Nel sistema ideato dal perugino Renzo Gatti e da altri imprenditori, un ruolo importante l'avrebbe avuto l'impianto siracusano di proprietà della società Hellatron. I moduli fotovoltaici, anziché essere trattati per recuperarne le materie prime, venivano venduti
La Sicilia nel traffico dei pannelli solari verso l’Africa Stabilimento a Siracusa falsificava il riciclo dei rifiuti
«Ne ho quattrocento che mi arrivano a fine settimana. Una bomboniera, arrivano dalla Sicilia. Se li vuoi però… soldi». Il messaggio di Renzo Gatti era chiaro: pagare moneta e vedere pannello. Il 52enne originario di Gualdo Tadino, in provincia di Perugia, è stato arrestato a metà gennaio con l’accusa di essere al vertice di un’associazione a delinquere dedita al traffico illecito di rifiuti a livello intercontinentale. Titolare della società Raeegest, Gatti è accusato, insieme ad altri imprenditori, di avere fatto fortuna con la vendita di pannelli solari in Africa e Medio Oriente. Sulla carta niente di strano, se non fosse che i pannelli sarebbero dovuti essere distrutti per recuperarne materie prime da riutilizzare. Un business illecito in cui avrebbe giocato un ruolo fondamentale lo stabilimento siracusano di proprietà della Hellatron Spa.
Situato nella zona industriale di contrada Targia, l’impianto dallo scorso giugno è stato affittato alla ditta 3R Ambiente, che ha preso in carico il personale della Hellatron, oggi in liquidazione. Ma è proprio quest’ultima azienda a essere, come si legge nelle carte dell’inchiesta Black Sun, il principale «canale di approvvigionamento» per il gruppo. Per i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Perugia sarebbe stato proprio in Sicilia, infatti, che i pannelli fotovoltaici dismessi, anziché essere trattati come rifiuti, prendevano una strada diversa. Il percorso prevedeva prima il transito da altri stabilimenti, dove venivano sottoposti a operazioni di pulizia e poi, con tanto di documentazione falsa ed etichette stampate da una tipografia compiacente, la sistemazione nei container in partenza dai porti italiani. Destinazioni principali Senegal, Burkina Faso, Nigeria, Marocco, Mauritania, Turchia e Siria.
Inconsapevole di avere il cellulare sotto controllo, Gatti propone la vendita dei pannelli a Driss Bouira, marocchino residente a Crevalcore, in provincia di Bologna. L’uomo è uno dei tanti soggetti interessati a comprare quelli che dovrebbero essere trattati come rifiuti Raee per rivenderli in Africa come apparecchiature di seconda mano. Nella primavera del 2018, a Bouira i carabinieri sequestrano un carico pronto per salpare da Genova verso il porto marocchino di Tangeri. A bordo, i carabineri trovano 182 moduli fotovoltaici, le cui matricole rimandano a impianti un tempo utilizzati da aziende di Catania, Scordia, Sclafani Bagni e Monreale.
Si tratta soltanto di uno dei sequestri effettuati dagli investigatori, ma la sensazione degli investigatori è che i viaggi andati a buon fine siano stati molti di più. Ciò che torna quasi sempre è invece l’attività dello stabilimento di Siracusa. A guidarlo, in qualità di procuratore speciale di Hellatron, era il 46enne veneto Matteo Massaro, coadiuvato dal 34enne siracusano Sebastiano La Rosa. Per il primo, il gip Piercarlo Frabotta ha disposto la custodia in carcere, mentre il secondo è stato sottoposto all’obbligo di dimora nel capoluogo aretuseo e di presentazione alla polizia giudiziaria.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Massaro avrebbe avuto il compito di dare il la al traffico illecito. L’impianto di contrada Targia riceveva i pannelli dismessi ufficialmente per sottoporli ai trattamenti previsti dall’Aia rilasciata dalla Regione Siciliana e utili a recuperare materie prime per percentuali superiori al 75 per cento. In realtà, però, i moduli fotovoltaici sarebbero stati semplicemente trasferiti a Gualdo Tadino, per essere stoccati nell’impianto della Raeegest, la società di Gatti, o in impianti simili di proprietà di altri membri dell’associazione a delinquere e situati a Parma e Casale sul Sile, nel Trevigiano. Al contempo, però, dallo stabilimento siracusano venivano rilasciate false certificazioni ai produttori del rifiuto – ignari, secondo i pm, di ciò che accadeva – utili a chiudere l’operazione di conferimento, così da poter recuperare le somme che il Gestore per i servizi energetici (Gse) trattiene per incentivare la corretta gestione del ciclo di vita dei pannelli. Una scelta che, ricorda il gip, deriva anche dalla «ormai nota presenza in molteplici Stati africani di megadiscariche costituite proprio da tali tipologie di rifiuti provenienti dai paesi dell’Ue».
Nell’inchiesta è finito anche un sequestro effettuato nel porto di Livorno. In quel caso i pannelli erano stati acquistati da Abdelkhalak Abiach, titolare di un’impresa individuale e ritenuto referente di organizzazioni criminali operanti tra la Mauritania e il Marocco. Nel container bloccato poco prima di partire, i carabinieri trovano oltre mille moduli. Molti dei quali provenienti da località siciliane, da Augusta a Carini, da Priolo Gargallo a Trapani. Anche in questo caso la prova arriva dal numero di matricola dei pannelli. In alcuni casi l’impianto di trattamento di Hellatron aveva dichiarato di avere recuperato materie prime per oltre l’87 per cento. A finire in Africa non erano soltanto pannelli ritenuti ancora «uno spettacolo», ma anche altri che, secondo gli indagati, riutilizzandoli, avrebbero potuto prendere fuoco.