La demagogia sulle libere professioni

da Santi Trovato
presidente dell’Ordine degli ingegneri di Messina
riceviamo e volentiari pubblichiamp

Il 2 febbraio scorso in Commissione Giustizia, al Senato, sono prepotentemente emerse le grandi contraddizioni contenute nel DL 1 /2012 (decreto sulle liberalizzazioni) che, a più voci, tutte le categorie professionali hanno evidenziato al Governo Monti.
Occorre chiarire all’opinione pubblica che quando si parla di liberalizzazione delle professioni si parla di un falso problema perché, ad esempio, gli Ingegneri sono di fatto già una categoria liberalizzata. Per gli Ingegneri non esiste tirocinio; gli iscritti all’Albo sono 228.000, e meno del 10% di loro svolge la professione perché “ereditata dai genitori”.
Le libere professioni non possono essere regolamentate come se fossero attività commerciali, in quanto coinvolgono diritti come quelli alla sicurezza ed alla salute pubblica che sono espressamente riconosciuti come diritti costituzionali; ricordiamo, ad esempio, l’obbligatorietà della progettazione in zona sismica, riservata in esclusivo ad Ingegneri ed Architetti iscritti agli albi.
Andare oltre questi elementi significa solo smantellare un sistema professionale e sociale che garantisce l’interesse collettivo e pubblico, senza tra l’altro proporre alternative praticabili. Significa accettare, ancora di più, lavoro a prezzi stracciati e concorrenza sleale: senza minimi tariffari chi controllerà e regolerà il diritto al giusto compenso? Significa violare i principi della libera concorrenza (le professioni intellettuali sarebbero in mano ai grandi gruppi industriali-economici che, d’accordo tra loro, stabilirebbero quando e come pagare il lavoro svolto). Significa violare il principio del diritto al lavoro per centinaia di migliaia di giovani laureati ed altrettante centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici impegnati nell’indotto e negli studi professionali.
Al fine di risolvere e chiarire la confusione, che ha radici nel Decreto Bersani del 2006, e che vede le problematiche professionali affrontate da Commissioni che nulla hanno a che fare con le problematiche degli ordinamenti professionali, l’Ordine degli Ingegneri di Messina proporrà, tramite i propri Organismi Nazionali, che le Commissioni di merito alla Camera e al Senato della Repubblica presso le quali trattare il tema della Riforma delle Professioni, siano le Commissioni Parlamentari Giustizia e non più le Commissioni Industria.
A tal uopo ricordiamo che gli Ordini sono organismi sottoposti alla vigilanza del Ministero della Giustizia e non sottoposti alla vigilanza di Ministeri dell’Economia e Industria. Chiediamo pertanto alla Deputazione nazionale di farsi parte attiva e ristabilire in capo alle Commissioni parlamentari Giustizia di Camera e Senato la competenza ad affrontare il tema della Riforma delle Professioni.
Difendere il diritto al lavoro di migliaia di professionisti non è difendere interessi corporativi ma difendere, anche e soprattutto, il diritto alla sicurezza e alla salute pubblica.

 

Redazione

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