L’elezione del presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, Gaetano Galvagno, ha messo sotto la luce del sole una spaccatura all’interno della maggioranza che sostiene il Governo di Renato Schifani. Divisione resa palese dal leader indiscusso di Forza Italia, sul territorio nostrano, Gianfranco Micciché al punto da affermare: «sono fuori da questa squadra». Alla base, la definizione della […]
La pillola del giorno dopo alla prima dell’ARS. Micciché spacca, Galvagno gode. Scontro Lo Giudice-Barbagallo
L’elezione del presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, Gaetano Galvagno, ha messo sotto la luce del sole una spaccatura all’interno della maggioranza che sostiene il Governo di Renato Schifani. Divisione resa palese dal leader indiscusso di Forza Italia, sul territorio nostrano, Gianfranco Micciché al punto da affermare: «sono fuori da questa squadra». Alla base, la definizione della giunta. A metterlo alla porta, le scelte effettuate. Niente scranno più alto a sala d’Ercole ma neanche incarico di assessore. Una posizione inaccettabile, per un fuori classe e stratega della politica come Micciché che non ha mancato di mostrare subito la propria posizione. La seconda votazione per l’esponente di Fratelli d’Italia, tanto caro a Ignazio La Russa, destinato già dalla campagna elettorale a direttore dei lavori d’Aula, è avvenuta in maniera matematica grazie al sostegno dell’opposizione. Ma leggendo le schede, sono emerse pure le preferenze andate ad altri deputati, con i singoli voti per i democratici e quelle schede bianche in numero pari alla componente stellata.
Ed è così che, già dalla prima seduta, lo sguardo è andato alle due forze capitanate da Cateno De Luca: Sud chiama Nord e Sicilia Vera. Sospetti in parte respinti dagli stessi interessati che, a muso duro, hanno risposto al segretario del Partito Democratico Anthony Barbagallo. «Comprendo il nervosismo dell’onorevole Anthony Barbagallo – ha detto Danilo Lo Giudice coordinatore dei gruppi parlamentari dell’ex sindaco di Messina – che ha registrato l’ennesimo fallimento del suo ruolo politico di segretario regionale del Pd, dopo la sonora sconfitta elettorale per non aver potuto far cuocere a fuoco lento una maggioranza apparentemente spaccata sull’elezione del presidente del parlamento siciliano. Non abbiamo accolto anche l’invito di Barbagallo di votare in modo difforme da come avevamo già deciso nell’ambito dei nostri due gruppi parlamentari, ovvero astensione alla prima votazione formalmente rilevata e scheda bianca alla seconda votazione. Non ci sono dubbi che la nostra presa di posizione di essere conseguenziali e coerenti a quanto dichiarato pubblicamente non ha consentito al segretario del Pd Barbagallo di intavolare una trattativa al rialzo con la maggioranza per riservare qualche blasonato strapuntino da assegnare ai più veterani parlamentari del Pd. Se ne faccia una ragione l’on. Barbagallo, con noi in Parlamento la musica è cambiata sia per la maggioranza che per la finta opposizione. E questa è una ragione in più per staccare il biglietto di solo andata per Roma dove la politica parolaia avrà sicuramente più successo rispetto al nuovo quadro degli assetti del Parlamento siciliano. Forse per la prima volta nella storia del parlamento siciliano è mancata la notte dei lunghi coltelli che precedeva l’appuntamento conclusivo per l’elezione del presidente del parlamento siciliano e anche di questo l’on. Barbagallo se ne dovrà fare una ragione».
Intanto proprio dopo le operazioni di voto, davanti alla stampa in sala rossa, lo stesso neo eletto presidente dell’ARS, non ha fatto mistero dell’amicizia con Danilo Lo Giudice ma soprattutto ha calmato gli animi. «Probabilmente – ha dichiarato Galvagno – c’è stato un apprezzamento dell’opposizione per il lavoro magari svolto negli ultimi cinque anni. Ribadisco la mia grande apertura nei confronti dell’opposizione. Per me non sono opposizioni, i parlamentari sono tutti uguali e in Aula avranno le stesse prerogative. Sono tutti identici».