Sono sbarcati in cento, ieri sulle coste etnee, il secondo barcone in meno di una settimana. Vengono dall'Egitto e fuggono la guerra, e per questo a Catania hanno bisogno di tutti: delle istituzioni e dei cittadini. Per i ventisei fermi da ieri al pazzetto sportivo di Cibali, si sono attivati i volontari della Comunità di Sant'Egidio che chiedono ai catanesi di donare ciò che possono
La comunità di Sant’Egidio assiste i migranti Servono soprattutto scarpe, cibo e denaro
«Nessuno era preparato a tutto questo, nemmeno le istituzioni. Non ci aspettavamo che gli sbarchi sarebbero avvenuti a Catania. Eppure adesso è emergenza e bisogna fare qualcosa». A parlare è Simone Catania, uno dei giovani volontari della comunità di Sant’Egidio etnea che da ieri assiste i migranti fermi al palazzetto dello sport del quartiere Cibali. Sono arrivati in 99 ieri, e i primi ad essere spostati al Cara di Mineo sono state le donne e una quindicina di bambini di nazionalità siriana ed egiziana. In città sono rimasti in ventisei, tutti uomini dai 15 ai 26 anni, affidati alle istituzioni e al supporto dei volontari Caritas e di Sant’Egidio che, per far fronte alle loro necessità hanno organizzato una raccolta di indumenti e alimenti.
«Serve tutto e tutti possono contribuire, con una donazione o portando ciò che possono», che non sempre sono beni primari come pasta, latte e indumenti. «Vestiti al momento ce n’è a sufficenza – dice Simone – D’altronde sono l’elemento più facile da reperire. Ieri, ad esempio, avevamo emergenza di pannolini, omogenizzati e succhi di frutta per i più piccoli. Oggi ci siamo accorti che la maggior parte dei rimasti in città erano a piedi nudi e servono urgentemente delle scarpe. Qualcosa la compreremo con le prime offerte arrivateci, ma ogni giorno le necessità cambiano».
«Per fortuna la macchina della comunità si è subito attivata. Un gruppo di circa 100 ragazzi dai 16 ai 22 anni – volontari del gruppo Giovani per la pace di Sant’Egidio, tramite il passaparola tra conoscenti e il giro nei supermercati – ha raccolto tante cose», racconta Simone.
«Io ho trent’anni e faccio parte della Comunità da anni. Siamo una decina di adulti a coordinare gli interventi. Dal portare il pasto caldo a qualunque altra cosa serva. Anche fosse solo stare con loro e ascoltarli», dice. «Quello che più ci ha colpito sono i loro racconti. C’è chi è scappato per dare da mangiare alla propria famiglia e con gli occhi lucidi dice di aver lasciato moglie e figli. E chi, tra i più giovani, è scappato per paura della guerra. Te la racconta come una cosa vicina, reale. Dicendoti che non è fuggito in cerca di lavoro, ma solo di tranquillità».
Per dare un contributo è possibile recarsi alla sede della Comunità di Sant’Egidio, presso la Chiesa di Santa Chiara in via Garibaldi 89 o contattare telefonicamente Simone (333.9912102) o Emiliano (392.1367908), tra i volontari referenti.
[Foto di m.aquila]