Diffusi i dati sulle dichiarazioni riferiti al 2020. Nell'Isola quasi il 50 per cento sostiene di guadagnare fino a mille euro al mese. I numeri però hanno diverse sfaccettature, come spiega Maurizio Attinelli, coordinatore degli ordini dei Commercialisti di Sicilia
La Sicilia, l’evasione fiscale e i numeri sui versamenti Irpef All’orizzonte la stretta del governo sui pagamenti elettronici
L’Isola dei furbetti delle dichiarazioni dei redditi o quella di chi, con fatica, arriva a fine mese. Due punti di vista con cui leggere e analizzare i dati diffusi dal ministero dell’Economia sul pagamento dell’Irpef nel 2021, riferito al 2020, anno del primo lockdown per contenere i contagi da Covid-19. Stando a questi numeri, la Sicilia è una delle Regioni italiane in cui si evade di più il Fisco. L’Isola, con quasi tre milioni di contribuenti, contribuisce al versamento di 47 miliardi di euro di contributi. Da analizzare ci sono però gli scaglioni: quasi il 50 per cento dei contribuenti isolani dichiara di guadagnare da zero a mille euro al mese. La percentuale sale fino all’80 per cento considerando chi arriva fino a 2000 euro al mese. I super ricchi, con guadagni dorati da 25mila euro al mese, sono appena 677. Facendo un confronto con le altre regioni può essere fatto il paragone con il Veneto. Regione che, nonostante un tessuto produttivo diverso, ha più o meno lo stesso numero di abitanti della Sicilia. Se si considera lo scaglione fino a mille euro al mese l’Isola ha il 20 per cento di contribuenti in più in quella fascia, se si passa negli scaglioni dai mille euro in su mediamente la Sicilia ha il 50 per cento di dichiaranti in meno.
Negli ultimi anni, la Sicilia si era già attestata tra la quarta e la terza regione per evasione. Un euro su cinque si perde nell’economia sommersa. Un quadro allarmante in cui adesso si inserisce la stretta del governo di Mario Draghi sui pagamenti elettronici. Per la mancata accettazione di un pagamento con carta, di qualsiasi importo, a partire da fine giugno si applicherà la sanzione amministrativa di 30 euro, aumentata del 4 per cento del valore della transazione. Il vero nodo, considerato che ormai anche panifici ed edicole sono abilitate per il pagamento elettronico, è quello dei costi di commissione per le piccole cifre pagate dai clienti.
«Se devono pesare su commercianti e utenti siamo contrari – spiega Elio Piscitello, vicepresidente vicario Confcommercio Sicilia durante la trasmissione radiofonica Direttora d’aria, in onda su Radio Fantastica RMB – Bisogna aumentare il rimborso sui costi, soprattutto per quanto riguarda i micro-pagamenti. In alcuni Paesi si fa già così. Quello del pagamento elettronico lo vedo però più come uno strumento di comodità rispetto a qualcosa che sia effettivamente utile per combatte l’evasione». Per il vicepresidente «la preoccupazione sull’evasione fiscale non riguarda solo la Sicilia – spiega – La nostra Isola vive una lunga fase di recessione legata a un’assenza di lavoro su cui ha pesato ancora di più la pandemia. Le tasse vanno pagate e gli evasori vanno perseguiti ma non vorrei che si facesse questo sillogismo tra redditi bassi ed evasione, noi paghiamo anche i costi dell’insularità».
«L’evasione fiscale non si può negare ma, in regioni agricole come la nostra, c’è un elemento che rischia di alterare il quadro dei dati Irpef: gli imprenditori agricoli, infatti, non sono tenuti a dichiarare i propri ricavi al netto dei costi, ma il reddito catastale del terreno che è decisamente più basso», spiega a Direttora d’aria Maurizio Attinelli, coordinatore degli Ordini dei Commercialisti Sicilia – In generale, comunque, in 20 anni è cambiato il mercato del lavoro, sempre più globalizzato e speculativo, ma le politiche fiscali non si sono adeguate e si finisce per assegnare sempre ai poveri l’intera colpa dell’evasione. Quando, invece, bisognerebbe colpire di più le grandi imprese multinazionali. Sono loro che fanno i numeri e non il negozio sotto casa, per questo abbiamo chiesto una tregua fiscale e permettere di fare ripartire».