Vincere la crisi economica creando una nuova razza di lumaca (per errore) e vendere le sue uova in barattolo a 1500 euro al chilo. Succede a Campofelice di Roccella, ed è la storia di tre giovani imprenditori: Davide Merlino e i fratelli Michelangelo e Giuseppe Sansone. Amici inseparabili dalla nascita e oggi protagonisti indiscussi dell’elicicultura in Italia. «Non abbiamo mai preso un centesimo di fondi pubblici fino ad ora, la nostra è una start up realizzata interamente con fondi privati – spiega Davide Merlino – io per primo quando abbiamo iniziato mi sono dovuto fare un prestito personale».
I tre ragazzi hanno cominciato quasi per gioco inventandosi non solo un lavoro ma anche un metodo di allevamento che nessuno prima di loro aveva mai sperimentato. I tre amici erano del tutto inesperti ma dotati indubbiamente di una buona dose di coraggio. «La prima volta che Michelangelo mi parlò di un allevamento di lumache – racconta Davide – l’ho preso per pazzo e l’ho mandato a quel paese in malo modo. Poi mi ha convinto e abbiamo cominciato a investire in questo strano progetto. Quando abbiamo iniziato non pensavamo che allevare lumache ci avrebbe letteralmente cambiato la vita. I primi anni sono stati un vero disastro perché non avevamo alcuna esperienza, poi sono arrivati i primi riscontri del mercato ma il vero successo è stato l’invenzione del caviale di lumaca».
Tutti in Sicilia siamo più o meno abituati a mangiare i babbaluci. Inusuale rimane invece l’idea di allevarli. Di solito le lumache vengono raccolte allo stato selvatico e vendute cotte o crude dai fruttivendoli, con una procedura non priva di rischi. La lumaca è infatti uno degli animali più resistenti in natura, che sopporta e ben digerisce anticrittogamici e pesticidi di ogni tipo, li accumula al suo interno e una volta mangiata può rivelarsi un concentrato di veleni. La lumaca d’allevamento presenta invece numerosi vantaggi, tra cui l’accesso al cibo incontaminato e la selezione della razza, che neanche i suoi produttori avevano all’inizio ben compreso.
«Quando abbiamo iniziato nel 2006 è stato un disastro perché non avevamo nessuna esperienza e tutte le lumache sono morte, così per contenere le spese abbiamo deciso di mischiare alle lumache francesi, che avevamo importato per l’allevamento, alcuni esemplari autoctoni raccolti in natura. Abbiamo così involontariamente creato un incrocio. Cioè una chiocciola che ha un sapore molto particolare e ha preso la robustezza della selvatica e il gusto delicato della francese. L’abbiamo chiamata lumaca madonita e adesso ci fa fare la differenza sul mercato. Con l’Università di Palermo abbiamo anche avviato la pratica per inserirla a pieno titolo nell’elenco delle nuove specie. E pensare che tutto è iniziato per gioco».
Oggi i tre ragazzi insegnano ad allevare lumache e sono diventati un vero e proprio caso di studio. Dieci anni fa hanno creato il primo forum on line di elicicultura per diffondere la cultura dell’allevamento della lumaca, da lì cominciarono ad arrivare a Campofelice curiosi e appassionati da tutta Italia per conoscere il loro metodo. Adesso lumaca madonita si occupa anche di progettazione e consulenza per la creazione di nuovi allevamenti e poi si impegna ad acquistare tutto il raccolto dei conferitori. Una sorta di cantina sociale delle lumache.
Il caviale di lumaca è il loro prodotto di punta, destinato all’alta ristorazione e a chef del calibro di Carlo Cracco. La produzione del caviale di lumaca dura più di due mesi e un vasetto da 20 grammi contiene da sei a otto covate. «Siamo stati i primi produttori in Italia – afferma con orgoglio Davide – è il prodotto che più ci dà soddisfazione, Coldiretti ci ha riconosciuto un importante premio per l’innovazione e ci ha aperto la strada verso il mercato dell’alta ristorazione». I ragazzi hanno inoltre ideato una linea di pregiati cosmetici a base di preziosa bava di lumaca e sembrano essere in piena espansione con progetti e prodotti innovativi come sughi pronti a base di carne di lumaca: «Il mercato è ancora in crescita perché non tutti mangiano le lumache o comunque non le consumano abitualmente. A chi non le ha mai gustate consiglio di assaggiare i nostri sughi pronti o mangiarle impanate e fritte, una vera delizia».
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