La crisi Usa e la lezione di Orwell

Animal farm è un libro che all’inizio si assapora con gusto grazie al suo gentile e sottile umorismo. Ma dopo, l’attualità del messaggio lascia l’amaro in bocca. La fattoria degli animali è l’esempio letterario più geniale di come qualsiasi rivoluzione sia predestinata alla degenerazione e al fallimento. Scritto da George Orwell, tra il novembre del 1943 e il febbraio del 1944, in piena seconda guerra mondiale, il romanzo è strutturato come una favola antica.
 
L’opera narra della rivolta degli animali della fattoria Manon, i quali, persuasi dalle utopie del Vecchio Maggiore, un maiale, decidono di ribellarsi alla tirannia del padrone, Mister Jones. Morto il saggio, i maiali, considerati dagli altri più intelligenti, portano avanti i suoi ideali. Tra loro si distinguono Napoleon e Palladineve. Conquistata la libertà, i maiali, approfittando della fiducia di cui godono, divengono capi incontrastati di tutti. All’inizio Napoleon e Palladineve lavorano in comune e istituiscono anche sette comandamenti che vietano a tutti di considerare amico chi cammina su due zampe, di indossare vestiti, di dormire su un letto, di bere alcolici e di uccidere i propri simili. I comandamenti vengono suggellati dall’ultimo, il più importante: “tutti gli animali sono uguali”. Successivamente Napoleon conquista il potere e sfrutta i cavalli, le pecore, le mucche e gli altri animali, dimostrandosi anche più crudele del signor Jones. Ben presto tutti i suini, scoperti gli agi e i vantaggi della società umana, trasgrediscono i sette precetti iniziali, cambiandoli a loro piacimento, e diventano tali e quali agli uomini.
 
George Orwell, attraverso l’espediente degli animali antropomorfi, solleva delle critiche palesi allo stalinismo, alleato in quell’epoca con le democrazie capitalistiche per sconfiggere il nazifascismo. Questa scelta comportò allo scrittore enormi difficoltà per la pubblicazione del libro.
 
In questi tempi di capitalismo sfrenato e crisi di sistema, il romanzo torna in mente con la sua carica satirica contro la cupidigia. I maiali incarnano tutti gli uomini che, per ottenere il potere, si approfittano della miseria e della disperazione della gente, traendo forza dalla loro sete di cambiamenti e sfruttando il loro duro lavoro. Un avvertimento, indirizzato ai più deboli (vittime inconsapevoli della ferocia dei più forti), che lo scrittore accentua alla fine del racconto, quando dei sette precetti iniziali ne rimane solo uno, l’ultimo, ampliato dagli stessi maiali: “Tutti gli animali sono uguali, ma qualcuno è più uguale degli altri”. 


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