La lotta della Procura di Agrigento all’abusivismo Nasce il comitato contro le ruspe: «Le fermeremo»

A Licata, un piano terra di 105 metri quadri rifinito in contrada Poliscia, due piani terra rifiniti ed adibiti ad abitazione in contrada Gallodoro, un piano terra rifinito di 128 metri quadri e un piano terra grezzo di 97 metri quadri in contrada Pisciotto, due piani terra rifiniti, rispettivamente di 138 e 109 metri quadri a Torre di Gaffe, un semicantinato di 230 metri quadri rifinito e adibito ad abitazione in contrada Montesole, un piano terra di 107 metri quadri rifinito e destinato ad abitazione in contrada San Nicola e un primo piano grezzo in via Padre Italia, nel centro cittadino. 

Sembra il depliant di un’agenzia immobiliare, invece è l’elenco dei primi dieci edifici dei quali è stata ordinata la demolizione da parte della Procura di Agrigento. Tutti già acquisiti al patrimonio comunale e quasi tutti costruiti in violazione del vincolo paesaggistico (contravvenendo, cioè, al parametro dei 150 metri dal mare); alcuni anche di quello archeologico. È di oggi, poi, il protocollo stipulato tra il procuratore aggiunto Ignazio Fonzo ed il sindaco di Licata Angelo Cambiano, che prevede che tutti i manufatti abusivi presenti nel territorio della città in relazione ai quali sia già intervenuta una sentenza definitiva dovranno essere rasi al suolo dal Comune. 

Vengono, inoltre, stabilite tre fasce di intervento: la prima, che individua gli immobili che violano il vincolo di inedificabilità assoluta; la seconda, riferita alle costruzioni che ricadono nelle aree di inedificabilità relativa; la terza, categoria residuale, comprendente tutti gli altri fabbricati abusivi. Nell’intesa tra Comune e Procura si precisa, infine, che si prescinderà dal criterio cronologico a fasce nel caso di immobili edificati nell’ambito di lottizzazioni non autorizzate. Il Comune di Licata, che conta nel proprio patrimonio 200 stabili abusivi, appalterà i lavori di abbattimento il prossimo 30 ottobre. 

Per il sindaco Cambiano è una bella gatta da pelare e la memoria torna a quell’ormai lontano autunno 2001, quando vennero appaltate ben 78 demolizioni, ma alla fine ne vennero eseguite soltanto cinque: una villetta e quattro scheletri. E se in quell’occasione lo scontro fu tra i proprietari incatenati alle proprie abitazioni e l’esercito, oggi si è costituito all’uopo il Comitato per la Tutela della Casa, rappresentato da Angelo Curella. Le parti in causa, ossia il sindaco Cambiano e gli abusivi, hanno già avuto modo di incontrarsi al Palazzo di Città; da un lato i proprietari colpiti dal provvedimento, che reclamano un intervento della Regione e vogliono fermare le ruspe a qualsiasi costo, dall’altro il primo cittadino e la giunta, che hanno già stanziato 498mila euro per le demolizioni. 

Situazione tipicamente tragica e sicula, dove tutti hanno ragione ma nessuno può fare diversamente. Secondo Curella, «la somma predisposta dall’amministrazione è fuori bilancio, e ad aggravare la situazione interverrebbero le contestazioni già mosse dalla Corte dei Conti; inoltre Cambiano sembra proprio non volersi prendere la responsabilità di fermare le ruspe, nonostante abbia inserito nel programma elettorale proprio la messa a punto di soluzioni in questo senso». Una vicenda spinosa, dunque, nella quale entrano in gioco tanti punti di vista: dal continuo mutamento di indirizzo del Legislatore, alle esigenze di tutela paesaggistica, passando per la posizione di chi fa valere il proprio diritto alla casa. 

Nel frattempo, emerge che, ad esempio, a Palma di Montechiaro, ossia uno tra i Comuni destinatari dell’azione della procura assieme ad Agrigento, Realmonte e Licata, gli immobili abusivi acquisiti al patrimonio municipale sono ben 900, mentre in tutta l’isola ammonterebbero a 770mila. A Licata, il comitato case abusive è sul piede di guerra, ma prospetta anche una soluzione. «Ci batteremo per contrastare le ruspe con comunicati, manifesti e azioni: non staremo di certo con le mani in mano. Proponiamo anche un’alternativa: l’utilizzazione degli immobili a fini di pubblica utilità, destinandoli a scuole o guardie mediche». In questo caos viene fuori anche la figura di Angelo Balsamo, ex primo cittadino di Licata eletto nel maggio 2013 per poi finire in manette dopo qualche mese e dimettersi nel luglio 2014. «Balsamo, a suo tempo – continua Curella – si è posto come un vero e proprio paladino di questa causa: aveva pensato, infatti, di acquisire i fabbricati abusivi e rivenderli agli stessi proprietari: a questo punto molto meglio lui, come sindaco. Volendo, gli escamotage si trovano».


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