La dura vita del character

Due anni all’interno del Parco divertimenti più amato dai bambini di tutto il mondo, un’opportunità formativa a contatto con persone di ogni nazionalità e cultura. Dario Preite racconta la sua esperienza lavorativa a Disneyland Paris tra piacevoli ricordi e bizzarri aneddoti della sua vita da Tigro.
 
Dario puoi raccontarci cosa facevi e come vivevi all’interno del Parco? Usufruivi degli alloggi per i dipendenti?
Per quanto riguarda l’alloggio la situazione era un po’ critica perché ognuno di noi divideva un monolocale con una persona a lui totalmente sconosciuta; all’inizio è stata dura. A me è capitato di dividere la stanza con uno spagnolo con il quale la convivenza non andò bene. Il lavoro è già molto stressante di suo, in più, ti ritrovi a vivere a stretto contatto, privato della tua privacy, con un estraneo. Se si incontrano coinquilini scontrosi, diventa difficile.
Per quanto riguarda invece il mio lavoro al parco, ho iniziato come character anche se, una volta là puoi fare tante altre cose, come fare l’accompagnatore di guest importanti. A me in effetti capitò una volta di poter accompagnare Antonio Banderas e Melanie Griffith.

Come si svolgevano le tue giornate?
Dopo un breve periodo iniziale come Tigro, durante il quale facevo trenta minuti di show e trenta di pausa nel backstage, ho avuto l’opportunità di iniziare a lavorare in boutique.

E’ quindi possibile cambiare attività lavorativa all’interno del parco stesso?  
Si, all’interno del parco si ha la possibilità di cambiare occupazione a seconda del contratto che si firma. Alle volte si è vincolati nel dover aspettare sei mesi o un anno prima di poter fare altro.

Lo stipendio che percepivi era sufficiente al sostentamento della tua nuova vita all’estero? Hai trovato un vantaggio economico nel passare dal ruolo di character a quello di commesso?
La paga riconosco che non era un granché. Si parla di 960 euro netti per un semplice member. La differenza di guadagno tra le diverse occupazioni è minima. Si tratta di 50, 60 euro circa in più passando da character ad altro incarico. Resta comunque un guadagno assolutamente insufficiente se si considera che bisogna pagare 230 euro solo per l’alloggio da dividere, tra l’altro, con un collega. Oltre a questo bisogna pagare vitto e tutte le ulteriori spese necessarie. Cosa non facile in una città come Parigi in cui la vita è certamente molto più cara che a Catania.

Come definiresti la tua esperienza lavorativa alla Walt Disney?
Utile, ma avendo la possibilità di guardarsi intorno è bene cercare altro. Io, infatti, grazie alla mia esperienza come commesso dentro la boutique ad Eurodisney, dopo due anni, ho trovato lavoro in un’altra boutique, la Cerruti jeans.
La cosa buona di Disneyland è che ti forma tanto per via dell’organizzazione a dir poco perfetta. Sono molto rigorosi e intransigenti riguardo alle regole, quasi come nell’arma. La mattina mi passavano una scheda telefonica sul viso per controllare se la barba fosse fatta. Non capisco perché ad Eurodisney nessuno deve portare la barba quando invece i bambini conoscono e adorano Babbo Natale che di barba ne ha parecchia!

Vista la tua esperienza di due anni a Disneyland, definiresti questo lavoro più divertente o più impegnativo?
È sbagliato pensare che chi lavora a Disneyland svolga occupazioni semplici e divertenti solo perché si trova all’interno di un Parco giochi. Si tratta di un lavoro molto stressante con orari e regole ferre; bisogna mantenere sempre il sorriso sulle labbra anche quando le persone si avvicinano per chiedere una banale informazione. Capita spesso che i bambini ti trattino meglio degli adulti, pronti invece ad insultare il pupazzone che chiede di rispettare la fila per una foto. Posso dire che ad Eurodisney ho acquisito una qualità in più, che prima non avevo, che è quella della pazienza. E poi è utile sia per la formazione in ambito lavorativo sia per migliorare la conoscenza delle lingue.

I character sono personaggi muti. Chi parte per fare il personaggio è quindi limitato rispetto ad altri colleghi nell’apprendimento delle lingue? Cosa ci racconti della tua breve esperienza come Tigro?
Inizialmente da character mi hanno formato sul personaggio, su come dovevo muovermi, atteggiarmi per imitare il cartoon… Ad esempio Tigro, come tutti gli altri personaggi, aveva la sua firma. Il mio compito era solo quello di muovermi da Tigro, prestarmi alle foto con i turisti o semplicemente lasciarmi assalire dalla foga dei bambini nel vedere i loro cartoni preferiti in carne ed ossa.

È dura la vita sotto quel costume di peluche?
Si incontra di tutto, dai bambini che ti abbracciano e baciano a quelli che ti tirano calci e pugni. Tutti ti guardano come fossi realmente una star e all’inizio è strano abituarsi al fatto che gli altri vedono Tigro e non Dario. Il ruolo del character è comunque il meno difficile e impegnativo perché si fa mezz’ora sul palco e mezz’ora fuori nel backstage anche se diventa più pesante d’estate per via dei costumi. In inverno si lavora otto ore al giorno e una di pausa più due giorni liberi settimanali, mentre in estate si passa alle dieci ore lavorative e tre giorni liberi la settimana.

Chi erano i tuoi colleghi: giovani studenti come te oppure ragazzi già laureati?
Lì ho incontrato di tutto, studenti ma anche gente laureata. La mia scelta è stata quella di partire per fare un esperienza diversa, per vivere in un paese diverso dall’Italia anche perché il sistema burocratico e governativo in Francia è totalmente diverso dal nostro. Di buono ho riscontrato la possibilità di poter progredire in ambito amministrativo all’interno di una stessa azienda come la Walt Disney.Se fossi rimasto là con gli anni sarei potuto diventare team leader, ovvero vicecapo, e poi manager. Se in Italia siamo destinati a mantenere i nostri ruoli a vita senza possibilità di andare molto avanti, salvo raccomandazioni, in Francia ho riscontrato un’ apertura diversa ai giovani nel mondo del lavoro. Così, infatti, a Disney, per meritocrazia, si ha la possibilità di fare carriera all’interno del Parco.

Come mai hai scelto di tornare in Sicilia dopo due anni di lavoro ad Eurodisney? E cosa diresti a quanti come te hanno oggi la possibilità di partire per lavorare d Eurodisney?
Tante persone rimangono. Ciò che personalmente mi ha spinto a tornare è che si tratta comunque di un lavoro stressante. Si vive in “un mondo a sé” dove si ha la possibilità di incontrare tantissime persone, affezionarsi a loro (colleghi con contratti a sei mesi costretti a lasciare il parco) ma doverli poi salutare per sempre. Resta comunque un’esperienza che consiglio: si impara presto a parlare più lingue ma soprattutto ad adattarsi ad ogni situazione, a confrontarsi con tante persone anche di cultura differente dalla nostra. Ricordo ancora quando ho assistito in diretta Tv al crollo delle Twin Towers. Stavo parlando con un marocchino, una persona colta, istruita, cordiale. E’ stato uno scambio tra due culture diversissime: lui musulmano, io cattolico.


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