La “roba” di Raffaele Lombardo

“Roba mia, vieni con me”. Così, “ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini”, Mazzarò, protagonista di una celebre novella di Giovanni Verga, cerca di portarsi nell’aldilà la sua “roba” alla quale era legatissimo. Il paragone sarà un po’ sopra il rigo, ma a noi il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, ci ricorda tanto questo personaggio.

Lombardo – al quale auguriamo altri cento anni di vita – sta per lasciare il potere. La sua non è una scelta politica, ma l’effetto di una vicenda giudiziaria nella quale è coinvolto. In quattro anni d gestione della Regione ha accentrato nelle proprie mani tutto il potere della Regione siciliana.

Nella tormentata storia dell’Autonomia dell’Isola non c’è un presidente che ha nominato 12 assessori ‘tecnici’ al di fuori dell’Aula (anche perché, fino a prima della disgraziata legge che ha introdotto l’elezione diretta del presidente della Regione, i 12 assessori li eleggeva l’Aula). Lo ripetiamo: non si è mai visto, in Sicilia, un uomo che accentrato nelle proprie mani tutto questo potere.

Ormai siamo alle ultime battute di una stagione politica dalle moltissime ombre e dalle pochissime luci. Tra meno di venti giorni Lombardo dovrà rassegnare le dimissioni. Un ‘dramma’, per un uomo politico che, da quattro anni, ha fatto quello che ha voluto: cambio di giunte (quattro), cambio dei dirigenti generali, interventi diretti sugli assessori che non ‘obbedivano’ e, soprattutto, nomine.

Con l’assessore alla Salute, Massimo Russo, Lombardo ha già pronte le nomine dei direttori generali della sanità. Delle Aziende ospedaliere e delle Aziende sanitaria. E, forse, anche le nomine dei direttori sanitari e amministrativi delle stesse Aziende.

Ieri, su queste possibili nomine, è scoppiato il patatrac. La prima commissione dell’Ars ha provato a ‘cassare’ il disegno di legge blocca-nomine. Un provvedimento che dovrebbe ‘congelare’ fino a ottobre gli atttuali manager della sanità. E che dovrebbe consentire al prossimo Governo di sostituire tutti i nominati da Lombardo in questi ultimi mesi senza oneri finanziari per l’amministrazione.

Perché il vero problema è questo: l’aspetto finanziario. La Regione ‘viaggia’ su oltre 5 miliardi di euro di debiti. E mentre Lombardo e i suoi assessori parlano di “risanamento”, il Governo, negli ultimi tre mesi, non ha fatto altro che nomine di tutti i generi e di tutte le specie.

Il problema è serio. Come abbiamo raccontato nei giorni scorsi sul nostro giornale, se il Governo Lombardo dovesse nominare i nuovi direttori generali della sanità, questi avranno un nuovo contratto triennale. Se il futuro Governo dovesse decidere di mandarli a casa, dovrebbe comunque onorare il contratto: 750 mila euro cadauno (250 mila euro all’anno per ogni direttore generale).

La legge blocca-nomine serve soprattutto a questo: ad evitare che Lombardo nomini i nuovi direttori generali della sanità, lasciandoli in ‘eredità’ al prossimo Governo.

Perché Lombardo, che sta per uscire di scena, vuole a tutti i costi nominare i vertici della sanità siciliana? Pensa che il suo processo penale si risolverà in un nulla di fatto, consentendogli di restare nell’agone politico? Vuole lasciare i suoi compagni di partito ‘padroni’ della sanità siciliana? E fino a che punto è democratico un ragionamento simile?

In democrazia il potere viene esercitato da chi ha alle spalle un mandato popolare. Ormai diretto, nel caso dell’elezione del presidente della Regione siciliana. Perché mai Lombardo dovrebbe fare trovare al futuro inquilino di Palazzo d’Orleans la ‘minestra impiattata’ in un settore delicato come quello della sanità?

Torniamo a Mazzarò e alla sua “roba”. Lombardo sta uscendo di scena, ma pensa, immagina, sogna, s’illude di portare con sé tutta la sua “roba” politica: da qui la sua ossessione per le nomine. Se Mazzarò, al momento di passare a miglior vita, ammazzava “a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini”, ripetendo ossessivamente: “Roba mia, vieni con me”, Lombardo nomina, nomina, nomina…

 


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