L'operazione Iddu della Direzione distrettuale antimafia ha fatto luce sul gruppo attivo nel comune ionico e legato alla famiglia etnea di Cosa nostra. La cittadinanza subiva la presenza della cosca: tra omertà e la fruizione di servizi collaterali
La mafia di Riposto tra droga, pizzo e recupero crediti Coniugi La Motta rappresentavano i Santapaola in paese
Iddu e Idda. Pronomi che bastavano a indicare chi comandava e dimostrano come siano ormai superati i tempi in cui i ruoli che potevano essere svolti dalle donne, all’interno della criminalità organizzata, erano limitati. L’ultimo esempio arriva dall’operazione portata a conclusione oggi dai carabinieri di Giarre: un blitz di dieci minuti, in piena notte, che ha portato alla cattura di 21 persone, due delle quali dimoranti rispettivamente a Milano e Lecce. Nell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catania è coinvolta anche un’ulteriore persona, per la quale è stato chiesto un mandato di arresto europeo in quanto l’indagato si trova fuori dal suolo italiano.
Procura e carabinieri hanno fatto luce sul giro di affari portato avanti nel territorio di Riposto dal gruppo guidato da Benito La Motta, 62enne che all’anagrafe è registrato come Benedetto. L’uomo è considerato il referente dei Santapaola-Ercolano nella località ionica. È La Motta a essere indicato come Iddu nelle intercettazioni. Il 62enne, che si trova già in carcere, è sposato con Grazia Messina, Idda. La donna, anche lei raggiunta dalla misura cautelare in carcere, avrebbe preso il timone del clan nel momento in cui il marito è finito dietro le sbarre. Una gestione che definire ponte sarebbe riduttivo: Messina, infatti, si sarebbe occupata della cassa comune, ma avrebbe anche dato indicazioni precise. Un esempio è dato dal pestaggio di un rapinatore, punito per avere colpito in un esercizio commerciale il cui titolare, in cambio del pagamento del pizzo, era finito sotto la protezione del gruppo ripostese dei Santapaola-Ercolano.
Estorsioni e droga erano tra le principali attività che garantivano le risorse economiche alla cosca. Se nel primo caso è emersa l’omertà che contraddistingueva le vittime, intimorite dalle possibili ritorsioni che sarebbero potute seguire a eventuali collaborazioni con le forze dell’ordine, il secondo ha ribadito come la vendita degli stupefacenti rappresenti una voce fondamentale per gli introiti della mafia. A Riposto le piazze di spaccio erano attive a tutte le ore del giorno e della notte, garantendo un servizio costante e organizzato. Ma l’inchiesta ha fatto emergere anche un ulteriore aspetto del rapporto intrattenuto tra parte della cittadinanza e la criminalità organizzata: gli uomini di La Motta, infatti, avrebbero offerto anche un servizio di recupero crediti presentandosi, per conto terzi, davanti a chi era restio a saldare i propri debiti. L’attività di pacificazione, in un caso, si sarebbe manifestata all’interno di una pizzeria dove uno degli arrestati è arrivato dopo avere saputo di un disguido tra titolare e cliente. L’uomo, a equilibrio ripristinato, avrebbe dato il proprio numero di telefono al titolare nell’eventualità avesse altre esigenze in futuro.
Tra gli indagati raggiunti dalla misura cautelare, infine, c’è anche Antonino Marano. Conosciuto come il killer delle carceri, Marano ha trascorso mezzo secolo in galera. Ed è lì che gli è stata notificata l’ultima ordinanza. Qualche mese fa, è stato indicato come l’autore dell’omicidio del 27enne Dario Chiappone, avvenuto a Riposto nel 2016. A ordinare il delitto – motivato da vicende sentimentali ed economiche – sarebbero stati La Motta e il 62enne mascalese Paolo Censibella.