La prima, grande barzelletta dell’anno firmata Enrico Letta : “L’Italia è uscita dalla crisi”…

IN QUESTO ARTICOLO DI APPROFONDIMENTO- CITANDO DATI E RAPPORTI DI CUI NON SENTIRETE PARLARE DALLA RAI E DALLE TV DI BERLUSCONI – AVRETE MODO DI LEGGERE PERCHE’ IL NOSTRO PAESE, NELL’ECONOMIA, NELLA FORMAZIONE UNIVERSITARIA E’ AGLI ULTIMI POSTI NEL MONDO

Qualche giorno fa, a seguito della dichiarazione del premier Letta durante l’incontro con il suo omologo spagnolo, LINKSICILIA ha pubblicato un articolo nel quale venivano riportati i risultati di alcuni studi dai quali si evinceva che la situazione, sia quella attuale che quella del prossimo futuro del Bel Paese, erano tutt’altro che rosee. Anzi, a dire il vero, stando ai dati pubblicati da fonti autorevoli (tra cui la stessa Commissione Europea), la situazione era di profonda crisi economica e sociale.

Ieri Enrico Letta, al termine di una missione di due giorni negli Emirati Arabi, ha affermato: “L’Italia nel 2014 ha la crisi dietro le spalle”.
“Con orgoglio – ha proseguito – ho spiegato che l’Italia è uscita dalla crisi con le sue forze, senza chiedere niente a nessuno, non abbiamo chiesto un Euro all’Europa. Guardiamo al futuro con fiducia”.

Ora, al di là del discorso sugli aiuti ricevuti dall’Italia e sui debiti che il nostro Paese ha contratto in questi anni (che ci riserviamo di approfondire a parte), quello che sorprende è l’ostinarsi nel voler presentare la situazione dell’Italia rosea e senza problemi. Sembra quasi di essere in un mercatino di provincia, dove il venditore cerca in tutti i modi di convincere i potenziali acquirenti che i prodotti in vendita nella sua bancarella sono migliori di quelli della concorrenza. Con la differenza che, stavolta, il sig. Letta non si trova di fronte uno sprovveduto acquirente, ma fior di economisti che conoscono alla perfezione qual è la realtà economica del Bel Paese e che, se investono in un settore, lo fanno solo dopo aver preso tutte le precauzioni per essere certi che il loro ritorno sia garantito.

A sentire certe presentazioni della situazione economica dell’Italia sembra quindi che, per una volta, ad essere preso in giro non sia l’acquirente, ma il venditore. Il quale, però, così facendo non fa altro che fare (e far fare a tutti gli italiani) una figuraccia.

E, allora, forse sarebbe bene leggere qualche altro dato per chiarire una volta per tutte qual è la reale situazione dell’economia italiana.

Forse, sarà giusto cominciare con un dato che certo interesserà chi volesse fare investimenti in Italia (soprattutto perché dovrà tenerne conto in fase di valutazione dei costi). Ebbene, in base ai dati dello studio Corruption Perceptions Index 2013, condotto da Transparency International, l’organizzazione no-profit che combatte la corruzione su scala mondiale, su 177 Paesi, l’Italia è al 69esimo posto. Il grado di corruzione in Italia oggi risulta essere tra i più alti anche in rapporto agli altri Paesi d’Europa: peggio di noi soltanto Romania, Bulgaria e Grecia.

C’è solo una graduatoria che vede il nostro Paese al primo posto assoluto in Europa: nei primi 6 mesi del 2013, l’Italia ha un’economia sommersa pari al 21% del Prodotto Interno Lordo (340 miliardi di Euro all’anno). Le imposte annualmente sottratte all’erario ammonterebbero, Euro più Euro meno, a 180,9 miliardi, conteggiando sia quelle dirette che indirette. E’ quanto emerge da una nuova indagine effettuata dal Centro Studi e Ricerche Sociologiche “Antonella Di Benedetto” Krls Network of Business Ethics per conto di “Contribuenti.it Magazine” dell’Associazione Contribuenti Italiani.
L’indagine, basata sui dati ministeriali, delle banche centrali, degli istituti di statistica e delle Polizie tributarie degli Stati europei, dimostra che l’economia sommersa del nostro Paese è circa il doppio di quella di altri Paesi come la Francia o la Germania, ovviamente meno allettanti per gli investitori stranieri dell’Italia… almeno secondo Letta.

Chi intendesse investire a medio e lungo termine in un Paese, certamente porrebbe la propria attenzione sulla possibilità di reperire manodopera e personale qualificato sul territorio. Ebbene, forse al premier Letta sarà sfuggito il dodicesimo rapporto dell’OCSE, “Education at a glance”, che ha classificato l`Italia al 24esimo posto su 27 Paesi per la qualità degli insegnanti della scuola primaria e al 23esimo per le superiori. Tra i Paesi più industrializzati la percentuale dei laureati del Bel Paese sarebbe tra le più basse: tra i 25 e i 64 anni sarebbero il 15%, contro una media Ocse del 31%.

Dati sorprendenti, ma, purtroppo, confermati dallo studio dell’Isfol-Piaac (Programme for the International Assessment of Adult Competencies), relativo al periodo 2011-2012. Ad esempio, per quanto riguarda le “competenze alfabetiche”, su una scala da zero a 500, il punteggio medio degli adulti italiani è pari a 250. E va peggio per la “matematica”, dove la media italiana sarebbe di 247. La vetta della classifica è occupata da Paesi come Giappone o Finlandia dove, secondo l’OCSE, un diplomato avrebbe capacità alfabetiche paragonabili a quelle di un laureato italiano…..

Ovviamente, la colpa non è solo dei giovani (come pure qualcuno al Governo ha più volte cercato di far credere). La colpa è delle scuole e delle università e di chi scrive i loro piani formativi. A proposito di università, va detto che le nostre non possono essere certo considerate un vanto per il Bel Paese dato che, secondo la classifica “Times Higher Education University Ranking”, che ogni anno stila la sua classifica dei migliori atenei del mondo, il miglior (si fa per dire) ateneo italiano sarebbe l’università di Trento, ma solo al 221esimo posto. Il declino italiano è evidente: sono solo 15 gli atenei presenti nelle prime 400 posizioni e tutti in fondo alla classifica: dopo Trento, l’Università di Milano-Bicocca al 235esimo posto, l’Università di Torino al 247esimo e giù discendendo. Forse, per chi volesse effettuare grossi investimenti nel Bel Paese, sarebbe meglio cercare personale qualificato altrove.

Anche le infrastrutture sarebbero oggetto di valutazione da parte dei potenziali investitori. Ebbene, oltre ai dati già forniti nell’articolo sopra citato, altri dati potrebbero essere utili per valutare se l’Italia è o meno appetibile e quale sia realmente la sua condizione. Ad esempio, nel settore telecomunicazioni, la diffusione della banda larga in Italia è molto indietro: le più rosee previsioni (rapporto Caio) parlano di un 50% della popolazione raggiunta entro i prossimi tre anni (il Bel Paese occupa “solo” il 50esimo posto nella graduatoria). E certo chi volesse promuovere lo sviluppo chiedendo agli investitori di venire in Italia, non potrà dir loro di aspettare tre anni. Sempre ammesso che queste opere siano realizzate da privati. Sì, perché, dopo aver cercato tra i fondi strutturali, secondo il presidente del Consiglio, «investire in diffusione della larga banda è la grandissima priorità del Paese. I privati devono fare gli investimenti, ci aspettiamo che ne facciano di più di quanto fatto finora».

Il commissario UE al Lavoro, Lazlo Andor, ha presentato il rapporto 2013 su occupazione e sviluppi sociali: ebbene, dai dati dell’UE, risulta che l’Italia spicca per alta disoccupazione. Anzi, per essere più precisi, nello studio si dice che l’Italia è il Paese che ha conosciuto dal 2008 il declino più elevato della situazione sociale di chi lavora, con oltre il 12% degli occupati che non riesce a vivere del proprio stipendio (figurarsi quelli che un lavoro nemmeno ce l’hanno).

In Europa, dal 2008 al 2012, il numero di persone a rischio di povertà ed esclusione sociale è salito vertiginosamente (un quarto della popolazione europea è a rischio indigenza!) e l’Italia, con Grecia e Irlanda, è tra i Paesi dove la situazione è peggiorata di più. Lo conferma anche l’ISTAT: l’Italia è sempre più povera (nel 2012 il reddito delle famiglie è diminuito rispetto all’anno precedente). Reddito più basso significa meno potere d’acquisto e quindi economia in stallo. E lo afferma uno studio recente di Confcommercio, che ha previsto un aumento del carico fiscale per le famiglie italiane “almeno” fino al 2016. “Si conferma – scrive Confcommercio – l’intenzione di continuare ad utilizzare la leva fiscale per far quadrare i conti pubblici invece di attuare quelle riforme indispensabili per sostenere famiglie e imprese e far ripartire l’economia”. Per contro le famiglie saranno sempre più povere: negli ultimi sei anni il reddito pro capite si è ridotto del 13%. La conseguenza è, come è facile prevedere anche per chi non è un esperto economista (come quelli al governo), un calo preoccupante e costante dei consumi. E questo dovrebbe attrarre gli investitori stranieri? Probabilmente Letta non ha visto le percentuali (anche queste in crescita esponenziale) di quelli che ormai sono costretti a mangiare cibo scaduto per sopravvivere…

Ma, forse, il motivo per cui il Premier non era a conoscenza dei risultati di questi studi è dovuto al fatto che sono stati poco diffusi dai media. Forse sarà stata una distrazione (collettiva?), ma di certo un altro dei problemi del nostro Paese, almeno dal punto di vista dei cittadini, è che esiste un’altra classifica in cui l’Italia occupa condizioni piuttosto basse: quella della libertà di stampa. Secondo la classifica stilata ogni anno da Reporter sans frontier, l’Italia occupa il 61esimo posto (nel 2010 era al 50esimo), ben al di sotto di tutti i principali Stati europei, con Finlandia, Norvegia e Paesi Bassi ai primissimi posti, la Francia in risalita e così la Spagna. Certo a chi dovrà decidere se investire in Italia o altrove, interesserà sapere che Stati africani come Capo Verde e la Namibia sono tra i primi venti Paesi (ovvero non esistono limitazioni all’attività giornalistica) e che l’Italia, invece, no, e per di più è in netto calo.

La lista delle classifiche che vedono l’Italia ricoprire posizioni sempre più preoccupanti sarebbe lunga. Resta da notare il fatto che, così come hanno fatto i suoi predecessori prima di lui, ogni qual volta che un nostro premier va all’estero, conclude i suoi incontri presentando la situazione del Bel Paese come “assolutamente positiva” e “in miglioramento”, ben sapendo (se non fosse così, allora la situazione sarebbe ancora più grave) che, invece, l’Italia sta attraversando una crisi economica di rilevanza storica, con pochi precedenti e che, anzi, la situazione sembra peggiorare. Ma quale venditore “porta a porta” potrà mai ammetterlo a chi gli ha aperto?

L’unica differenza (ma anche questo pare che i nostri governanti non lo abbiano ben compreso) è che quelli a cui hanno bussato non sono casalinghe sprovvedute (ammesso che le casalinghe siano mai state tali), ma lupi che sanno bene qual è la realtà e che non vedono l’ora di azzannare l’Italia per spolpare quel poco che ancora resta attaccato all’osso.

 

 

 

 

 

 

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