona parte dalla spesa pubblica – coincidono, in buona parte, con i settori economici.

Qualche giorno fa abbiamo ipotizzato circa 100 mila posti di lavoro a rischio. Oggi, alla luce delle scelte che il Governo nazionale sta adottando, possiamo affermare che la Sicilia potrebbe essere stata scelta come ‘cavia’ per provare gli effetti dell’entrata a regime del cosiddetto Fiscal Compact, il trattato internazionale che vincola il nostro Paese al pagamento di 50 miliardi di euro all’anno per 20. Insomma, il prezzo che l’Italia deve pagare per restare nell’area euro (abbattimento del 50 per cento circa del proprio debito pubblico in 20 anni circa).

Regione-cavia, dicevamo. Se la Sicilia resisterà, senza rivolte e senza eccessivi e incontrollabili disordini sociali, si proverà con le altre Regioni italiane.

La Regione siciliana è tecnicamente i default. Ma è un fallimento che non può essere dichiarato, non tanto perché scoraggerebbe gli investitori stranieri (che non ci sono, a parte le raffinerie, ipotizzate, tra le altre cose, da capitali un po’ ‘strani’…), quanto perché un default dichiarato della Regione siciliana farebbe schizzare all’insù lo spread dell’Italia.

Dunque, nessun default dichiarato per la Sicilia. Ma una cura da cavallo della quale non è facile definire i contorni. Come ricordato, qualche giorno fa abbiamo segnalato la mancanza di fondi per interi settori dell’amministrazione regionale: precari degli enti locali, forestali, precari della Regione, precari dell’Esa e dei Consorzi di Bonifica, precari degli Ato rifiuti, precari della sanità, dipendenti delle società collegate alla Regione e via continuando. Ma la nostra, con molta probabilità, è una stima in difetto. E non tiene conto degli effetti complessivi della manovra che proveremo a delineare per grandi linee.

Tanto per cominciare, gli effetti sui Comuni siciliani si annunciano più pesanti della perdita dei posti di lavori dei circa 23 mila precari. Questo perché nessuno, in realtà, conosce il reale deficit di ogni Comune e i contratti atipici che ogni Sindaco potrebbe avere stipulato.

Quello che potrebbe succedere in tanti Comuni siciliani lo si può ‘leggere’, tra le righe, osservando quello che è avvenuto negli ultimi mesi con le Province: l’Ars ha ‘cassato’ gli organi elettivi, ma il Governo ha tagliato non soltanto i fondi per pagare i presidenti, gli assessori e i Consigli provinciali, ma anche i fondi per pagare i dipendenti delle stesse Province e di dipendenti delle società e degli enti collegati alle stesse Province.

Il risultato è che, oggi, i dipendenti delle nove Province non sanno che fine faranno e non sanno nemmeno se riusciranno a mantenere il proprio posto di lavoro. E’ la stessa fine, grosso modo, che faranno i dipendenti di quei Comuni che la ‘riforma’ annunciata sempre dal Governo della Regione prevede di abolire (il riferimento è ai Comuni con un numero di abitanti inferiore a 5 mila unità).

Riassumendo, per la Sicilia si annuncia un autunno ‘caldo’ e un dicembre ‘bollente’.

A settembre rischiano di perdere il lavoro alcune categorie: gli insegnanti precari delle scuole provinciali (eclatante il caso dell’Istituto provinciale di Cultura e Lingue di Palermo), i mille e 850 dipendenti degli Sportelli multifunzionali (ai quali, nella migliore delle ipotesi, si prospetta il passaggio da un contratto normale a un contratto precario: e questo, pur in presenza di risorse finanziarie che il Governo regionale, evidentemente, vuole dirottare altrove), gli infermieri precari degli ospedali pubblici siciliani (non sappiamo quanti sono: ma sono tanti), i dipendenti dei Laboratori di analisi stimati in mille e 400 unità).

Già questo scenario si annuncia difficile. Ma i problemi seri si porranno a dicembre, quando a molti lavoratori – e qui siamo nell’ordine di svariate decine di migliaia – si renderanno conto che il proprio status potrebbe cambiare radicalmente.

Non solo. Roma ha annunciato che, anche il prossimo anno – sempre nel nome del Fiscal Compact – preleverà dal Bilancio della Regione una somma pari o maggiore di quella prelevata quest’anno (da 914 milioni di euro in poi).

Il prelievo che lo Stato si accinge a operare verrà attuato a valere sul’unica entrata certa della regione siciliana: le tasse e le imposte pagate dagli stessi siciliani. E siccome, anche a causa del prelievo di 914 milioni di euro operato quest’anno dallo Stato sul bilancio della Regione l’economia siciliana è depressa, le entrate fiscali della Sicilia dovrebbero subire una perdita di 4-5 punti. Dunque, lo Stato opererà un prelievo uguale, se non maggiore, su un ammontare che si è ridotto.

Ancora: noi abbiamo ipotizzato che, tra settembre e gennaio del prossimo anno, circa 100 mila lavoratori saranno a rischio (in realtà, l’impatto negativo potrebbe essere maggiore). Se ciò si concretizzerà, la Sicilia subirà un’ulteriore contrazione dei consumi con una perdita di posti di lavoro nel settore dei servizi.

Di più: a fronte di una riduzione, che per certi versi potrebbe essere drammatica, della domanda al consumo, Regione e Comuni aumentano la pressione fiscale sui cittadini.

Emblematico il caso di Palermo. Dove, di fatto, il Comune, per pagare i 2 mila e 700 ec dipendenti dell’Amia passati alla Rap, si accinge ad aumentare la tassa sui rifiuti.

Per non parlare dell’incredibile ‘novità’ annunciata in pompa magna dal Governo della Regione sul fronte farmaceutico. “I malati cronici e i malati oncologici – hanno annunciato trionfalmente il presidente Crocetta e l’assessore alla Salute, Lucia Borsellino – potranno ritirare i farmaci sotto nelle farmacie sotto casa e non più nelle farmacie ospedaliere”.

Dimenticando di aggiungere, come hanno fatto notare ieri i farmacisti precari, che i malati cronici e i malati oncologici, con questa ‘novità’, a partire da ottobre, pagheranno il ticket, che fino ad oggi non hanno pagato, su medicinali che costano un sacco di soldi. In pratica, il Governo regionale ha cercato di far passare una penalizzazione per malati cronici e oncologici – già penalizzati dalla loro situazione – per un fatto ‘positivo’…

Il tutto per cancellare 110 posti di lavoro dei farmacisti precari, per far guadagnare un sacco di soldi ai farmacisti e per far lievitare la spesa farmaceutica regionale (la Corte dei Conti lo segnalerà nel 2015, quando forse questo Governo Regionale non ci sarà più), visto che si andrà incontro ala solita iperprescrizione, con grande gioia di farmacisti e industrie farmaceutiche.

Il tutto in una Regione dove i fondi europei non si spendono anche perché gruppi di potere stanno provando in tutti i modi ad accaparrarseli (emblematico il caso della formazione professionale dove il Governo regionale, con incredibile cinismo, ritardando l’avvio della seconda annualità dell’Avviso 20, sta cercando in tutti i modi di costringere enti e società del settore a licenziare personale per ‘liberare’ risorse da dirottare altrove). E dove gli unici ‘investimenti’ sono rappresentati dai cantieri scuola.

Può sembrare incredibile. Invece di far partire la legge sul microcredito, che potrebbe dare ossigeno alle imprese creando pochi ma duraturi posti di lavoro, il Governo ha preferito puntare sui cantieri scuola, ovvero su quanto di peggio possa esistere: lavori, spesso finti, per due o tre mesi. Per 20 mila persone che, con molta probabilità, tra ottobre e novembre, reclameranno il ‘bis’ che andrebbe a coincidere con le elezioni europee…

La verità è che alla Sicilia, in un momento così difficile, non poteva toccare un Governo peggiore di quello di Rosario Crocetta.

 


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