La Curia di Palermo tra messe, grida e fame

Un donna che piange e impreca in chiesa durante la Santa Messa. Ha importanza se “fa sempre così”, come ha detto qualcuno, commentando l’articolo che abbiamo scritto qualche giorno fa? Non è forse il segno dei tempi? Non è forse un avvertimento ai potenti della nostra città, sempre più chiusi nei fortilizi dell’egoismo e preda di quella che Guido Ceronetti, traducendo un passo del Qoelet, definisce “fame di vento”? Noi ci siamo limitati a descrivere – di certo con i nostri limiti, che sono tanti – i fatti accaduti nella chiesa di San Giuseppe dei Teatini, a Palermo, durante la celebrazione della Santa Messa dedicata all’Immacolata Concezione. Qualcuno ha visto la volontà, da parte nostra, di mettere in cattiva luce il sacerdote sull’altare. Nulla di tutto questo. Ci siamo limitati soltanto a riportare fedelmente le sue parole. Nulla di più o di diverso. Solo i fatti. La cronaca.
Raccontando questi fatti, di certo non piacevoli, abbiamo solo tentato di gettare una pietra nello stagno dell’indifferenza che avvertiamo come inquietante presenza nel nostro tempo. E nella nostra città. Una donna, un essere umano che durante la Santa Messa impreca contro i dolori della sua vita, che dice di avere fame e non sa a chi rivolgersi non può passare nel silenzio. Non ci rechiamo a ‘vivere’ la Santa Messa anche per riflettere sul nostro comportamento verso il prossimo? Il segno di pace che ci scambiamo non è, anche, un messaggio di speranza per far prevalere, in tutti noi, le ragioni della comprensione e della solidarietà?
Nessun attacco a nessuno, allora. Tanti lettori si sono avvicinati al nostro quotidiano. Se abbiamo contribuito, nel nostro piccolo, a far riflettere su quello che avviene a Palermo in questo inizio di nuovo Millennio, ebbene, la cosa ci rende felici. I mass media, oltre che a informare, non debbono aiutare tutti noi a pensare anche agli altri? Ci sono dubbi sul fatto che, negli ultimi anni, la povertà, a Palermo, è in spaventoso aumento? Dobbiamo infilare la testa sotto la sabbia, come gli struzzi, facendo finta di non vedere quanto accade intorno a noi?
Anche noi, nel sentire le imprecazioni di questa donna, ci siamo sentiti indifferenti. E’ stato un attimo: per un attimo abbiamo provato a girare la testa dall’altra parte. Perché la povertà, l’indigenza e la fame vera e nera, quando te le sbattono davanti, mettono in imbarazzo. Sono frustate alla nostra coscienza. Più comodo, molto più comodo, in questi casi, rifugiarsi nell’ipocrisia. E’ facile inveire contro i farisei, un po’ più difficile non imitarli davanti a certe scene crude. O no?
Tornando a casa, dopo la Santa Messa, ci siamo chiesti se raccontare o meno quello che avevamo visto. Ci abbiamo riflettuto su. Poi abbiamo deciso di scrivere. Per metterci in mostra, come qualcuno ha scritto nei commenti? Ci siamo lasciati trascinare dalla vanità? Ma è poi vanità raccontare un fatto che, senza la nostra cronaca, sarebbe stato inghiottito dal nulla? Il dibattito che, nel nostro piccolo, abbiamo sollevato non è forse meglio del silenzio?
Nulla, lo ripetiamo, contro il sacerdote che celebrava la Santa Messa. Del resto, un ministro di nostro Signore Iddio sa – deve sapere – come utilizzare le parole. Dentro e fuori la chiesa. Prima, dopo o durante la celebrazione della Santa Messa. Ognuno, quando utilizza le parole, si assume le proprie responsabilità.
Proprio ieri il nostro quotidiano ha pubblicato un’inchiesta su come, a Palermo, vengono utilizzate le ingenti risorse pubbliche per i cosiddetti servizi socio sanitari. I soldi sono tanti: 77 milioni di euro più 15 milioni di euro di debiti fuori bilancio per quest’anno. Un fiume di denaro gestito dall’amministrazione comunale. Abbiamo scritto – ieri, ma anche nei giorni passati – che in città hanno chiuso i battenti decine di case famiglia che non ricevono più i fondi dal Comune di Palermo. La cosa è molto strana, perché di soldi ce ne sono tanti.
La cosa ancora più strana è che, mentre non si trovano i soldi per pagare alcune delle strutture socio sanitarie convenzionate con il Comune, spuntano invece le risorse – tante risorse finanziarie – per pagare strutture private non convenzionate con lo stesso Comune. Il tutto ricorrendo al giochetto dei debiti fuori bilancio. Uno stratagemma per riempire di soldi anche chi, a quanto pare, non avrebbe il titolo giuridico per poterli ricevere. Il dubbio è che si toglie ai poveri e agli ultimi per dare non abbiamo capito bene a chi (anche se lo possiamo immaginare).
Ebbene, davanti a tutti questi fatti – aumento delle povertà, ‘saccheggio’ delle risorse destinate agli ultimi e dirottate chissà dove, con chiare responsabilità da parte dell’attuale amministrazione comunale di Palermo – non abbiamo sentito nemmeno una sola parola da parte dei vertici della Curia Arcivescovile della nostra città. Da quei ‘Palazzi’ da dove un tempo arrivavano parole ferme contro i prepotenti e contro chi si arricchiva in modo spropositato vivendo nell’egoismo più cieco, arrivano oggi silenzi o, al massimo, parole di rito che fanno il paio con le retoriche e ‘gesuitiche’ filastrocche di certi ‘professionisti dell’Antimafia’, per dirla con Leonardo Sciascia.
Poi scopriamo pure che la stessa Curia Arcivescovile di Palermo, dopo quarant’anni di bagarre, con il placet della stessa amministrazione comunale, è riuscita a far approvare, per esempio, il ‘famigerato’ progetto Quaroni, ovvero un’impressionante colata di cemento nel cuore del centro storico della città. Vogliamo immaginare che i proventi di questa enorme operazione immobiliare e commerciale serviranno anche per essere distribuiti ai poveri della città, visto che aumentano di giorno in giorno.
Vecchie e nuove povertà. Indifferenza. Egoismi. Scambi e silenzi. La verità è che, nel ‘Tempio’ di Palermo, oggi, ci sono tanti, troppi mercanti. Ma non si facciano illusioni: prima o poi arriverà Chi li caccerà.

 

 

Giulio Ambrosetti

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