Una speciale recensione all'ultimo lavoro del regista in nomination al Festival di Cannes viene dal nostro blogger Sergio Salomone, nel suo spazio su CTzen Del mio mejo. Appassionato cinefilo, «potrete capire quanto ormai mi sia difficile rimanere stupito guardando un film», spiega. Eppure questo ha fatto colpo. E ci spiega perché
La grande bellezza, manierismo e malinconia «Lopera di Sorrentino è gioia visionaria»
Cari vertebrati,
non faccio il critico cinematografico, anche se mi sarebbe piaciuto.
Sostanzialmente mi ha scoraggiato guardare Fuori orario di Ghezzi, perché il più delle volte non riuscivo a comprendere dove volesse andare a parare il sommo esperto della settima arte.
E, in realtà, a lui interessava non giungere a nulla. Il fuori sincrono riassumeva egregiamente, a livello metaforico, la mia reale capacità di intendere.
Osservando Ghezzi, criptico come lOracolo di Delfi, ho pensato che commentare un film fosse un affare da setta segreta. Pochi iniziati scrivono molte righe; sostanzialmente incomprensibili. Quindi mi sono accontentato di essere un fruitore di sguardi.
Per un periodo sono stato onnivoro: cinematograficamente parlando. Ho saccheggiato videoteche e finanze. Ho guardato i grandi comici: Chaplin, Keaton, Lloyd, i fratelli Marx; ji espressionisti tedeschi: il primo Lang, Wiene, Pabst; i grandi visionari: Bunuel, Fellini, Welles, Bergman; i rivoluzionari: Truffaut, Penn, Scorsese; ji illuminati: Wilder, Lubitsch, Ophuls; i megalomani: Coppola, Malick, Cimino; i leggeri: Capra, Cukor, Minnelli; ji anomali: i Coen, Tarantino, Cronenberg, Cassavetes.
Nomi amati, incompresi, cercati, rimasticati. Nomi a volte legati ad ununica scena, così perfetta, da rimanere impressa, indelebilmente, nella mia memoria.