La Sicilia non si fida dei farmaci generici Diffidenza costata 100 milioni nel 2014

Il pregiudizio dei siciliani comincia dal nome. Anziché equivalenti, chiamano i farmaci non griffati, generici. Un freno culturale che certo non produce effetti economici di grande rilevanze per le casse della Regione siciliana. L’equazione «costa meno ed è meno efficace» non esce dalla testa dei consumatori. Ma il farmaco equivalente costa meno anche perché ha perso il brevetto. Invece quello che perde il brand quindi finisce per arretrare, perché l’effetto trascinamento legato al prezzo commerciale fa la differenza. E nel 2016 è prevista la scadenza di molti brevetti per farmaci di uso comune che hanno esaurito il loro corso. Tra questi l’antistaminico Rupatadina, Bromuro (nome commerciale Alginor), il broncodilatatore Tiotropio, Travoprost, Apomorfina ed altri. 

In Sicilia la gente preferisce pagare la differenza tra il brand di marca e il generico di tasca propria. Tuttavia, a meno che il medico esprima chiaramente in ricetta la non sostituibilità con l’equivalente, nulla vieterebbe una scelta diversa. Questa diffidenza è costata quasi cento milioni di euro nel 2014. Una politica farmaceutica che stenta a prendere quota nell’isola, come conferma Roberto Tobia, presidente di Federfarma Palermo: «In Sicilia l’utilizzo dei farmaci generici non si è affermato come nel resto d’Italia. I dati pubblicati parlano chiaro: siamo intorno all’11 per cento della spesa rispetto alla percentuale media del resto d’Italia che arriva al 16 per cento. Il retaggio di diffidenza nasce da lontano, è culturale e poco fondato. Esiste un senso si sfiducia verso il generico. Eppure, in termini quantitativi e qualitativi non cambia niente; la bioequivalenza, la quantità di farmaco che arriva nel sangue, è identica. Senza dimenticare che, al di là della concentrazione ematica, ogni individuo risponde diversamente a un farmaco». 

La Regione svolge, in questa materia, un ruolo di vigilanza e di contenimento della spesa. I farmaci generici garantiscono un risparmio, mantenendo però elevato il raggiungimento dell’obiettivo terapeutico. La legge numero 135 del 2012 ha stabilito che per quanto riguarda la spesa farmaceutica territoriale – cioè quella delle Asp – le singole regioni non devono superare il tetto del 11,35 per cento del fondo messo a disposizione dello Stato. Le regioni si ritrovano dunque a dover ancor di più razionalizzare la spesa sanitaria, e in questa rientra pure quella per l’acquisto di farmaci. 

Il tetto di spesa del sistema sanitario nazionale per i farmaci è dato dal rapporto dei conti del settore (sul territorio e in ospedale) rispetto all’intera spesa sanitaria pubblica. La Sicilia, tra l’altro è una delle Regioni sottoposte a piano di rientro sulla spesa farmaceutica del 2014. L’imposizione di rigidi paletti è dovuta a spese considerate allegre, come quella per l’acquisto di farmaci destinati alla cura dell’osteoporosi. In passato la nostra Regionale risultò la prima come spesa oin questo ambito e sul banco degli imputati salirono i medici di base per in appropriatezza prescrittiva.  


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Nell'Isola la gente continua a preferire i prodotti di marca, nonostante quelli che hanno perso il brand hanno un prezzo inferiore e garantiscono gli stessi effetti. Secondo Federfarma «è un retaggio culturale». E nel 2016 sono in scadenza molti brevetti per farmaci di uso comune

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