La mega truffa all’Inps, il ruolo dei patronati I consigli interessati per aumentare gli introiti

Nel «sistema in cui vincevano tutti, tranne cittadini», secondo definizione del procuratore capo di Patti, un ruolo centrale hanno svolto i patronati. Si parla della mega truffa all’Inps, a Messina e provincia, che ha coinvolto 102 persone, tanti sono gli indagati, e prodotto 33 ordinanze di misura cautelare. Tra queste ultime, in particolare tra i cinque finiti agli arresti domiciliari, ci sono anche Vincenzo Princiotta, la moglie Ilenia De Luca e Rosaria Lo Presti. Il primo, 34enne consulente fiscale di Sant’Agata di Militello, è legato a un patronato di Brolo. L’ultima ne dirige uno a Patti. Stando alla ricostruzione degli investigatori, è da lì che traeva continua linfa l’organizzazione capace di sfornare decine e decine di indennità illecite: pensioni di invalidità civile, indennità di accompagnamento, lo status di portatore di handicap. 

I patronati sono sul territorio il riferimento per moltissimi cittadini che hanno bisogno di consulenza, assistenza e tutela, per avviare pratiche confidando pure in un risparmio. «Enti che – sottolinea il giudice nell’ordinanza – sono senza fini di lucro e dovrebbero finanziarsi attraverso una quota del gettito contributivo complessivo incassato da Inps e Inail». Ma questi introiti non sono uguali per tutti, bensì variano sulla base dell’attribuzione di punteggi legati alla loro attività. E per ogni pratica conclusa con successo, cioè finanziata, il punteggio sale. Motivo per cui i due patronati finiti nell’inchiesta Pathology avrebbero passato i clienti all’organizzazione guidata dal medico Francesco Piscitello e dalla compagna, l’avvocata Anna Ricciardi, sicuri che mettendo le pratiche in mano alla coppia, e ai loro canali preferenziali, le percentuali di successo sarebbero aumentate. «A loro volta – sottolinea il giudice per spiegare l’estensione di questa rete di contatti – anche i due patronati risultano fare ricorso a collaboratori esterni per indirizzare da loro quelli che intendono avanzare istanze di carattere previdenziale, o addirittura per prospettare a terzi la possibilità dei facili guadagni conseguibili, a spese della collettività, per il tramite del collaudato meccanismo criminale».

Il patronato di Brolo Enac è gestito di fatto da Genoveffa Scaffidi Chiarello, detta Genny, colpita da obbligo di dimora, e un ruolo di primo piano riveste Ilenia De Luca, moglie di Vincenzo Princiotta. Per il gip «è ragionevole ritenere che parte delle pratiche previdenziali di fatto gestite dallo studio di consulenza fiscale Princiotta, vengano formalmente prese in carico dal patronato Enac». Ed è proprio da un’intercettazione in cui De Luca invita una cliente e rivolgersi all’avvocata Ricciardi per la parte legale, che emerge il rapporto di stretta collaborazione tra il patronato e l’organizzazione: «Io – dice la donna – ti posso garantire che se va a ricorso con I’avvocato migliore, Anna Ricciardi, la pratica la vince… vuoi perché ti fa fare tutti i documenti in regola, vuoi che c’è il dottore Piscitello, vuoi perché è così… però – precisa parlando del compenso – Anna vuole la metà. Tu puoi fare ricorso dove vuoi, ma se me lo lasci a me, sappi che glielo passo ad Anna, io ti posso garantire che con Anna alla fine… perché Anna…», segue una pausa di silenzio e il finale: «A parte che a te non t’interessa, a te deve interessare la metà dei soldi e 500 euro al mese». 

Rapporti analoghi, secondo la Procura, intercorrono tra l’avvocata Ricciardi e il patronato La Rinascente di Patti, al momento delle indagini gestito da Rosaria Lo Presti. Ad esempio, a conclusione di una pratica chiusa con la liquidazione di 22mila euro a un suo assistito, Ricciardi chiede all’uomo di darle subito un acconto sul pagamento, di prelevare «tremila euro, perché a Rosaria qualcosa gliela deve dare». Per gli inquirenti Rosaria è proprio Lo Presti, che aveva seguito l’istanza di quel cittadino. «L’indagine – scrive il giudice – ha permesso di cogliere l’impegno profuso dai componenti del patronato La Rinascente per assicurarsi l’esito favorevole del procedimento e per lo snellimento dei tempi tecnici per la liquidazione delle somme dall’Inps, trascendendo sovente da quella che è l’attività burocratica tipica di un patronato». E per arrivare all’obiettivo, il patronato avrebbe potuto contare sulla collaborazione di due funzionari dell’Inps – il direttore dell’ufficio di Barcellona Pozzo di Gotto Antonino Ventura e la funzionaria di quello di Patti Margherita Salpietro (entrambi indagati e sospesi dalla loro attività professionale) – che, si legge nell’ordinanza, «soprattutto su impulso dell’avvocato Ricciardi, provvedono a spianare la strada all’attività del patronato (ad esempio, accelerando i tempi delle liquidazioni, fornendo informazioni sul possesso di requisiti dei soggetti richiedenti) ed al contempo a sponsorizzare il patronato Lo Presti, agevolando parallelamente l’attività dell’avvocato Ricciardi che ne cura i ricorsi previdenziali».

Ma c’è di più. Perché sembrerebbe che i due vertici dell’organizzazione, Ricciardi e il medico Piscitello, avrebbero dovuto incassare una somma derivante dagli introiti arrivati ai patronati per la loro attività e grazie ai loro alti punteggi. «Io – dice il medico in riferimento al patronato di Princiotta, su cui comincia a nutrire delle perplessità – gliel’ho detto per chiarire i punti, a me non interessa niente: quello che è loro è loro, e quello che è mio è mio. E devono restituire i soldi dati anche eh! Cioè siamo a fine anno, si fa la chiusura di contabilità. Noi abbiamo messo X, ci prendiamo quello che abbiamo messo. Tu – continua rivolgendosi all’avvocata Ricciardi – non ti dimenticare che lui ci ha provato più di una volta a buttare la battuta: “Alla fine quanto restano? Ottomila, novemila euro… benissimo! Va bene, ce lo spartiamo! Ci facciamo una mangiata… oppure lasciali lì, lì reinvestiamo nel patronato”». Col dottor Piscitello che chiosa: «Sta minchia Ii reinvestiamo nel patronato!».


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