Scarpe di danza, nasi da clown, microfoni. In piazza c'è anche tutto il dietro le quinte che, di solito, non va in scena. «Chiediamo un tavolo di confronto con le istituzioni per trovare un accordo che tenga conto dei nostri bisogni». Guarda le foto
La protesta dei lavoratori del mondo dello spettacolo «Vogliamo decidere sulla ripartenza del nostro settore»
Sono molte le mani alzate in piazza Vincenzo Bellini, a Catania, nel giorno della mobilitazione nazionale delle lavoratrici e lavoratori del mondo dello spettacolo. Libri, scarpe di danza, nasi da clown, cartelloni. In tanti si sono mobilitati, tutti con la mascherina e rispettando le distanze sociali che il momento impone. Qualcuno tiene in alto un microfono, qualcun altro un elmetto, altri ancora attrezzi da lavoro. In piazza c’è anche tutto il dietro le quinte che, di solito, non va in scena.
Adesso la prospettiva è quello di uno stato di agitazione permanente. «Da ora in poi, continueremo a ripetere che vogliamo essere convocati a un tavolo di confronto tecnico- istituzionale per avere un dialogo, per chiedere di decidere noi stessi sul nostro settore – spiega a MeridioNews Rosario Calvagna, che rappresenta i tecnici siciliani dello spettacolo – Spesso, chi prende le decisioni non conosce davvero il nostro mondo, e dovremmo essere noi i primi a essere interpellati per trovare un accordo tra i nostri bisogni e le loro possibilità». La manifestazione era inizialmente stata annunciata solo a Palermo e, invece, «la Sicilia è stata l’unica regione ad avere due piazze – afferma – perché ci tenevamo a dare un segnale forte anche davanti al nostro teatro Bellini».
L’obiettivo della manifestazione, che si è tenuta oggi pomeriggio contemporaneamente in dodici diversi capoluoghi di provincia di tutta Italia, è fare in modo che venga ascoltata la richiesta dei lavoratori dello spettacolo di «partecipare attivamente ai progetti di ripartenza del nostro settore e che le istituzioni ascoltino i nostri bisogni», continua Calvagna. Tra le prime voci c’è, per esempio, quella del reddito di continuità «magari prendendo spunto dal modello contributivo e retributivo francese, che non vede il mondo dello spettacolo solo come un’azienda ma anche come cultura. Ed è così che va trattato – sottolinea – senza logica del profitto e dell’industria, ma per dare più cultura alla popolazione». Uno degli slogan della protesta – che è diventato anche un hashtag – è, infatti, #nondistanziaremastanziare.