Il presidente della Regione, dopo essersi difeso sui media, si presenta in aula, l'unica sede dove potrebbe essere formalmente sfiduciato, per riferire sul caso della presunta intercettazione choc col suo medico personale Matteo Tutino. In aggiornamento
La difesa di Crocetta all’Ars, la diretta «Non mi dimetto per tutelare me e voi»
«Lucia Borsellino va fermata, va fatta fuori come suo padre». Per giorni, dopo la pubblicazione sull’Espresso di questa frase che sarebbe stata pronunciata dal primario di villa Sofia Matteo Tutino al telefono con Rosario Crocetta, il presidente della Regione non ha fatto altro che difendersi. Saltando da una televisione all’altra, nelle radio, sui principali giornali nazionali. Raccontando di aver pensato anche al suicidio, idea messa da parte solo grazie all’intervento del procuratore di Palermo Francesco Lo Voi che ha smentito l’esistenza agli atti della sua procura di quella intercettazione. Oggi il governatore, incurante delle pressioni che arrivano dal Partito democratico – che gli chiede, ancora non formalmente, un passo indietro – continua la sua difesa davanti all’Assemblea regionale siciliana, l’unica sede dove potrebbe essere sfiduciato.
ore 14.10 – Crocetta conclude il suo lungo discorso, durato quasi un’ora, tra gli applausi di una parte dell’aula.
ore 14 – Un lungo passaggio è dedicato alla mafia. «Non sono figlio di potenti famiglie e questo mi rende ostile al solo vero cerchio magico che continua a esistere in Sicilia, quello degli affari che collude con la massoneria deviata e a volte con gli affari mafiosi di una Cosa nostra che non è più stragista ma intarsiata negli affari anche della Regione. E che sa sapientemente orchestrare i giochi utilizzando tutti gli strumenti, spesso senza consapevolezza degli utilizzati». Quindi ricorda la testimonianza di un collaboratore di giustizia al tribunale di Firenze che risale ad aprile del 2014. «Ha raccontato che esiste un progetto per eliminare Crocetta che è un condannato a morte, una sentenza di morte che non può essere revocata, sin dal 2005 quando Crocetta licenziò la moglie del boss Emmanuello. Chi l’ha emessa è morto nel dicembre 2008 in un conflitto a fuoco con la polizia, i famigliari fecero scrivere sulle prime pagine dei giornali che il mandante della morte di Emmanuello era Crocetta. Lo stesso collaboratore disse che bisognava avviare una campagna denigratoria nei confronti di Crocetta e che quando non avrebbe avuto più incarichi isituzionali doveva essere ucciso fingendo un incidente in modo da non morire come eroe dell’antimafia».
ore 13.55 – Crocetta punta il dito contro un lungo elenco di nemici. «Io non ci sto al massacro della Sicilia e del popolo siciliano, alla campagna denigratoria contro di me, a chinare la testa ai potenti di sempre, sono un uomo libero, pago qualche mia ingenuità, vi chiedo perdono per questo. Ma non accetto che coloro che si sono battuti contro di me, come alcuni gruppi editoriali interessati ai termovalorizzatori in Sicilia, siano tra i protagonisti dell’affossamento dei governi siciliani».
ore 13.45 – Crocetta sottolinea più volte di non voler parlare di politica, ma torna sulla lista dei risultati centrati, come «l’85 per cento dei fondi erogati spesi nella programmazione europea, cinque anni prima era al 12 per cento». E urla: «Non si può dire che questo governo non ha fatto la lotta alla mafia, mi si citi quale regione, governo nazionale o Comune ha fatto queste cose – urla -. Ci sono tante cose che ancora non vanno, come affermava Pasolini “di tante cose io so ma non ho le prove”».
ore 13.40 – Dopo la strenua difesa sulla vicenda dell’intercettazione, il presidente ricorda gli «atti concreti del suo governo». Le denunce sul sistema Giacchetto, sul Ciapi, sulla Formazione, «il tetto massimo dei compensi dei dirigenti regionali a 160mila euro l’anno, i più bassi d’Italia», «il taglio netto dell’ufficio stampa in cui 21 giornalisti erano inquadrati come capo redattori che qualche odio me l’ha creato», «il taglio delle spese della comunicazione e dei consulenti», «il licenziamento ex Pip con 416 bis collocati in quasi tutte le cosche di Palermo».
ore 13.35 – «Scopro dai giornali che il cerchio magico è composto in Sicilia dal mio medico personale e da un suo amico. Vedo che la percezione dell’indignazione si è molto elevata, con Cuffaro il cerchio magico era costituito dalla mafia, da gruppi di affari siciliani e nazionali. Tutino era anche amico di Cuffaro». Il riferimento all’ex governatore della Sicilia, condannato per favoreggiamento alla mafia, fa scattare le critiche di una parte dei deputati presenti. Di fronte ai fischi, Crocetta precisa: «Non mi accanisco nei confronti di una persona che sta pagando le sue responsabilità». Quindi torna sulla sua vita privata: «Frequentavo Tutino ogni 15 giorni nel suo studio dove venivo accompagnato dalla mia scorta. Le forze dell’ordine registrano tutto quello che succede a casa mia, fantasie sulla mia vita privata non se ne possono fare. Nessuna vita può essere più chiara della mia».
ore 13.30 – «Quella intercettazione non c’è. Quindi non posso dimettermi, non sono interessato a poltrone e carriere politiche future. Due anni e mezzo di martirio sono sufficienti a togliermene la voglia. Ho ricevuto attacchi di fuoco amico e solidarietà insospettabili. La deriva populista e la rapida richiesta di andare al voto è irricevibile perché è strumentale e interessata. Non posso che respingerla per tutelare non solo me stesso ma tutti noi e voi. Nessuno può pensare di essere un uomo libero se vince questo gioco machiavellico».
ore 13.25 – «Ci sono poteri occulti che minacciano la democrazie e una parte della politica non riesce a difendere uomini delle istituzioni. Un tempo uomini di governo non esprimevano giudizi se non in presenza di fatti conclamati. I falsi scoop non possono decidere le sorti dei governi. Rivendicare l’autonomia della politica significa dare certezza ai cittadini. In questo Paese si vede decidere se la bufala di un giornale è la verità o quella che viene dall’attenta valutazione della magistratura».
ore 13.20 – «Mi sono sentito come il lebbroso in pieno Medioevo che non può affacciarsi al balcone perché ha la preoccupazione di percepire sguardo ostile o insulti. Nella calunnia è importante far uscire notizie false in modo eclatante perché tanto le rettifiche non hanno mai lo stesso spazio. La vita di un uomo ha un senso se si lega all’onore e alla libertà. Alla libertà ho rinunciato da tempo, da quando a Gela vivevo come un detenuto con vetro antikalashnikov, ma all’onore non posso rinunciare».
ore 13.15 – «Ho vissuto i momenti più terribili della mia vita, come se avessi rivisto un film diverse volte proiettato attraverso il quale l’attacco al presidente della Regione diventa attacco alle istituzioni elette democraticamente dal popolo siciliano». È iniziato l’intervento del presidente Crocetta.
ore 12.50 – mentre si attende ancora l’arrivo di Crocetta, che ha annunciato di essere a Palazzo dei Normanni ma non si è ancora presentato in aula, il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha annunciato di aver «avviato accertamenti preliminari» sulla presunta intercettazione pubblicata dall’Espresso della telefonata tra il presidente della Regione e il medico Matteo Tutino.
ore 12.25 – prima di passare all’ordine del giorno, viene letta una lettera di Fabrizio Ferrandelli. Il deputato del Pd conferma le sue dimissioni dall’Ars, che sono state già bocciate due giorni fa dall’aula. Ma, di fronte alla reiterazione delle dimissioni irrevocabili, il presidente Giovanni Ardizzone spiega che «l’assemblea non può che prenderne atto. All’attribuzione del seggio vacante si procederà successivamente».
ore 11.50 – Grande folla in sala stampa all’Ars per seguire il discorso di Crocetta. Ma il governatore non è ancora arrivato a Palazzo dei Normanni.