Per giorni è rimasta alla deriva sotto il controllo della Guardia costiera di Catania, ieri l'armatore turco è tornato in possesso dell'unità cargo. L'intenzione sarebbe trainarla fino all'Isola del Mediterraneo. Il ministero rassicura su una supervisione con mezzi aerei. Ma il rischio è che, una volta lontana dall'Italia, nessuno controlli
La nave semi affondata è stata agganciata Direzione Cipro, dubbi sul suo monitoraggio
Destinazione Cipro. Sembra questa la meta finale della nave cargo Mustafà Kan, semi affondata il 23 settembre a largo di Avola, nel Siracusano, con il suo carico di ottomila tonnellate di fosfato di ammonio, un fertilizzante considerato dalle autorità e anche dagli ambientalisti non inquinante. A bordo però resterebbero anche un centinaio di tonnellate di idrocarburi, tra carburante, oli lubrificanti e prodotti chimici per la manutenzione, su cui Legambiente chiede un attento monitoraggio. Per sette giorni l’enorme mezzo, lungo 136 metri, è rimasto alla deriva, spostandosi verso Nord sotto la costante supervisione della Guardia costiera di Catania. Solo ieri l’armatore turco e la compagnia assicuratrice responsabile sono tornati in possesso dell’unità navale e l’hanno agganciata con l’obiettivo di raggiungere Cipro.
Lo rende noto il ministero dell’Ambiente. «È stato così scongiurato, con un ottimo lavoro di squadra delle nostre strutture coadiuvate dal reparto ambientale marino, del comando generale delle capitanerie di porto e delle autorità marittime di Siracusa e Catania – spiega il ministro Gian Luca Galletti – il rischio che la motonave alla deriva potesse avvicinarsi alle coste italiane e in particolare alle vicine aree marine protette del Plemmirio e delle Isole Ciclopi».
In realtà l’incidente – una falla nella sala motori secondo le prime ricostruzioni – è avvenuto quando la nave cargo si trovava già in acque internazionali, ma ad appena una ventina di miglia dalla costa siciliana. Motivo per cui è scattato l’intervento delle autorità italiane. E adesso chi controllerà che la Mustafà Kan arrivi davvero alla destinazione annunciata, senza sversare gli idrocarburi che porta nei serbatoi? «Noi – spiega il comandante della Guardia costiera di Catania, Fabrizio Colombo – continueremo a vigilare finché ce ne sarà bisogno, fino a quando cioè l’unità navale può rappresentare un potenziale rischio per l’interesse dell’Italia».
Finora nessuna sostanza inquinante sarebbe finita in mare. A tal proposito il ministero rassicura che «continue verifiche saranno effettuate attraverso il sorvolo delle aree interessate dal tragitto della motonave nonché dalle ricognizioni satellitari già attivate». In realtà un limite stabilito non c’è, non trovandosi in acque territoriali. Quando la Guardia costiera etnea smetterà le attività di monitoraggio, la nave potrebbe continuare il viaggio senza alcun controllo. Al momento, infatti, non ci sono in corso confronti con autorità di altri Paesi del Mediterraneo. «In ogni caso – precisa il comandante Colombo – sono impegnate società specializzate in rimorchio e salvataggio di questi mezzi, in grado di portare in sicurezza la nave a destinazione».