E' inutile girarci intorno. Il sud italia sta morendo, sotto tutti punti di vista e di morte non proprio naturale. Il rapporto sull'economia delle regioni meridionali presentato oggi dalla svimez, l'associazione per lo sviluppo industriale del mezzogiorno, non fa che confermare questa verità. I dati , che riportamo sotto in maniera dettagliata, sono da brivido: i consumi non crescono da cinque anni, si continua a emigrare per il centro-nord, il tasso di disoccupazione reale supera il 28%, crescono le tasse e si tagliano le spese, mentre una famiglia su 7 guadagna meno di mille euro al mese (20% di famiglie siciliane), e in un caso su quattro il rischio povertà resta anche con due stipendi in casa. Come se non bastasse, ormai si contano più morti che nati "un risultato negativo che si era verificato solo nel 1867 e nel 1918". Parlare di morte del sud italia non è insomma solo una metafora.
La conferma della Svimez: hanno ucciso il Sud Italia. Più morti che nati, economia a picco
E’ inutile girarci intorno. Il Sud Italia sta morendo, sotto tutti punti di vista e di morte non proprio naturale. Il rapporto sull’economia delle regioni meridionali presentato oggi dalla Svimez, l’Associazione per lo Sviluppo industriale del Mezzogiorno, non fa che confermare questa verità. I dati , che riportamo sotto in maniera dettagliata, sono da brivido: i consumi non crescono da cinque anni, si continua a emigrare per il Centro-Nord, il tasso di disoccupazione reale supera il 28%, crescono le tasse e si tagliano le spese, mentre una famiglia su 7 guadagna meno di mille euro al mese (20% di famiglie siciliane), e in un caso su quattro il rischio povertà resta anche con due stipendi in casa. Come se non bastasse, ormai si contano più morti che nati “un risultato negativo che si era verificato solo nel 1867 e nel 1918”. Parlare di morte del Sud Italia non è insomma solo una metafora.
La diagnosi sempre la stessa: è la mancanza di politiche economiche nazionali eque ad avere determinato questa ecatombe. E il susseguirsi di manovre finanziarie depressive CHE HANNO COLPITO IN MANIERA Più DURA QUESTA PARTE DEL PAESE. Non la crisi congiunturale, come qualcuno vuole farci credere, dando per assodato che i meridionali hanno l’anello al naso.
L’aspetto più drammatico di questa situazione è che non è una novità: sono anni che la Svimez denuncia la disattenzione totale dei Governi di Roma verso la questione meridionale. Sono anni che va ripetendo che le manovra finanziarie che si sono succedute non hanno fatto altro che peggiorare la situazione. Risale appena ad un paio d’anni fa il dettagliatissmo studio, sempre degli economisti Svimez, in cui, con numeri alla mano si dimostra come lo Stato italiano abbia progressivamente diminuito il suo impegno verso il Sud, sia in termini di spesa pubblica (potete leggerlo qui). Un rapporto che avrebbe dovuto scuotere le coscienze dal profondo, lì dove denunciava anche una partigianeria della stampa nordista che ci inonda di una pubblicistica intrisa di pregiudizi sul Meridione e priva di riscontri economici.
Eppure non è successo niente. Allora ci chiediamo: qual è il disegno? La risposta non è semplice e non vogliamo cadere nella banalità. Ma, è anche vero che a volte, le cose più ovvie, anche se sfuggono ai più, sono le più vere. Ci sembra evidente, insomma, che ai Governi nazionali fa comodo il sottosviluppo del Sud Italia. Diventa sempre più difficile smentire la tesi di uno Stato colonialista che del Mezzogiorno vuole solo risorse e tributi. Il Sud a sua volta, ha la sfortuna di non avere politici degni. Tranne qualche rara eccezione, nessun politico meridionale o siciliano che sia, è interessato a risolvere l’annosa questione. La politica è una facile carriera per loro. Nient’altro.
Così nessuno si lascia incantare dalle sirene di Ulisse di queste ore: le agenzie di stampa sono inondate da dichiarazioni di politicanti, vari ed eventuali, annessi e connessi, che si dicono allarmati per il quadro tracciato dagli analisti Svimez e che propongono questa o quell’altra situazione. C’è pure quella di Giorgio Napolitano che si dice preoccupato, parla di un quadro inquietante, soprattutto per la disoccupazione giovanile, e bla bla bla. Se ne SONO accorti ora? Questo trend è noto da tempo e non c’è stata (e non c’è) nessuna volontà di invertirlo. Solo parole che si sprecano, in occasione della annuale presentazione del rapporto Svimez. Domani la questione meridionale sarà di nuovo dimenticata. Più importante, anche per l’attuale Governo di Roma, obbedire ai diktat delle oligarchie finanziarie europee che salvare le proprie regioni dal disastro e dalla fame.
PREMESSA: Nel 2012, al Sud i morti hanno superato i nati: un risultato negativo che si era verificato solo nel 1867 e nel 1918. Mentre nel 2012 i bambini di eta’ inferiore a un anno, 531mila, hanno raggiunto lo stesso numero degli anziani over 76. In dieci anni, inoltre, dal 2001 al 2011, al Sud hanno perso popolazione i comuni sotto i 5mila abitanti, soprattutto nelle aree interne, e quelli con piu’ di 100mila abitanti, per effetto delle migrazioni al Centro-Nord e all’estero. Il Sud conta da qui ai prossimi 50 anni di perdere ancora 4,2 milioni di abitanti rispetto all’incremento di 4,5 milioni al Centro-Nord: nonostante il positivo incremento degli immigrati la tendenza che si prospetta e’ un anziano ogni tre abitanti, e una sostanziale parita’ tra le persone in eta’ lavorativa e quelle troppo anziane o troppo giovani per farlo, con conseguenti problemi di welfare e di sostenibilita’ del sistema.
LAVORO- Tra il 2008 e il 2012 nel Mezzogiorno cè stata una caduta delloccupazione del -4,6% a fronte del -1,2% del Centro-Nord. Delle 506 mila persone che hanno perso il posto di lavoro in Italia ben 301 mila sono residenti nel Sud, dove, pur essendo presente appena il 27% degli occupati, si concentra il 60% delle perdite determinate dalla crisi. Nel 2012 al marcato aumento della disoccupazione esplicita nel Sud, su cui è calcolato il tasso di disoccupazione ufficiale, pari a 1.281.000 unità, 303 mila in più rispetto al 2011, si è contrapposto, per la prima volta, un calo, modesto ma significativo, della disoccupazione implicita (-1,2%). Il cd tasso di disoccupazione corretto , che tiene conto della disoccupazione esplicita, di quella implicita e della CIG, è arrivato nel Mezzogiorno al 28,4%, oltre 11 punti in più del tasso ufficiale; nel Centro-Nord tale tasso è all11,9%, quasi 4 punti più di quello ufficiale. Il dualismo territoriale nel mercato del lavoro si interseca con un sempre più evidente dualismo generazionale, che emerge in tutto il Paese, ma nel Sud viene configurando una vera e propria questione giovanile.
GIOVANI- Nel 2012 il tasso di occupazione giovanile era al Sud il 30,8%, più alto per i maschi (37,9%) e molto più basso per le femmine, (23,6%): oltre venti punti
percentuali in meno della media del Centro-Nord, pari al 51,3%, e con uno scarto particolarmente accentuato per le donne, per le quali il tasso del Mezzogiorno risulta
pari a poco più della metà di quello del Centro-Nord. Ancora più eclatante il deficit nel tasso di occupazione femminile nel Mezzogiorno appare se lo si raffronta con il dato medio della Ue a 27, pari a circa il 51%, a fronte del richiamato 23,6% del Sud. Tra il 2008 e il 2012 il tasso di occupazione giovanile è diminuito nel Mezzogiorno di oltre 5 punti, dal 35,9% al 30,8%; nello stesso quinquennio nel Centro-Nord il tasso è calato dal 59,7% al 51,3%. Le difficoltà maggiori riguardano i diplomati e laureati che nel Sud presentano tassi di occupazione (rispettivamente del 31,3% e del 48,7%) decisamente più bassi rispetto a quelli del resto del Paese.
PIL –Nel 2012 il pil e’ calato nel Mezzogiorno del 3,2%, oltre un punto percentuale in piu’ del Centro-Nord, pure negativo (-2,1%). Per il quinto anno consecutivo, dal 2007, il tasso di crescita del pil meridionale risulta negativo. Dal 2007 al 2012, il Pil del Mezzogiorno è crollato del 10%, quasi il doppio del Centro-Nord (-5,8%). Lo segnala il rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno 2013 presentato questa mattina. A livello regionale, l’area che nel 2012 ha segnato la flessione piu’ contenuta del Paese e’ stata il Centro (-1,9%), seguita da Nord-Ovest (-2,1%) e da Nord-Est (-2,4%). Piu’ in particolare, pur essendo le regioni italiane tutte negative, la forbice oscilla tra il risultato della Sicilia (-4,3%) e quello di Lazio e Lombardia (-1,7%).
CONSUMI E INVESTIMENTI – In netta flessione entrambe queste voci; le esportazioni, pur in crescita, non riescono ad incidere sull’andamento negativo del Pil meridionale. I consumi finali interni nel 2012 sono crollati al Sud del -4,3 per cento, oltre mezzo punto percentuale in piu’ rispetto al Centro-Nord (-3,8 per cento). In forte calo anche i consumi delle famiglie, -4,8 per cento al Sud, contro il -3,5 per cento dell’altra ripartizione. Nel complesso, negli anni della crisi, dal 2008 al 2012, i consumi della famiglie meridionali si sono ridotti del 9,3 per cento, oltre due volte in piu’ del Centro-Nord (-3,5 per cento). Particolarmente in contrazione al Sud la spesa delle famiglie per i consumi alimentari (-11,3 per cento) e per vestiario e calzature (-19 per cento). Giu’ anche gli investimenti: – 8,6 per cento al Sud, rispetto al pur negativo -7,8 per cento dell’altra ripartizione, che segue al -3,9 per cento dell’anno precedente. Negli anni della crisi, dal 2008 al 2012, gli investimenti sono crollati al Sud del 25,8 per cento, con un peso determinante dell’industria (-47 per cento dal 2007 al 2012), cifra che rende bene la dimensione epocale della crisi.
CREDITO – Nel 2012 il numero delle banche al Sud e’ sceso a 193, in calo di 9 unita’. Flessione anche al Centro-Nord: 587 le banche presenti, 29 in meno dell’anno precedente. Quanto agli sportelli, si sono ridotti sia nel Mezzogiorno sia nell’altra ripartizione circa del 2 per cento, ma il numero medio di abitanti per sportello (uno ogni circa 3.000) resta quasi il doppio di quello del Nord. In generale, al Sud nel 2012 i prestiti sono scesi dell’1,4 per cento, a fronte della stazionarieta’ del Centro-Nord (0 per cento). In calo al Sud anche i prestiti alle imprese, -2,1 per cento, con flessioni piu’ marcate per quelle fino a 20 addetti (-2,9 per cento). Se si analizza il settore economico di appartenenza delle imprese beneficiarie, nel Sud la dinamica piu’ negativa riguarda le costruzioni, mentre nel Centro-Nord e’ il manifatturiero, che sconta la drastica caduta della domanda interna, a essere piu’ colpito. In generale, il deterioramento del quadro macroeconomico ha spinto le imprese a limitare i prestiti per investimenti, con conseguente peggioramento del la qualita’ del credito, piu’ marcato per le regioni meridionali.
EMIGRAZIONE – Anche su questo fronte dati allarmanti: negli ultimi venti anni dal Mezzogiorno sono emigrate circa 2,7 milioni di persone. Nel 2011 si sono trasferiti dal Mezzogiorno al Centro-Nord circa 114mila abitanti. Riguardo alla provenienza, in testa per partenze la Campania, con una partenza su tre (36.400); 23.900 provengono dalla Sicilia, 19.900 dalla Puglia, 14.200 dalla Calabria. In direzione opposta, da Nord a Sud, sono circa 61mila le persone che rientrano nei luoghi d’origine, soprattutto Campania (16mila), Sicilia (15mila) e Puglia (10mila). La regione piu’ attrattiva per il Mezzogiorno resta la Lombardia, che ha accolto nel 2011 in media quasi un migrante su quattro, seguita dal Lazio. LAVORO – Il mercato italiano continua a deteriorarsi: ancora nel primo trimestre 2013 il Sud ha perso 166mila posti di lavoro rispetto all’anno precedente, 244mila il Centro-Nord. Gli occupati nel Mezzogiorno scendono quindi nei primi mesi del 2013 sotto la soglia dei 6 milioni: non accadeva da 36 anni, dal 1977.
Svimez: le manovre dei governi nazionali pesano più sul Sud
Svimez: i meridionali pagano più tasse
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