La rete antiviolenza di associazioni e istituzioni «In sinergia per fermare un furto di emozioni»

Dall’attuazione della convenzione di Instanbul siglata a maggio del 2011 sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne sono passati vent’anni, nei quali mondo dell’associazionismo, istituzioni e società civile sono confluite in una vera e propria rete antiviolenza e Palermo ha giocato una partita importante. «Per la polizia il contrasto alla violenza di genere è dal 1999 fondamentale – racconta il questore Renato Cortese – Stiamo facendo uno sforzo per creare degli spazi neutri in ogni commissariato di Palermo e della provincia, in modo da ospitare in un luogo idoneo le donne vittime. Stiamo cercando di cambiare il linguaggio investigativo partendo dalla consapevolezza che le donne che ci chiedono aiuto non vengono a denunciare il furto di uno stereo, bensì il furto di emozioni».

Dal punto di vista amministrativo c’è la procedura di ammonimento che può essere emesso dal questore della provincia dove la vittima risiede: «È uno strumento che viene dato alla donna che non si sente pronta di affrontare un processo e già i risultati sono lusinghieri – sottolinea il questore – Abbiamo fatto il protocollo Eva, che viene inserito nella nostra banca dati e ogni volante che fa un intervento ad esempio per una lite può risalire a eventuali liti pregresse e a episodi di violenza all’interno di quel nucleo familiare. Io da questore spesso intervengo solo leggendo la relazione della volante prima ancora di aspettare l’iniziativa della donna». E fenomeni di violenza tra le mura domestiche sono in aumento e nei casi più estremi possono portare al femminicidio. «Anche i carabinieri mirano a porre in essere un’attività di prevenzione – afferma il tenente colonnello Salvino Macli, comandante del reparto dei carabinieri servizi magistratura di Palermo – e, a differenza della polizia, abbiamo incontrato difficoltà soprattutto a livello operativo, noi abbiamo un’organizzazione diversa sul territorio. Intanto abbiamo creato una sezione e atti persecutori che ha un approccio scientifico alla problematica. Sono state specializzate delle persone che fanno da punto di contatto nella rete antiviolenza. Anche l’approccio del carabiniere con la vittima dev’essere empatico, noi attuiamo un contatto anche con gli assistenti socio-sanitari, senza la rete avremmo oggettivamente delle difficoltà».

L’intervento di protezione sulla donna può avere a cascata effetti anche quando sono coinvolti dei minori. «La tutela di bambini e bambine è strettamente connessa alla donna – sottolinea Francesco Micela, presidente del tribunale per i minorenni di Palermo – e negli ultimi anni abbiamo preso diversi provvedimenti di decadenza di potestà genitoriale anche senza maltrattamenti diretti sui bambini. La Cassazione riconosce la violenza assistita anche quando ci sono dei minori. Il tribunale dei minorenni è chiamato alla sfida di adottare provvedimenti adeguati in modo tempestivo, soprattutto quando le situazioni sono complesse e in questo ci aiutano per la loro parte i servizi sociali. Devo anche sottolineare come il nostro collegio è composto da due giudici togati e due onorari (di cui una donna) e questa è una condizione di favore, ma prendiamo decisioni difficili e ci vuole un aggiornamento continuo». Ed è un lavoro di equipe quello che quotidianamente si svolge all’interno del tribunale minorile di via Malaspina.

«Nella rete ciascuno fa la sua parte e la procura dove lavoro si occupa di raccogliere le testimonianze anche di minori coinvolti a catena in fatti di violenza sulle donne – racconta Maria Vittoria Randazzo, procuratrice capo del tribunale dei minorenni – Voglio ribadire che il minore è una vittima come lo è una donna. Ritengo che sia fondamentale la creazione di altre case di accoglienza di coloro che subiscono violenza. Bisogna rendersi conto però quanto l’aspetto culturale sia importante e non bisogna sottovalutarlo. E insegnare ai bambini a rispettare il sesso diverso fin dalla tenera età». La tavola rotonda che ha messo a confronto le diverse sinergie istituzionali ed educative si è tenuta a Palermo all’ex convento dei Crociferi, dove è in corso una due giorni che si concluderà domani. «Bisogna inculcare il concetto di rispetto dell’altro – sottolinea anche Maurizio Gentile, responsabile dell’Osservatorio scolastico regionale -. Sembra facile ma è un passaggio fondamentale. Dobbiamo lavorare nella dimensione dell’exstra scuola, potenziando i raccordi con la rete e lavorando allo stesso tempo all’interno delle scuole per creare condizioni affinché nelle classi ci sia un riconoscimento di sé e dell’altro. Ecco perché facciamo questo lavoro fin dall’infanzia, non sottovalutiamo problemi della solitudine e la sempre più presente difficoltà a relazionarsi».

Anche le strutture mediche cittadine si sono attivate nella rete antiviolenza prima ancora con un progetto del 2005. «Questa procedura chiamata Verso – racconta Rosaria Licata, dell’Aoup del Policlinico di Palermo – si attiva quando una donna si rivolge al pronto soccorso: laddove c’è bisogno di un intervento, viene accompagnata in una parte specializzata dove operano il ginecologo, lo psicologo e il medico legale. Noi ci riuniamo periodicamente a livello cittadino e abbiamo anche una rete interna tra gli ospedali. Abbiamo ambulatori specifici che si occupano anche di donne migranti vittime di violenza. Nei centri e nelle città dove ci sono reti come questa di contro si segnalano anche tanti casi di violenza».


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